Passione Gourmet Michel Trama , L'Aubergade. Puymirol - Il Guardiano del Faro - Passione Gourmet

Michel Trama , L’Aubergade. Puymirol – Il Guardiano del Faro

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Recensione ristorante.

Fa caldo in primavera nell’Agenais.
Figuriamoci in estate.
Ma c’è bisogno di caldo perché la frutta maturi.
L’Agenais, la regione delle prugne. Le famose prugne di Agen, tutti dovrebbero per lo meno averne sentito parlare.
No. Mai sentite? Mai sentito parlare delle prugne di Agen?
Disidratate, farcite, candite, ciccolatate?
Niente?
Peccato, vi perdete qualche cosa di “visceralmente” importante.
Io ci sono tornato per motivi diversi, tra cui l’ideale acquisto di alcune confezioni del pregiato frutto da regalare a chi ritengo degno di tale omaggio.
Poi al ritorno le ho assaggiate e me le sono finite da solo.
L’altro motivo ?
Puymirol !
Per ritrovare sensazioni conosciute e cercarne altre di nuove, senza alte aspettative, solo per ripassare una lezione , per rifarmi un idea, per confrontarmi con la fama controversa di Michel Trama.
Fama per nulla consolidata presso molti appassionati o addetti ai lavori italiani.
Michel Trama? … nulla? Trama de L’Auberdage. Tramà ! Niente?
Quello che curiosamente fu definito su alcune vecchie edizioni Gault Millau “L’Italien Pied Noir de la Mouff” .
Forse perchè Michel Trama è poco mediatico, o forse perché non sta Spagna, forse che di qui si passa per andare altrove, nel Bordolese o nei Paesi Baschi, o forse manca un aeroporto così vicino da attrarre frettolosi aspiranti gourmet.
In fondo basterebbe farsi mediamente dall’ Italia quei 1000-1500 chilometri di comode autostrade, poi basterebbe levarsi dal traffico periferico di una piccola cittadina meridionale come Agen e infine percorrere con sollievo i pochi chilometri rimasti, lungo la deliziosa stradina che sale al villaggio.
Oppure perchè non prendere un treno , ma tenendo conto della resistenza dei binari sui cui passa la locomotiva, quindi senza sfidare troppo quella legge fisica per cui se tu opponi più resistenza della forza di sopportazione otterrai la rottura del binario.

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Rue Royale, che a parte quella famosissima di Parigi, altrove non è appellativo che garantisca grande splendore, pensiamo solo a quella di Lyon per esempio. In comune con questa solo la custodia di un gioiellino gastronomico come La Mere Brazier.
Questa Rue Royale qualcosa in più ha avuto, rimodernata ma rispettata nel suo carattere semplice , come il resto di questo villaggio rurale del profondo sud-ouest.
Non ho la minima idea di quale sia stato il motivo storico che abbia portato a questa denominazione, chissà, forse una volta passò di qui un qualche Re e la popolazione decise di onorarne e ricordarne l’evento.
Tra gli eventi che seguirono, e che stanno segnando ancora oggi le sorti turistiche di questa località anche l’insediamento di questo Re all’interno della vecchia Bastide dei Conti di Tolouse, per governare le cucine de L’Aubergade con la genialità istintiva peculiare degli autodidatti.

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Il pesante portone lo è solo in apparenza , si apre invece docilmente su un ingresso cupo rischiarato da luci basse, il cui effetto si accentua in estate per lo stacco secco di luminosità esterno-interno. Sembra di entrare in una chiesa. Il rito , nelle belle serate estive, si può svolgere a gusto del cliente nel fresco patio o nel pomposo salone ricco di colori , di tendoni, di tessuti opulenti , di apparecchiatura borghese alleggerita da graziosi gadgets.

La luce naturale, nelle sere d’estate invita a rimanere fuori a godersi il fresco in attesa del calare della sera, in attesa che i fuochi si accendano e che la Molteni di Trama cominci a produrre un crescendo di sapori sempre più convincenti mentre il buio assorbirà progressivamente ogni messa a fuoco.

Non si viene fin qui poche volte nella vita solo per mangiare due piatti come sarebbe saggio fare dove già si ha un’idea abbastanza certa dei contenuti, anche perché quasi tutti diversi da quelli inseriti nel menù. Qui, anche se il menù principale appare impegnativo sarà il caso di farsi coraggio e allargare l’orizzonte quanto più possibile. Lo chef che passa al tavolo già prima dell’inizio della scelta rincuora e rassicura. Alcuni dettagli da chiarire, alcune modifiche da concordare e poi siamo pronti a partire .

