Passione Gourmet Ristorante Duomo - Passione Gourmet

Ristorante Duomo

Ristorante
Via capitano Bocchieri 31, Ragusa Ibla
Chef Ciccio Sultano
Recensito da Presidente

Valutazione

18/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • Uno chef che ha raggiunto la sua piena maturita'

Difetti

  • Il parcheggio nelle vicinanze può risultare difficoltoso
Visitato il 08-2012

Alle volte noi appassionati di ristoranti diventiamo simili a dei tifosi di calcio.
Gli chef diventano le star, come i grandi campioni del pallone.
E proprio come i calciatori, anche i cuochi hanno i loro momenti di affaticamento e i loro momenti di apice, più o meno lunghi.
Per molti il Duomo è da anni il miglior ristorante siciliano come sala, cantina, esperienza globale.
Attenzione: non parlo di cucina, perché su questo si possono scatenare la curva est e la curva ovest.
Parlo di tutto quello che va oltre il piatto.
Beh, ora lo sarà ancora di più. Chi si ferma è perduto, e qui non si dorme sugli allori.
La partenza di Angelo Di Stefano fa rumore, ma l’acquisto di Valerio Capriotti, molto conosciuto nell’ambiente romano per le sue esperienze da Roscioli e dal compianto Uno e Bino, è un acquisto da Champions League: diamogli il tempo di rivoltare la cantina, già di buon livello, e il liquido con cui sollazzarsi non mancherà nelle nostre prossime visite.
La sensazione che emerge nel vederlo muoversi in sala è quella che lavori qui da una vita quando invece sono solo pochi mesi: se il buongiorno si vede dal mattino…
Ci aveva lasciato qualche perplessità lo scorso anno la deriva eccessivamente “rustica” della cucina di Ciccio, con alcuni piatti più da grande trattoria che da ristorante di alta cucina.
La sua cucina è sempre stata violenta: un’onda che si infrange sullo scoglio, non una brezza mattutina. Ma non sempre era risultata a bersaglio, alle volte un po’ scomposta.
Sarà per una maggiore serenità data dai nuovi collaboratori, sarà per una evoluzione naturale, sarà che sono fatti suoi, fatto sta che mai come quest’anno avevo trovato la cucina di Sultano così matura e così completa.
L’utilizzo di erbe (soprattutto limoncine) contribuisce non poco a rendere le portate più fini.
Ci sono note amarotiche e acide in passato poco utilizzate rispetto alle componenti lipidiche.
Non è venuta meno la sua personalità, c’è sempre tantissima roba nel piatto, ma l’equilibrio non viene mai compromesso. E’ come un tuffo con un coefficiente di difficoltà altissimo perfettamente eseguito.
Un viaggio incredibile nella storia della cucina siciliana, una grandissima tavola da non mancare in un ipotetico tour tra i grandi italici.
Non è ristorante da carta, l’abbiamo verificato nelle precedenti visite. La complessità di questa cucina richiede un percorso, un menu studiato ad hoc che solo lo chef può assemblare.
La cosa buffa è che ci sono pochissimi cuochi in Italia più fuori moda di Ciccio Sultano.
Quando tutti giocano a togliere, lui mette.
Quando tutti, o quasi, badano all’immediatezza, alla semplicità, lui complica, fa ricerca storica, va alle vere origini della cucina dei Monsù. Un lavoro filologico ineguagliabile e di una ricchezza culturale che ancora non gli è stato riconosciuta nella maniera che meriterebbe.
Se c’è una cosa che adoro in un cuoco è la personalità.
Quando ti puoi sedere a una tavola e ad occhi chiusi riconoscere la mano che ha preparato quel piatto, stai tranquillo: sei al cospetto di un grande.
Qui è tutto marcato a fuoco.
Le mode passano, restano gli uomini.
Non crediamo a chi ci vuole convincere che l’eccellenza abbia una sola forma. Classica, creativa, minimale, barocca. La cucina buona è una sola e l’eccellenza ha molte vie di accesso.
Ci piace la curva ovest, ma la curva est non ha niente da invidiare e noi volentieri faremo spola tra una e l’altra. L’alta cucina, quella fatta bene, non ha casacca.

Oltre alla carta, i menu tra cui scegliere sono addirittura 4, con o senza abbinamento vino, più due specifici per il lunch a 45 o 59 euro.
Noi abbiamo scelto il più completo (190 euro con abbinamento vini), l’apoteosi del “carta bianca” o del più amichevole “fai tu”.


