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Concettina ai Tre Santi

L’evoluzione della pizzeria tradizionale

Concettina ai Tre Santi è una storica pizzeria partenopea del rione Sanità che, negli ultimi anni, ha fatto molto parlare di sé. Artefice di ciò è Ciro Oliva, quarta generazione di pizzaioli che con tanta ricerca e un pizzico di coraggio ha creato un nuovo format di pizzeria. È di pochi mesi fa la notizia che la famiglia Ruffini (già comproprietaria della Langosteria) ha deciso di investire in questa realtà, entrando in possesso di una minoranza della società. Il merito del pizzaiolo e imprenditore Ciro Oliva sta nell’aver puntato sulle materie prime di qualità innovando anche alcune preparazioni e portando il locale a un posizionamento premium rispetto a una classica pizzeria, arricchendola anche con una carta dei vini che include una vastissima scelta di bollicine italiane ed estere. Il tutto ad un costo che, non soltanto per Napoli, si colloca su una fascia di prezzo molto elevata, con un piccolo record sulla pizza fritta (18 euro!). Del resto, una grossa fetta di clientela è straniera, anche considerato il fatto che ormai la Sanità, il quartiere di ubicazione della pizzeria, si è trasformata in un affascinante polo turistico con la pasticceria Poppella e, appunto, Concettina a fare da cornice a palazzi e chiese imperdibili.

Un format originale e trasversale

Come in un ristorante fine dining anche qui c’è la possibilità di due percorsi degustazione (esperienza già raccontata qui che, a nostro avviso, vale la visita) a cui si affianca una carta con vari lievitati e pizze anche tradizionali. Durante la nostra ultima visita dalla carta abbiamo assaggiato un eccezionale Crocchè di patate, fritto perfettamente, con un cuore morbido e saporito dove sia il pepe che il prezzemolo erano piacevolmente riconoscibili al palato. La Frittatina di pasta al contrario ci ha lasciati perplessi per l’eccessiva acidità del pomodoro e per la cottura che, a fronte di un fritto asciutto, scontava un cuore troppo freddo.

La pizza è del genere napoletana classica, con disco di 80 gr di pasta sottilissimo ed esteso fino ai bordi di un cornicione basso ad alveolatura ridotta, cottura tradizionale con marcature perimetrali non molto pronunciate e, lo ribadiamo, ottima materia prima. Vi sono anche differenti tipologie di pizze, alcune delle quali più elaborate, altre proposte anche al padellino e condite con ingredienti attentamente ricercati. Molto buona la classica Margherita, volutamente poco salata, per esaltare una eccellente salsa di pomodoro dal gusto delicato e piacevole, che rendeva il boccone equilibrato. Equilibrio invece perso nella pizza San Gennaro, dove l’eccessiva sapidità del salame, nel ripieno del cornicione, sovrastava la provola affumicata e il tarallo sbriciolato. La cottura delle pizze, inoltre, solitamente impeccabile, ci è risultata poco uniforme nelle nostre ultime visite.

La famiglia Oliva ha creato un format di successo originale e trasversale che attira un pubblico vario, dai turisti curiosi alla clientela locale alla ricerca dell’innovazione, diventando meta ambita anche per il jet-set, nazionale e non. L’appunto più rilevante che ci sentiamo di fare è sulla cottura delle pizze, con una variabilità di risultato alle volte molto alta (da ben cotta a leggermente troppo cotta e bruciata) per rendere l’esperienza “più comune” entusiasmante tanto quella che si fa con il percorso degustazione – aspetti dai quali, a nostro modesto parere, non si può prescindere, a questi prezzi.

IL PIATTO MIGLIORE: Crocchè di patate.

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Dalla colazione alla cena

A Milano, in zona Porta Venezia, in una traversa di Viale Piave, troviamo un simpatico locale polifunzionale: Crosta. Avviato nel 2018, vanta due forni “a vista” all’ingresso e esprime la sua pluralità di sfaccettature offrendo la possibilità di poter acquistare dell’ottimo pane a cura di Giovanni Mineo, gourmandises e dolci, fare colazione, mangiare fino a tardi senza essere, alleluia, assillati dal tempo (sono sempre aperti per pranzo sino alle 18.00), e cenare con delle Pizze alla Pala o Tonde classiche preparate da Simone Lombardi e approntate con varie tipologie di farina a seconda dell’impasto desiderato.

