Passione Gourmet Il Sanlorenzo, Tommaso Maddalena, Roma, Roberto Bellomo

Il Sanlorenzo

Ristorante
Via dei Chiavari 4, Roma
Chef Tommaso Maddalena
Recensito da Presidente

Valutazione

15/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

  • La straordinaria qualità della materia prima

Difetti

  • I piatti cucinati non sempre all’altezza dei crudi
Visitato il 02-2013

Una condizione essenziale per creare un ristorante di successo sono le idee chiare. E l’idea in testa a Enrico Pierri, il validissimo patron, era chiarissima: proporre la migliore materia ittica possibile in un locale elegante e sobrio con un servizio professionalmente ineccepibile.
Tutto questo si continua a trovarlo al Sanlorenzo, in un tranquillo vicolo del centro storico romano e, puntualmente, la risposta della clientela è eccellente, se è vero che in un mercoledì sera qualsiasi tutti i tavoli del non piccolo locale erano pieni e nuovi avventori continuavano ad arrivare anche dopo le 22.
La materia prima proviene in prevalenza da Ponza, è sottoposta al rigoroso controllo dell’attento titolare, ed è visibile, appena entrati nel ristorante, come appendice della cucina a vista, una maniera elegante di riproporre i banconi del pesce dei ristoranti di una volta.
Oltre a pescare dalla carta, spaziando in tutto quanto preferiamo del pescato di stagione, esistono due menù e noi abbiamo scelto il più ampio.
La successione prevede frittini iniziali e crudi come in ogni ristorante di pesce che si rispetti, ma si eleva però per finezza con elaborazioni differenti della stessa materia (anche troppo presenti i formidabili gamberi rossi) e le paste, ben cucinate e moderatamente creative, sono saggiamente proposte in quantità coerenti con la lunga sequenza del menù.
I dolci sono, cosa rara sulla piazza romana, di ottimo livello, sia quando si viaggia con controllate ambizioni innovative come nel predessert, sia nell’eccellente esecuzione del babà alla crema, in cui in verità quest’ultima, definita “all’antica”, è un po’ troppo consistente e ci ha entusiasmato meno del babà stesso, davvero di leggerezza soave.
Un viaggio capace di soddisfare un ampio spettro di palati, magari non stravolgendo per creatività quelli più girovaghi, che pure non potranno non riconoscere la straordinarietà degli ingredienti utilizzati, tanto più convincenti quanto meno elaborati.
Nota di merito per pani e grissini, tra cui un eccellente croissant salato, che rischieranno di farvi esagerare, come abbiamo fatto noi, con la scusa che il pesce è molto leggero.
Interessante e ampia la carta dei vini, con copertura dell’intero territorio nazionale e belle puntate oltralpe, anche in rosso. Per noi, la scelta di un Bourgogne bianco del 2010 di Mikulski che ha accompagnato la cena perfettamente, grazie a una struttura non banale, da piccolo Meursault.
Se questa, come ci ha detto un amico, è la versione 2.0 del vecchio ristorante in cui “andare a fare una bella mangiata di pesce”, possiamo tranquillamente dire che è certamente un’evoluzione in meglio dell’originale, e sentirci tranquilli nel confermare il voto, con lo stesso piccolo arrotondamento per eccesso del passato.

Antipasti. Ottimi i fritti, leggermente troppo salate le alici, accompagnate da interessanti pani al vapore



Ottima la mozzarella di bufala in accompagnamento al freschissimo e dolcissimo gambero

Classica e non migliorabile variazione di crudi, con menzione special per il tonnetto

La triglia di scoglio, purtroppo leggermente troppo marinata

Un gambero appena arrivato e portato in tavola. Praticamente un pre-dessert

Altro fuori carta con le seppioline ripiene

Il battuto di gamberi, ennesima variazione sul tema gambero che, pur meritevole, ha già avuto ampio spazio

Tagliatelle di seppie al gusto brace con olio, limone, carciofi alla mentuccia e bottarga. Troppo olio e presenza della bottarga troppo sfumata per contrastare la dolcezza delle seppioline. Un po’ stucchevole

Molto buoni gli spaghetti di farro con acciughe di Ponza, briciole di pane e peperoni alla cenere

Tonno locale alle erbe con cipolline in agrodolce e salsa di pomodori verdoni, quest’ultima ci sarebbe piaciuta più presente

Caffè sambuca e sigaretta. Un predessert goloso molto ben riuscito

Il babà, a regola d’arte (la crema un po’ meno)

Alzatina finale, con la “riccia” degna delle migliori espressioni napoletane

Il croissant salato, punta di diamante di tutto l’ottimo settore pani

La mise en place, sobria come tutto il bel locale

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