Passione Gourmet Antica Corona Reale, chef Renzo e Gian Piero Vivalda, Cervere (CN), di Alessandro Pellegri - Passione Gourmet

Antica Corona Reale, chef Renzo e Gian Piero Vivalda, Cervere (CN), di Alessandro Pellegri

Ristorante
Recensito da Alessandro Pellegri

Valutazione

17/20 Cucina prevalentemente classica

Pregi

Difetti

Visitato il 04-2024

Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione Ristorante

Nella miriade di cucine regionali tipiche del nostro paese, quella piemontese probabilmente è tra le più ampie e variegate, e certamente è quella che meglio riesce a fondere la cucina dei nostri avi, quella cosiddetta “povera” (composta da piatti, per citarne alcuni, come il fritto misto alla piemontese, la bagna càuda o la finanziera) con una cucina più di alto livello, sviluppatasi soprattuto grazie alla miriade di materie di primaria qualità che il territorio offre; pensiamo ad esempio al Tartufo bianco d’Alba, alle nocciole Tonda Gentile, alle carni di razza Piemontese, alle lumache di Cherasco, ai formaggi Bettelmatt e Castelmagno… e potremmo andare avanti per un bel pò.
Se inoltre vogliamo aggiungere a tutto questo ben di Dio l’assoluta qualità dei vini della zona, soprattutto di Langa, – che non hanno bisogno di presentazione alcuna – possiamo tranquillamente, apparendo forse un po’ blasfemi ma penso chiarissimi, inquadrare il Piemonte come una sorta di Gardaland del gourmet.

Questa cucina e la sua espressione nelle grandi tavole anche storiche, grazie soprattutto alla vicinanza geografica, ha spesso e volentieri subito positive influenze dalla cucina classica francese; un ristorante invece, forse il più grande in questi termini che ha mantenuto, sviluppato e portato ad altissimi livelli uno stile piemontese “duro e puro” è l’Antica Corona Reale di Cervere, in provincia di Cuneo. Tutti i piatti provenienti dalla cucina della famiglia Vivalda sono concepiti e sviluppati in funzione della massima valorizzazione delle preparazioni e dei prodotti della zona, con il solo filo conduttore del pieno rispetto della tradizione piemontese contestualizzata ai giorni nostri, coadiuvata da una qualità – nemmeno a dirlo – molto alta e da una tecnica sopraffina.

Se avessi la necessità di far superare l’idiosincrasia – tra l’altro particolarmente diffusa – nei confronti delle interiora (e compagnia bella) a qualche amico scettico, non ci penserei un attimo ad accompagnarlo da Renzo: probabilmente la miglior finanziera sulla faccia della terra -sicuramente la più rinomata e senz’altro quella preparata con maggior perizia ed attenzione- la troverete qui da lui.

Ma la cucina dell’Antica Corona Reale ovviamente non è solo questo: piatti come ad esempio i tortellini di Seirass, la trippa o lo splendido dessert sentieri di Langa, denotano una finezza e una mano assolutamente consone al livello e al blasone del ristorante: naturalmente non aspettatevi nessuna improvvisazione, nessun lampo di genio né piatti estrosi o fuori dagli schemi, ma “solamente” una solida e sicura cucina dalla storia radicata nel territorio come poche: se questo dev’essere il risultato chapeau, evviva la tradizione più classica.

Una nota non strettamente relativa alla cucina in questo caso la ritengo necessaria: visto che troppo spesso nel nostro paese “tradizione” fa rima con “cocciutaggine” è perentorio sottolineare come alcune critiche mosse al ristorante (levatisi dal web ma non solo) siano state di buon grado prese in considerazione, e bene o male tutto ciò che veniva segnalato sia stato rivisto e corretto: la cantina è stata nettamente rifornita e quindi la carta si è ampliata nelle referenze, tutte decisamente interessanti; il servizio è decisamente migliorato, i ragazzi in sala ora sono, nonostante la giovane età cortesi, professionali e discreti; infine in carta è stato introdotto un menu degustazione, ad uso e consumo di quella fetta di clientela gourmet abituata a questo tipo di scelta. Ora come ora trovo difficile muovere una critica “solida” a questo locale, un risultato davvero notevole.