Lo “sfinciuni”: attenzione, può creare dipendenza

Volevo essere fritto… cannolo con ricotta, caviale Asetra e gambero rosso
Pesce spada affumicato con insalata di melone Cantalupo e salsa di pistacchio di Raffadali

Finger di cernia con anguria e polvere di caffe al Martini dry

Tartare di Alalunga, salsa araba allo yogurt e cetriolo con gin Hendrick’s

Lumaca alla sciclitana con vellutata di patate cotte alla cenere, panna fredda e cicala di mare cruda: unico piatto poco convincente, eccessivamente grasso e confusionario.

I nostri spaghetti con panna acida, lenticchia nera di Leonforte, cotenna di maialino dei Nebrodi e bisque di crostacei

Gnocchi di patate ripieni di Ragusano, salsa di carbonara, polpettine di maiale e seppia con sauté di cozze e vongole: ecco il capolavoro, con un coefficiente di difficoltà mostruoso. Tenere in equilibrio un piatto così non è cosa da tutti. Chapeau.

L’ostrica e il suo mondo…con polvere di spezie e funghi secchi, schiuma di mandorle, acqua di verdure e lardo

Triglia ripiena di chinotto candito di Savona, pane croccante alle alici e zuppa di limoni e mojito: il piatto della maturità. Acidità, iodio, alcol, nota amara a pulire nel finale: immenso.

Ventresca di tonno cotta al bbq con sugo di vitella, salsa alle arance e alle olive nere degli Iblei con tortino di zucchina lunga palermitana

Spaghetto alla carota con salsa moresca Tarattatà (a base di bottarga), con erbe limoncine

Il gelato al tartufo nero di Palazzolo Acreide

Spaghetti con cozze ripiene di tonno crudo, fettine di ventresca, ascé di tonno e salsa alla melissa e citronella

Il Maialino dei Nebrodi: costoletta con farcia alla chiaramontana, filetto al carrubbo, polvere di porchetta e verdure alla brace

Agnello locale in crosta di farcia araba, purea di cavolo “Trunzu”, salsa e craker al caffè con riduzione di Marsala


La Cassata con gelato di pistacchio e acqua di cacao

Piccola Pasticceria

Giulio Ferrari 2001

Riesling Erdener Treppchen 2011, Dr. Loosen

Trebbiano Veruzza 2007, Guccione

Arbois Pupillin 2004, Overnoy

Vinupetra 2002 – I Vigneri – Salvo Foti

Crozes Hermitage 1996, Jaboulet Ainé



15 Commenti.

  • consumazioneobbligatoria17 Settembre 2012

    clap, clap, clap, bella esperienza e complimenti anche per la scelta di arbois ed hermitage

  • Antonio Scuteri17 Settembre 2012

    Bellissima descrizione. Leggendo mi sembra quasi di aver assaggiato quei piatti e bevuto quei vini!! :-D

  • Raffo17 Settembre 2012

    è sempre un privilegio leggerti Rob...una sola domanda a bruciapelo: com'era il gelato di tartufo nero??

  • Roberto Bentivegna17 Settembre 2012

    Grazie Raffo :) Il gelato al tartufo nero è libidine pura...pensa che meraviglia averne una vaschetta nelle uggiose serate autunnali....

  • Michelangelo17 Settembre 2012

    Stupenda descrizione! caro Roberto ...oltre ad essere molto professionale, sei riuscito magicamente a farmi rivivere quella parte di Sicilia "entrambe le curve, è inteso" nei sapori e negli odori a me ben noti! Complimenti

  • gianni revello18 Settembre 2012

    La settimana scorsa ero da quelle parti, per una delle mie veloci full immersion. Ho trovato una cucina alta, nella fusione tra cucina popolare, cucina nobiliare e grande ricerca. Sia la cucina di Sultano che la sala mi sono parse in forma smagliante. D’accordissimo sul giudizio. Il bello è che, durante e dopo, “il sciauro” (in Sicilia - l’aura e la sua scia? - parola che ha un alone che ben oltrepassa ‘ l’odore ’, il ‘ profumo ’, detto in senso stesso) che ti lascia una simile esperienza ti porta a scavare in storie e culture del cibo, e oltre, che sono vero patrimonio dell’umanità. Irritante a questo proposito, leggendo il menù e le recensioni e vedendo le foto, la solita cartolina, peraltro sfocata nei colori e nel disegno, con la quale questa estate al Next di Chicago hanno creduto di dare l’immagine della ‘vera’ cucina siciliana. Venissero un po’ a il Duomo, a La Madia, in numerosi altri ristoranti siciliani, che partono dalla tradizione e dalle straordinarie materie prime per dare a questi due elementi un carattere vivo, attuale e proiettato al futuro. Mi ha colpito una frase di Massimo Bottura scritta dal Perù, era lì per Mistura, pochi giorni or sono: “Siamo sicuri che la tradizione rispetta i nostri ingredienti? Dobbiamo fare tradizione in evoluzione” Questo è uno dei carattere di fondo di tutti i grandi cuochi italiani contemporanei, tra i quali, con unicità di stile (‘barocco’ ? certo, e perché no, ben venga, se il risultato è questo) è da annoverare Ciccio Sultano. Per la sua cucina si può usare un’espressione siciliana che per antica tradizione è capace, e vale non solo per la cucina, di concentrare in breve, con due sole parole, l’unione di sensi, sapori/saperi e bellezza. Una cucina che “sape bella”.