Pane, pizza e cucina

La nostra visita da Crosta si apre per pranzo con un delicato, etereo, “extra large” e vegano Hummus di ceci, pinoli tostati e salsa al peperoncino e limone accostato a delle fragranti fette di pane tiepido home made con un nonnulla di olio “on top” e proseguiamo con due tipi di Pizza alla Pala composte da farina di grano tenero marchigiano tipo “0 e tipo “2” e lievito madre. Sfortunatamente a pranzo non è concesso degustare quella tonda che, in veste serale, viene elaborata aggiungendo alle due farine sopracitate, farina di grano duro antico siciliano integrale, sostituendo il lievito madre con il lievito di birra.

In alternativa qualche proposta gluten-free quale l’Uovo morbido, crema di topinambur, cavolo viola marinato o qualche proposta vegetariana come la Minestra di cavolfiore e curry e l’Insalata di fagiolini e finocchi con crema di patate al prezzemolo e menta. Scegliamo la Pizza Diavola che viene presentata con una base “margherita” con l’aggiunta di ‘nduja della Macelleria Ioppolo e un tocco di origano e la Stracciatella e Crudo che viene allestita con l’interessante prodotto caseario succitato, scioglievole Prosciutto Crudo 18 mesi dell’azienda agricola Zavoli, olio evo. Purtroppo, sebbene l’impasto fosse egregio, alveolato, digeribile e mantenesse la giusta croccantezza sia in superficie che alla alla base, il risultato è stato un filo deludente poiché entrambe risultavano un po’ bruciacchiate e annerite sul fondo.

Per cena la proposta si amplia, con le pizze tonde cucinate “espresse”, arricchite da una grande varietà di prodotti di selezionate aziende agricole. La cura per le selezione delle materie prime e il rispetto della loro stagionalità si evince nelle pizze tradizionali come la Marinara, la Bufala e la Cosacca fino alle “contemporanee” Patate schiacciate, pesto Rossi di Genova e crescenza o nella profumata e fragrante Verdure di stagione. Sulla pizza “signature”: Ventricina, coriandolo, cipollotto, ananas si è già scritto molto. Noi ci limitiamo a ribadire che vale la visita in quanto a prova di scettico (circa l’utilizzo dell’ananas sulla pizza). Concludiamo la sosta con un delizioso Tiramisù, che ben rappresenta le golose proposte di dessert e le definite “torte da credenza” come la Caprese al cioccolato, la Torta Paradiso, il Banana Bread, la Torta al limone e mandorle, la Torta carote e cannella e via preferendo. La carta dei vini, piuttosto scarna, comprende qualche etichetta di vini rifermentati in bottiglia, oltre a qualche proposta di birra e qualche cocktail.

IL PIATTO MIGLIORE: Ventricina, coriandolo, cipollotto, ananas.

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Lenta lievitazione, materie prime e padronanza del forno

Gli appassionati di pizza ben sanno cosa voglia dire provenire da Tramonti (SA), ed è proprio questo il paese nativo di Bruno De Rosa, patron della pizzeria Montegrigna di Legnano. A soli 26 anni, nel 1971, apre la prima sede a Legnano, per poi trasferirsi in zona residenziale: un ingresso che non si scorgerebbe quasi se non vi si stesse andando di proposito. Il locale è decisamente essenziale, senza orpelli, ordinato e luminoso. Il bel bancone d’altri tempi dà il benvenuto all’ingresso dove vi è una piccola sala prima dei gradini che porteranno all’ampia sala principale, per un totale di una ottantina di coperti.

Scansionato il QR code che rimanda al menù sul sito, ci troviamo innanzi a una lista molto corposa di pizze. Tutti gli impasti sono a lenta lievitazione, le farine utilizzate sono moltissime, oltre alle aggiunte quali limone, origano, peperoncino a dare un quid in più. Gli ingredienti di qualità spaziano dalle alici del Mar Cantabrico al maiale nero calabrese e, come il menù sottolinea, la composizione di ogni pizza è pensata al meglio per esaltarne l’impasto. Vi sono anche degli antipasti freddi, focacce, bruschette salumi e formaggi oltre a una contenuta offerta dalla cucina in termini di primi e contorni.