In sintesi, trattasi l’Antica Corona Reale di una sorta di relais all’italiana: una grandissima cucina classica con fondamenta centenarie (il ristorante è di famiglia dal 1815) unite ad una professionale e cortese ospitalità, un ambiente curato, caldo e confortevole ed una Signora cantina.
Vive la France? Mais non monsieur, vive le Piémont, vive l’Italie!

Entrée: Insalata Russa, uovo di Paolo Parisi

Focaccia alle cipolle

Uovo terme su patè di tonno rosso di Favignana, crema di piselli freschi e gamberi di S.Margherita

Trippa di vitella piemontese lavata a mano, stufata ai porri di Cervere DOP e lenticchie di Castelluccio

Tortellini di Seirass della Valle Pellice e Roccaverano DOP al burro di montagna

Ravioli di guanciale di maialino dei Nebrodi, su zuppa di ricotta, salsa al curry e maggiorana del nostro orto

Scamone di fassone piemontese in crosta di pane a cottura rosea con verdure croccanti

La finanziera di Renzo in doppia cottura

Lumache di Cherasco ai porri di Cervere DOP e mele renette della val Bronda

Formaggi, amarene e pane alle noci



Predessert

Sentieri di Langa

Piccola pasticceria

I vini

Pregio: Una delle massime espressioni del Piemonte a tavola
Difetto: La localizzazione, Cervere è abbastanza lontano da tutto 🙂

Ristorante Antica Corona Reale
via Fossano, 13
12040 Cervere (CN)
Tel: 0172-474132

Menu degustazione € 75
Alla carta € 100

www.anticacoronareale.com

Visitato nel mese di Maggio 2012


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Alessandro Pellegri

15 Commenti.

  • LAMAX61°14 Giugno 2012

    PiattI veri, semplici ma complessi, comprensibili, con occhio alla tradizione senza stravolgimenti innovativi. Bello. Thank You! LAMAX61°

  • Alessandro Pellegri14 Giugno 2012

    Assolutamente, quando viene espressa in questa maniera, la tradizione è una gran cosa... Grazie a te! Ale

  • piron&curtis14 Giugno 2012

    Scusate la domanda, ma perché "fassone piemontese"? Sarebbe più corretto, a questo punto, "fassone piemontesi", almeno secondo me. Mi sono permesso di chiedere delucidazioni perché non è la prima volta che trovo questa "dicitura"

  • Alessandro Pellegri15 Giugno 2012

    ...al netto di cagate, credo che i termini "fassone" e "fassona" siano due sinonimi o meglio, credo che con "Fassone" ci si riferisca alla razza del bovino (quindi al maschile), mentre con "Fassona" si parla direttamente della vacca, pertanto al femminile.

  • zapotek15 Giugno 2012

    meraviglia...quelle paste sembrano dei gioielli...messo in agenda per ottobre, grazie PG

  • colville15 Giugno 2012

    Vivendo sei mesi in Langa posso garantire con un certo margine di certezza che Fassone è la singola bestia, fassona la razza, ma al cospetto dello scamone in crosta e della fiorentina cotta su legno di Ulivo che ti servono da Renzo della precisazione non me ne potrebbe fregare di meno. Piuttosto Cervere non e poi così fuori dal mondo. Percorrendo l'autostrada per Torino a Marene puoi già avvertire un profumino di finaziera........ Devo anche segnalare ad onor del vero che Giampiero sta dando al ristorante un taglio decisamente più moderno con diverse preparazioni di pesce di livello assoluto, e piatti nuovi che vengono continuamente inseriti nel menù. Splendida carta dei vini, del servizio non parlo perché da frequentatore assiduo del posto potrei essere non obiettivo, in positivo ovviamente. Con Piazza Duomo possiamo parlare di colonne d'Ercole della cucina di Langa. Nessuna polemica per carità, ma a mio avviso la distanza da altri ristornati in zona si quantifica in più di un solo punto.Frequentazioni abbastanza assidue mi hanno alla fine indotto a cassarli in blocco, spendi di più godi molto meno, in zona in questa fascia di prezzo non ha rivali. Che fare? Ridimensionare gli altri o elevare Renzo? Ti consiglierei di provare in inverno l'uovo in cocotte con grattata di bianco.......attento...può dare assuefazione.