Ma prima credo sia opportuno chiarire che la valutazione altissima, per altro sorprendente quanto scoprire che l’acqua è umida, tiene conto del valore complessivo di quanto arrivato al tavolo, del “come” è arrivato e del significato della sequenza. Non credo abbia molto senso mettersi a fare la punta alla matita su ogni singolo passaggio e farne una media aritmetica. Le elementari le ho finite da parecchio, una certa elasticità di pensiero, pur se riordinato , ritengo sia sufficiente per capire il significato vero delle cose, più di sapere che la media aritmetica tra sei e otto è sicuramente sette.
Continuo a leggere in questi ultimi mesi disamine critiche professorali, elargite con non richiesta assidua frequenza da parte di tormentatori di punte di matite : questo se fosse, questo se non fosse.
A beneficio di coloro volessero correre laggiù durante questa lunga estate con le famose “alte aspettative” , vorrei anticipare già i prevedibili riscontri di ritorno:
questo è troppo grasso, questo è troppo sapido, questo è troppo pepato, questo è troppo pannoso, questo l’avrei visto così, questo secondo me non ci andava, occhio che questo ingrediente non serve…
Posso cominciare a sbadigliare già da ora ?

State a casa, anzi, rimanete pur vicini a casa, abbiamo fior fiore di chef capaci di confezionare insalatine condite di saporitissima fantasia, leggere, fresche e facilmente digeribili.

Però è anche vero che qui i difetti che potrebbero rovinare la serata ai Tomàs de Torquemada della forchetta non mancano. Innanzitutto non c’è il servizio del pane! Pensate un po’ che vi mettono in mezzo al tavolo un bel vaso di cristallo con dentro qualche grissino al finocchietto, qualche treccia al sesamo e dei pangrissini . Tutto qui.

Figuratevi poi che un paio di asterischi relativi a vini mancanti sulla carta dei vini erano stati inopportunamente gommati e quindi richiedibili ma non presenti in cantina, e non ci crederete che in un luogo dove les additions fanno sanguinare il portafogli una posata sia stata portata ben dodici secondi dopo l’arrivo del piatto, e addirittura il cd Buddha Bar numero cinque si è incantato per ben due volte!
Ma essendo un ex addetto a questi lavori li assolvo per autoassolvermi colpevolmente, in attesa che l’inesorabile inquisizione mi colpisca.

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Andiamo a rivedere il qui e ora di quei momenti?

Lo stomaco si apre a voragine sorseggiando l’originale gazpacho d’anguria: acido, vegetale, piccante, fruttato. La mandibola si diverte a sgranocchiare il mini toast di foie gras e nocciole.
Il palato si fodera di classicità francese , avvolgendosi di crema fredda di asparagi. Il cocktail maison ristabilisce il palato, consegnandogli tutta la freschezza fruttata de la griotte petillant .

Il tono flatteur della crema di asparagi si ripropone per colore e per consistenza nelle vesti di avocado, con cui trova prevedibilmente un facile accordo la polpa di granchio, rilevata da un fine sentore agrumato e dalla freschezza dei piccoli germogli.

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Si parte con un dichiarata pacatezza, senza voler far sobbalzare nessuno con contrasti violenti o acidità sfacciate.
Avvio confortato anche dall’ottimo chardonnay Viré Clessé 2002 Bongran Thevenet. Biondo intenso quasi dorato con note nette di burro e chicchi d’uva maturi . Più acido e minerale in bocca di quanto potesse far prevedere il sentore al naso.

Altra tranquilla cremosità, ancor più nobile, ricavata dal mais reso liscio come la seta, come fosse una polenta impropria che nasconde tenerissimi calamaretti al nero. Cromatismo da scoprire con il cucchiaio e finale pepato a prolungare le delicate sensazioni.

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Piuttosto interrogativo invece il carpaccio di sgombro con polpa di olive nere e sigaretta di cavolo verza, dove sono stati inseriti alcuni anomali cristalli di sale per il crunch e per una esaltazione di sapidità compensata da alcuni punti di gradita acidità citrica.
Acidità che sarà poco cercata per tutto il seguito, decidendo di percorrere sentieri diversi, dove saranno le concentrazioni e le saturazioni a definire con carattere e precisione i sapori cercati, e soprattutto sempre trovati.