Ogni impasto è unico per fragranza, croccantezza, colore

Iniziamo con un Calzone a impasto giallo, ovvero impastato con farina di mais e 00, croccante e profumato. All’interno Scarola appassita, fiordilatte, capperi, alici del Mar Cantabrico, olive taggiasche, pecorino e olio evo. Al taglio, l’olio fuoriesce, la pasta croccante è invitante già alla sola vista, i capperi e le alici del Mar Cantabrico le conferiscono una sapidità delicata, smorzata dagli altri ingredienti. I bordi del calzone, dove la pasta si sovrappone, sono spessi ma dalla consistenza gradevole. Proseguiamo con una scoperta strabiliante, davvero da provare, la Pizza al mais viola con carciofi: fiordilatte, carciofi artigianali, patate sotto cenere, olive Riviera, Parmigiano 30 mesi in cottura, olio evo. Un tripudio di sapori: i carciofi, leggermente piccanti, fanno da chiosa ad ogni boccone, mentre davvero centrata è la delicatezza delle deliziose patate col profumo del mais e l’umami del Parmigiano.

Il climax ascendente per sapidità prosegue con una pizza a base ”Impasto alle erbe e peperoncino dedicato a mio padre”: farro, segale e farina 00. La consistenza soffice dell’impasto, non a caso, è chiamata “sinfonia“, ed è condita con Pomodori passiti, guanciale, alici del Mar Cantabrico, Prosciutto cotto di Parma, Bitto, origano di montagna, olio evo. La cottura degli ingredienti è ottimale, nonché scongiurata la paura di una eccessiva sapidità. Elemento ricorrente, qui, il fatto che tutti gli ingredienti siano distinguibili e ben bilanciati: il peperoncino nell’impasto ben amalgamato, l’alice è imponente e opulenta.

I dolci, artigianali, sono a cura della figlia del patron, Stefania De Rosa. Tra i vini, una selezione consigliata per la pizza – sono tutte proposte di Tramonti – oltre a una più classica e contenuta proposta di rossi bianchi e spumanti. Due birre alla spina e due birre artigianali chiudono l’offerta, insieme a liquori nazionali e artigianali. Il servizio è cordiale, genuino e appassionato, interessato allo scambio con l’avventore.

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Prodotto, ricerca e accoglienza: Pepe in grani è il tempio della pizza

A Franco Pepe va riconosciuto il merito, al Sud, di aver rilanciato il concetto di pizza in un universo multi-settoriale che, pur evitando una mera gentrificazione del concetto popolare di “pizzeria”, ha coinvolto artigiani e turismo ponendo sotto riflettori più luminosi tutto ciò che ruota intorno a uno dei cibi più famosi al mondo. La sua pizza è diventata un vero e proprio benchmark su scala mondiale e, da questo punto di forza, si è arrivati a quello che, oggi, è uno dei gioielli gastronomici della Campania: Pepe in Grani, non una semplice pizzeria, bensì luogo di ricerca e accoglienza a qualche chilometro dalla Reggia di Caserta.

Una pizzeria per tutti i gusti e molteplici esigenze

Pizzeria, appunto, ma anche luogo di ospitalità al passo coi tempi, che riesce a incontrare le diverse esigenze dei clienti che popolano Caiazzo per una serata in comitiva o per un’esperienza più contemplativa, presso una delle sale degustazione. Un’esperienza decisamente diversa dal solito, sebbene le pizzeria di qualità sparse in giro per lo Stivale abbiano portato l’asticella sul punto più alto del montante. Certamente Franco Pepe è stato tra i primi ad ampliare il discorso cibo fino a contemplare l’accoglienza e altri servizi: da Pepe in Grani ci sono, infatti, vere e proprie “stanze del gusto”, con differenti proposte e alcune camere di design, ideali per una sosta a spezzare, magari, un lungo viaggio.