  • LAMAX61°15 Giugno 2012

    Rimpiango le Langhe. Le ho girate in lungo ed in largo fino a 15 anni fa. Oggi non ce la farei a muovermi per andare LA a pranzare e poi fare ritorno. Beato te che puoi godere di queste terre. LAMAX61°

  • gianni revello15 Giugno 2012

    Ciao Alessandro, una bella recensione, e d’accordo col dato puramente numerico della valutazione, ma nel punto in cui dici: “… ristorante che ha mantenuto, sviluppato e portato ad altissimi livelli uno stile piemontese “duro e puro” … Tutti i piatti provenienti dalla cucina della famiglia Vivalda sono concepiti e sviluppati in funzione della massima valorizzazione delle preparazioni e dei prodotti della zona, con il solo filo conduttore del pieno rispetto della tradizione piemontese contestualizzata ai giorni nostri…” secondo me trasmetti un’immagine in qualche modo limitativa di quelle che sono le ambizioni e gli obbiettivi stilistici coscientemente perseguiti da questo cuoco e da questa famiglia e non tieni conto della coerente evoluzione che sta proiettando questa cucina in un ambito di alto livello che va a trascendere l’eccellenza ‘piemontese’. In realtà Giampiero Vivalda, pur mantenendo com’è evidente la carta senz’altro più centrata sulla tradizione piemontese, tanto per dire con un piatto emblematico come la loro superba finanziera (preparazione della quale una ricetta è già documentata addirittura dal medioevo), e con molti altri piatti, come dici bene sempre di alta qualità, sta in parallelo compiendo un’evoluzione che innova intelligentemente una tradizione. Senza innovazione qualsiasi tradizione lentamente inaridisce e muore. Qualsiasi famiglia che ha una grande tradizione alle spalle e un grande futuro davanti a sé ad ogni generazione si rinnova o perde la sua presa sul mondo. E allora escono dalla cucina di Giampiero Vivalda anche eccellenti piatti di genere nuovo, di grande carattere e ciascuno, anche oltre i descrittori, con tratti innovativi, dagli ingredienti alla grande efficacia unita a grande equilibrio, dove si estende l’immaginario geografico e gustativo ben al di là della tradizione del Piemonte: Triglia di scoglio scottata e insalatina tiepida di polpo verace e seppie di lampara su asparagi biologici di Poirino alla brace d’ulivo. Baccalà confit su parmentier di carciofi spina d’Albenga e il suo mantecato all’olio extravergine d’oliva. Ravioli di guanciale di maialino nero dei Nebrodi, su zuppa di ricotta, salsa al curry e maggiorana del nostro orto. Orata del golfo ligure scottata sul suo ristretto alle erbe fini e composta di finocchi al pastis. Maialino da latte di Segovia alla senape di Dijon su fagioli di Pigna D.O.P. allo zafferano dell’Aquila. Sono stato un mese fa circa, mancavo da più di tre anni (allora avevo fatto tra autunno e inverno una memorabile cena) e l’ho trovato ancora migliorato in tutti gli aspetti. Di sicuro si colloca in assoluto tra i migliori ristoranti del Piemonte, e non solo.

  • Raffo15 Giugno 2012

    Qualcuno è in grado di speigarmi perchè le migliori cucine tradizionali d'Italia si trovano "lontano da tutto" :-(

  • LAMAX61°15 Giugno 2012

    Perchè le migliori cucine devono essere pure e non contaminate da altre minchiate. Il nostro patrimonio immenso è da sempre sottovalutato e si vuole a tutti i costi innestare delle cose che ci appartengono poco. Una cucina che non è l'espressione(sintesi) di un territorio ben preciso è il NULLA ed è destinata a scomparire come tutte le mode. Io mi son rotto il cacchio di vedere i nostri piatti pasticciati ed imbastarditi con orpelli, arie, fiori, alghe spume ecc.ecc. Quando poi ci si imbatte in cose tradizionali, preparate con le materie prime giuste e di qualità, si resta a bocca aperta. Fantasia OK, ma con grande rispetto per la materia prima ...prima di tutto. Saluti.LAMAX61°