Bersagli del gusto colpiti al centro, pur partendo da posizioni diverse e da concezioni diverse .

C’è il piccante per esempio, a dominare il fantastico raviolo tigrato di gamberi alla curcuma, che nasconde una strepitosa crema speziata e spezzata da una microscopica brunoise di verdure e appoggio di cereale (quinoa?) . Il tutto affascina come un viaggio in oriente. Il dolce dei gamberi e della loro salsa caratterizzata senza compromessi costringono il palato a continuare a viaggiare per l’oriente sperando di non trovare mai un punto d’arrivo.

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C’è un produttore di Condrieu a me sconosciuto, tale Christophe Pichon, che ha centrato un 2008 nel pieno del bersaglio . Vino che riesce a coniugare forza e finezza, pulizia e definizione in un bouquet stretto e verticale che sfida l’albicocca e sopraffare la violetta. Match pari per loro e grande bevuta per noi.

Un avvertenza dello chef prima dell’arrivo del risotto di cavolfiore al tartufo estivo. Sorriso vagamente beffardo sul suo volto. Quando si tratta di italiani e se si parla di risotto al tartufo meglio essere chiari. Si tratta di tartufo estivo, non aspettatevi un bianco d’Alba autunnale. Ma, e lo sappiamo, non si tratta neppure di un risotto ai cavolfiori, ma di cavolfiori. Michel ribadisce che ormai l’ha fatto con tutte le verdure, ma il cavolfiore ha un suo perché . E la mantecatura? Chef! che formaggio ha usato per questa mantecatura così grassa e sapida? Ah, c’etait du parmesan…Cucina quasi a vista dai tavoli del patio, i piatti fanno pochissimi metri dalla cucina e tutte le temperature saranno implacabilmente perfette. Anche lo chef fa pochissimi passi per chiarire qualche dettaglio ai clienti, toglie e mette gli occhiali, esce e rientra, controlla , infine torna al piano della sua bellissima Molteni verde a spadellare .
Dicevo del risotto improprio, ottenuto frantumando il cavolfiore, mantecato come detto prima e rinvigorito dalla presenza di delicato tartufo estivo rinforzato da olio aromatizzato del medesimo tubero per un risultato finale portato al limite della grassa sapidità.
Con le sommità di queste verdure me lo aveva fatto provare anche Colagreco, sembrano proprio chicchi di riso, ma sono freschi e croccanti, pregni della loro vivacità vegetale naturale.
Je connais pas… Colagreco? Ou? Menton ?!? Ahhh… l’argentin.
Viaggia poco Trama? Forse legge anche poco. Sicuramente cucina molto.

L’uovo è intendibile quasi come pietra di paragone tra i più grandi chef. Questo di Trama non sarà rivoluzionario ma precisissimo di cottura e accostato abbastanza classicamente con diversi funghi in salsa untuosa spezzata dalla freschezza dell’asparago al dente che prolunga le sensazioni elegantissime.

Sembrava di volare alto ma esiste un altro livello. Quello del raffinatissimo coniglio farcito e bardato in vegetale, fuori in foglia, dentro con peperone dolce. Ancora a lato il trancio di terrina di verdure in millefoglie di foie gras pressato, salsa fresca di erbe. Un ricamo perfetto.

Saliamo ancora con il classico ( per lui ) hamburger di porcini e scaloppa di foie gras, montato in verticale con fresche insalatine, jus de canard corsè , e arricchibile di sapore ( fosse il caso…) con ketchup di porcini.

Apoteosi del gusto utilizzando sostanzialmente solo due elementi della terra, il nobile tartufo nero e l’umile patata in papillotte di acqua e farina.
Il cono del vulcano di ceramica ci porta dritto al naso i sentori delle profondità terrestri. Definirlo saturante è dire nulla, definirlo indimenticabile mi sembra invece oggettivo e corretto.

Puech-Haut 2004 è il consiglio dell’imbarazzato sommelier, vinozzo rustico e boisè , ma chi se ne frega. In bocca e nella mente abbiamo ancora i sentori profondi di ritorno dal viaggio al centro della terra.