  • gianni revello18 Settembre 2012

    correggo: per il sciauro, ovviamente, è " ( ...un alone che ben oltrepassa ' l'odore ', il ' profumo ', detto in senso stretto) "

  • alberto cauzzi18 Settembre 2012

    Grande Gianni! Riporto una mia frase sul duomo e sul grande Ciccio scritta qualche tempo or sono ... ma ancora attuale :-) "Non è un mistero che le cucine complicate, con troppi ingredienti nel piatto, non siano nelle mie corde. La classe di un cuoco la riconosco quando riesce a stupirmi con l’essenziale : un ingrediente, un abbinamento, una cottura. L’eleganza della semplicità, come ripete sovente il Maestro Marchesi. Ecco, Ciccio Sultano è l’eccezione che conferma la mia personale regola. Io adoro la sua cucina barocca. Anche perché è nitida, pulita, lineare, scintillante come poche. Spesso assesta colpi e staffilate sensoriali da ko tecnico alla prima ripresa. Ciccio ha la capacità di abbinare molti ingredienti riuscendo nel difficile duplice intento di trovare equilibrio tra gli stessi e nettezza di sapori nell’insieme. Tutto ciò che è dichiarato è, oltre che visibile, anche riscontrabile al palato."

  • Piermario18 Settembre 2012

    Per quanto giovanissimo non credo che fosse affatto male nemmeno Dr.Loosen :-)

  • prosit18 Settembre 2012

    Complimenti per la recensione. Davvero si ha l'impressione di esserci stati. Mi piace molto l'idea di mettere anche qualche foto sui luoghi che visitate. Non molte, due o tre come in questo caso, giusto per dare l'idea della realtà nella quale il ristorante si cala.

  • gianni revello19 Settembre 2012

    Centrato! :) Questo stile nel panorama attuale dell’alta cucina non è magari tanto di moda. Ma per capire alcunché va intanto sfrondata la parte di stereotipo e di corto respiro che esiste sempre nell’elemento moda. Allora si può apprezzare il fatto che la ricchezza dello stile unico della cucina di Ciccio Sultano sta anche nel ventaglio di modalità con le quali è capace di proporsi, tra assoluta eleganza e gusto, con “Scampo con salsa di fichidindia e i suoi coralli”, “L’ostrica e il suo mondo”, “Triglia di scoglio con farcia siciliana al chinotto di Savona e zuppa fredda limoni-mojito” e così via, e piglio calibrato e coinvolgente, non meno alto, di “Pasta con le sarde. La nostra idea di essa… (Omaggio alla cucina baronale)”, “Pesce d’amo del giorno -nel mio caso: spigola- , guazzetto di vongole e mitili, tenerume di verdure da foglia appena cotte, fumè…, polvere di erbette citriche”, “Maialino nero dei Nebrodi con farcia chiaramontana e verdure alla cenere (in Memoria di antiche consistenze)”…

  • consumazioneobbligatoria19 Settembre 2012

    per quanto...

  • Maurizio Cortese23 Settembre 2012

    Condivido in toto, Rob. Grandissima cena anche per me da Sultano.

  • The D after… 3° tempo… | La variante Sultano26 Settembre 2012

    [...] antipasti Matteo Fontana da Basiglio (MI), il wine boy romano Valerio Capriotti e ai secondi il parte-nopeo Giovanni [...]

  • Giampiero4 Ottobre 2012

    Uscito dal ristorante m'è venuto da definirlo il Vissani siciliano, ma non sarebbe esatto. Territoriale al massimo, culturalmente aderentissimo al posto in cui lavora. Il barocco in cucina, nella migliore accezione possibile. Piatti di straordinario equilibrio nonostante gli innumerevoli input, grande mano e grande consapevolezza di quel che si fa. E' forse mancato il brivido di due giorni dopo a Licata, ma insomma ce ne fossero. Bravissimo.

Lascia un commento

La tua email non sarà pubblicata. I campi obbligatori sono contrassegnati *