  • gianni revello15 Giugno 2012

    Se detto in termini restrittivi il concetto di territorio ben preciso è altamente riduttivo a proposito dei prodotti di eccellenza che entrano a far parte di questa cucina. Leggendo qualche carta dell’Antica Corona Reale, parlandone con lo chef, il quale opera sì delle precise scelte, si capisce bene che una delle ricchezze di questa cucina deriva dalla sua visione attuale e dalla sua prospettiva, entrambe affatto miopi, bensì aperte a tutta l’Italia, e oltre. Per cui, facendo indubbiamente perno, come nucleo, sulle eccellenze delle Langhe, e poi su quelle di tutto il Piemonte, riesce ulteriormente a mettere in campo una libertà dell’intelligenza, culturale e gustativa, che non la priva e non la priverà affatto di prodotti provenienti, per dirne alcune, dalle località di Alassio, Albenga, Noli, Santa Margherita Ligure, Dijon, Segovia, Castelluccio, Norcia, Monti Nebrodi, Favignana, Pantelleria, Valli di Comacchio, e così via. …non solo Langhe, o Piemonte, è una scelta, e ha il senso ben preciso di liberare da uno schema, di poter dare anche aria nuova a una tradizione.

  • LAMAX61°15 Giugno 2012

    L'inserimento di alcuni prodotti è più che condivisibile. Ci mancherebbe altro! Le forzature nel proporre ravioli destrutturati con il sugo all'interno delle paste ecc.ecc. Sono un'altra cosa. Il TARTUFO (Sacra trifola) non può essere esclusiva solo di questa zona ed i pranzi o cene(come si usava anni fa) con tutto tartufo comunque e dovunque, non rientrano certo nella vera tradizione. La FINANZIERA preparazione semplice e complessa può esserne impreziosita ecc.ecc. Spero di esser riuscito a spiegare il mio pensiero. Un GAMBERO sta bene anche in Langa eccomeno!!!! E' sempre questione di esperienze, epoche ecc.ecc. Saluti.LAMAX61°AUC

  • Alessandro Pellegri16 Giugno 2012

    Caro Gianni, sono d'accordo con te nel constatare una sorta di sperimentazione su piatti non propriamente della zona (tant'è che appunto nella rece appaiono i ravioli di guanciale da te citati), tra l'altro sperimentazione apprezzatissima in quanto decisamente ben riuscita. Fatto sta che fatico ad accostare il termine "innovazione" a quello del ristorante in oggetto, portavoce (a gran voce) da tempo immemore della cucina piemontese più classica; se sono in cerca di una cucina di sperimentazione mi rivolgo presso ben altri lidi, è questo un posto decisamente "blu" per impostazione, dove si sta davvero bene, coccolati da classiche cucina e cantina. Per il discorso dell'utilizzo di materie prime di tutt'Italia, lo vedo semplicemente come un intelligentissimo modo per ampliare le proprie risorse, senza trincerarsi dietro un becero provincialismo ma aprendosi a ciò che la penisola tutta offre, dimostrando inoltre di avere alta maestria tanto con la finanziera, quanto con i gamberi di Sanremo, la lenticchia di Castelluccio o il maialino ragusano... e certamente di ciò non possiamo che complimentarci con Gian PIetro e Renzo per il grandissimo lavoro fatto!

  • gianni revello18 Giugno 2012

    Ciao Alessandro, mi pare che la cosa più significativa è che siamo d’accordo sul valore di questo ristorante. Peraltro i piatti che ti ho indicato e che erano tutti in carta non sono affatto frutto di sperimentazione, sono piuttosto frutto di una naturale e consapevole evoluzione di uno stile. La cucina che ho trovato non è più easattamente la stessa di quella di tre anni fa, nessuno stravolgimento, s’intende, giustissimo puntualizzarlo, solo una particolarmente felice evoluzione in atto da tempo. Penso che in ogni caso non sia affatto interessante scegliere in base ad etichette ma in base a delle specificità, che la cucina di un ristorante sia cosiddetta ‘tradizionale’ o cosiddetta ‘innovativa’ conta poco, importante che sia ‘viva’, non ottusa e chiusa in se stessa ma aperta, che non guardi nostalgicamente a una certa particolare stagione che non c’è più. I grandi prodotti, le grandi cucine, hanno sempre radici in un loro specifico passato, ma non possono altro che essere contemporanei. Quello che conta è che sia una cucina che punti a una qualità che la distingua, con una cura tanto dell’insieme che dei particolari, con uno stile proprio, è il caso di quella di Gian Piero e della famiglia Vivalda.

  • Stefano23 Luglio 2012

    Provato sabato, veramente ottimo e con un conto civile, peccato sia lontano da me

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