I cinque sensi già sono stati sollecitati a sufficienza, anche la musica di sottofondo è molto adeguata, ritmata sui temi vicini a Buddha bar, Hotel Costes e dintorni.
Inviterebbe a ordinare un mojito e a buttarsi sui divani colmi di cuscini disseminati nei diversi salotti illuminati fiocamente, o mettendo i piedi in piscina, in buona compagnia, abbandonando ogni rigidità , ogni freno inibitorio, come ai margini di un harem.

Il mojito arriva davvero, ma da un sifone, e non siamo sul divano , siamo ancora a tavola a solleticare i cinque sensi.
Ed eccolo il piatto dei cinque sensi.
Inizialmente da prendere nel senso della freschezza della mela verde sorbettata o disidratata, poi nel soffice fruttato dolce di crema e piccoli frutti rossi , poi ancora cremoso ma spostato sull’acido amaro della ganache di cioccolato e amarene, fino ad arrivare al capolavoro del sigaro Trama, con foglia e cerino : “il primo dessert pensato per preparare il palato ad una bella fumata di Cohiba” .

Ormai è partito , il giro del Faro, il sesto senso, quello non codificabile, quello che decide che la mia mente debba pensare ad alcune serate trascorse in una terrazza ad Almese a fumare Havana.

E allora Cohiba!

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Alcune etichette:

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il pregio : Emozionante qui fa sempre rima con appagante e non con sconcertante.

il difetto : Alcune sbavature nel servizio.

Michel Trama
L’Aubergade
52 Rue Royale
Puymirol
tel 0033 (0) 553953146
Chiuso : Domenica sera, Lunedi e Martedi a pranzo.
Prezzi: alla carta 150 – 220 euro
Menù degustazione : 76 – 160 – 225 euro

http://www.aubergade.com/

Visitato nel mese di Giugno 2010

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10 Commenti.

  • giancarlo maffi28 Giugno 2010

    devo perdere l'abitudine mattutina di aprire il computer, guardare la posta, andare sul mio blog di riferimento a leggere se qualcuno mi ha 'fanculato e poi subito dopo passare di qua', per il piacere e ormai anche per un po' di affetto. perche' il caffe' non ha prodotto tutto l'effetto e 110 milioni di battute non le reggo tutte insieme. quindi ho letto la prima parte ... e non ho ancora capito se qui ci dovrei venire oppure no.... e adesso vado a rifarmi un caffe' doppio prima di leggermi i piatti. pezzo doppio, doppio commento. a dopo.....

  • giancarlo maffi28 Giugno 2010

    certo la descrizione dei piatti fa virare la bussola . chissa' quando ,chissa' come e soprattutto chissa' con chi. non ho capito se le foto mancano perche' e' finito il campo o che altro. mi sarebbe piaciuto vedere il lapin e anche i porcini truffati. tentero' una cosa da raccomandati :-)