I prezzi sono leggermente sopra la media pur restando, data la qualità del prodotto, popolari, ma la scelta di offrire un servizio più professionale, una carta dei vini che vede una interessantissima e fornita selezione di Champagne e tanto altro, scontano il dazio di dover sovraccaricare il conto finale con il costo del servizio (15%), certamente discutibile, ma non condannabile a prescindere. Ben oltre le critiche di contorno va la sua pizza di cui si è tanto parlato e scritto negli ultimi anni. Dalla nostra ultima esperienza, però, ci ha maggiormente soddisfatto la versione fritta del Maestro, forse ciò per cui vale realmente la pena spingersi fino a Caiazzo, ancora oggi. Pepe è riuscito a trovare una quadra perfetta con l’impasto che funge da struttura portante e principale per la sua vena creativa per un risultato finale etereo e goloso allo stesso tempo.

Oggi nelle cucine e al forno troviamo, a dar manforte al parte, il figlio Stefano, autore anche di alcuni nuove signature come la Cerasella, ossia pizza fritta farcita con Falernum, sfoglia fredda di fior di latte aromatizzata all’arancia, cioccolato fondente fuso, foglia di menta, fior di sale, zest d’arancia accompagnata da ciliegia sotto spirito, un trancio complesso che denota un grande entusiasmo ed inventiva del promettente figlio d’arte.

Il servizio è molto professionale e cerca di aiutare il commensale nell’ardua scelta delle pizze, specie se non si è in una comitiva numerosa. Fantastica anche la carta di vini e birre, tanto essenziale quanto fornita, ed anche in questo caso ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche.

Pepe in Grani, nonostante il grandissimo livello di pizzerie sparse tra Caserta, Napoli e tutto lo Stivale, a nostro avviso, resta ancora oggi, più che mai, un santuario della pizza da visitare almeno una volta nella vita.

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LievitiAMO

Mi si nota di più se vengo o se non vengo?” chiedeva Nanni Moretti. A poca distanza dal cinema di proprietà del regista, Pier Daniele Seu probabilmente risponderebbe la seconda, proponendo un impasto, protagonista indiscusso, così leggero da quasi sparire. Oggi non è più raro trovare proposte a lunga lievitazione o con farine particolari, ma il risultato che troviamo qui si distingue dalla concorrenza, perlomeno capitolina. 

Da Seu Pizza Illuminati, infatti, la pizza non è solo buona, è iconica, immediatamente riconoscibile. Come detto l’impasto è l’assoluto protagonista: lievitato alla perfezione; impercettibile al centro, dove lascia spazio ai condimenti senza, però, mai abbandonarsi alla mollezza; glorioso nell’inconfondibile cornicione che permette di assaporarlo in purezza. Colpisce la regolarità di forma, dimensione, condimenti; tutto è preciso al centimetro. Se il forno non fosse a vista si rischierebbe di pensare ad una produzione meccanica, quando invece è esclusivamente il frutto dell’esperienza e della precisione maturate grazie alle migliaia di pizze infornate negli anni.

Oltre alle bolle (da lievitazione) c’è di più

Non bisogna, però, commettere l’errore di pensare ad un mero esercizio di tecnica. I condimenti sono di primissimo livello e soddisfano sia gli amanti della tradizione che i più curiosi. La nostra Dop, una tradizionalissima margherita con bufala, era squisita, con un pomodoro incredibilmente dolce, impeccabile. Piacevole sorpresa della serata la S(E)UD: alici, provola affumicata e crema di olive sono minuziosamente distribuite e bilanciate, garantendo un gusto differente ad ogni boccone senza mai perdere l’equilibrio, anche grazie all’aiuto delle preziose zeste di limone. Fra i fritti proposti, tutti molto ben eseguiti ed asciutti, meritano una particolare menzione i supplì, il cui riso è così ben condito che risultano quasi fondenti. I dolci hanno margini di miglioramento; molto interessante il caramello al mandarino della “Brandino”; decisamente troppo dolce la “Non Margherita”. La scelta delle birre non è particolarmente ampia, ma le quattro spine, tutte provenienti dal birrificio Opus, consentono di trovare l’abbinamento necessario.  Quello che era considerato un enfant prodige della lievitazione romana è ormai una realtà affermata dalla forte identità; grazie a Pier Daniele Seu, alle porte di Trastevere, c’è un locale dove passare una piacevole serata fra amici, in compagnia di una pizza di altissima qualità.

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