  • gianni revello28 Giugno 2010

    Un grazie al Guardiano del Faro per il bellissimo racconto su un ristorante e su uno chef che non molti in Italia conoscono. E’ sempre un piacere leggere qualcosa di così ricco di passione che sia allo stesso modo tanto ricco di visione e di dettagli da esulare per una volta dalla sempre maggiore, comoda e semplicistica, deriva fotografica del racconto del gusto. Messe al centro stavolta solo tre foto di piatti, ma molto belle ed eloquenti. Belle pure, parimenti tre, le foto di etichette, e così le altre ancora. Sulle ‘questioni di metodo’: D’accordo che intanto bisognerebbe cominciare ad abituarsi ad abbandonare la pratica da scuola ‘elementare’, o supposta ‘superiore’, del voto (ok, fa notizia!), fonte di disomogeneità e di equivoci, e concentrarsi sul gusto, sull’emozione, sul pensiero, perché no, sulla poesia, di un piatto, di una cucina. Dunque, se è sensato e auspicabile, per una ricchezza di racconto che renda viva l’esperienza, spaziare nell’analisi del piatto e delle sequenze, con le emozioni e con le storie che si attivano in noi, in realtà al di là di tutte le visioni e dettagli di ogni nostro racconto, il giudizio personale complessivo è, per i grandi cuochi, in fondo sempre la valutazione di uno stile, relativo al gusto in una vasta e non banale accezione. Su questo punto mi colpisce nel finale al punto ‘Pregi’ la frase: “Emozionante qui fa sempre rima con appagante e non con sconcertante”. E allora questa così segnata evocazione di un tanto paventato ‘sconcertante’ potrebbe far pensare, per come la vedo io, s’intende, che la valutazione del suddetto stile potrebbe anche essere effettuata in un’accezione un po’ ristretta. E’ comunque naturale che ‘emozionante’ ‘appagante’ ‘sconcertante’ non possano certo essere definiti in maniera assoluta, semmai relativa. Infine, a proposito del 'sigaro Trama', riporto la frase che c’è verso la fine del per me molto piacevole e niente affatto lungo racconto (ce ne fossero in rete di così, sono ben rari e talvolta da cercare all’estero): " ..fino ad arrivare al capolavoro del sigaro Trama, con foglia e cerino : “il primo dessert pensato per preparare il palato ad una bella fumata di Cohiba”. " La mente mi va allora immediatamente al “Cohiba Gold”, che uno dei tanti chef che hanno fatto esperienza con Gualtiero Marchesi, Armin Mairhofer, realizza da anni (vedi ad es. su di lui, edizione del 2008, il libro da Gribaudo Editore, e il ‘Cohiba’ è a pag.104-105). Questo “Cohiba Gold” è uno dei dessert migliori, più “bon à manger / bon à penser”, che io abbia provato nella mia vita. Enzo Vizzari ne faceva menzione in modo estremamente lusinghiero, e lo riportava nella sua guida. E se ne parlava anche nella Guida Gourmet 2009. Devo dire che quello di Trama stilisticamente, perché dal punto di vista strettamente gustativo da un’immagine non si può certo dire, è in maniera evidente assai inferiore a quello di Mairhofer. Per me non è neppure importante sapere quale dei due viene prima, quello che mi colpisce è che l’aspetto di quello di Trama, tanto in sé che rispetto a quello di Mairhofer, è quanto meno decisamente naif. Ma appunto dettagli a parte, per il Michel Trama di Puymirol, oltre al numero, qui 19/20, rosso in sintonia rossa, che valuta questo misconosciuto tristellato come “uno dei migliori ristoranti di questo Pianeta”, quello che passa è una grande felicità dell’esperienza, cuore cervello stomaco, che spinge qualsiasi appassionato a provare questo ristorante alla prima utile circostanza. E da parte mia, quando sarà, senz'altro sarà fatto. P.S.: confesso che non conoscevo le prugne di Agen, una breve ricerca in rete e ho scoperto che per il loro particolare contenuto di fibre e sali minerali sono considerate tra le migliori in assoluto per la regolarizzazione del metabolismo. Naturalmente non solo per quello, per cui non appena me ne capiterà l’occasione le proverò senz’altro. :)

  • franco francese28 Giugno 2010

    Il double corona Trama avrà 20 / 25 anni. Più o meno...

  • davide28 Giugno 2010

    Grandissimo Trama! Eh allora, che sia cohiba Guardiano, ma anche un Montecristo. Il doble corona Trama è dell'inizio degli anni 90. Escludo che qualcuno sia arrivato prima, o almeno, mai sentito. E anche l'altro capolavoro è inimitabile, si, quella patata in sfoglia di tartufo del Perigord è cosa da 20 su 2o da perderci il sonno per rifarla.

  • Il Guardiano del Faro28 Giugno 2010

    Davide... Davide chi... :D Ho ricostruito lo storico: Le double corona a été crée et mis en place la même année en 1991. M.C.

  • breg28 Giugno 2010

    "Inviterebbe a ordinare un mojito e a buttarsi sui divani colmi di cuscini disseminati nei diversi salotti illuminati fiocamente, o mettendo i piedi in piscina, in buona compagnia, abbandonando ogni rigidità , ogni freno inibitorio, come ai margini di un harem." Quando nelle rece del Gdf c'è una frasetta di questo tipo buttata li, nel posto descritto bisogna andarci....

  • gianni revello28 Giugno 2010

    1991 ..l'epoca lascia il segno ..una commistione di stili con elementi neo pop molto anni '90, con la foglia invece in forma di 'grottesca'. Ed è rimasto immutato da allora?

  • Il Guardiano del Faro29 Giugno 2010

    Io la seconda volta che ti ho servito al tavolo mi sono reso conto che non mi sarebbe stato più possibile continuare a fare quel mestiere :D

  • gianni revello29 Giugno 2010

    Mai più avrei pensato di essere stato così importante per te :) Ma sono contento di averti aiutato a trovare la tua strada.

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