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Doozo

“Tutte le volte che qualcuno assaggia un nuovo piatto allunga la vita di settantacinque giorni”. Questo antico proverbio giapponese, notevole anche per la precisione della stima, chiude la carta dei dessert di Doozo e ci sembra un ottimo sprone per frequentare spesso questo 9simpatico locale dietro la frenetica via Nazionale. (altro…)

Questa recensione aggiorna la precedente valutazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Un passaggio da Tim Raue è davvero rinfrancante per chi cerca di non soggiacere alle mode del momento o al frustrante tentativo di non essere mai superato dalle mode stesse. Da Tim Raue si mangia “fusion”, cioè si mangia una cucina asiatica rivista e “contaminata” con ingredienti europei, una cosa che sembrava indispensabile qualche anno fa ed è men che negletta oggi. Ma si mangia molto bene, come da William Ledeuil e da altri chef che, infischiandosene di essere in linea con le passioni più comuni ai contemporanei, alle cucine asiatiche s’ispirano con passione vera e competenza.
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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Per poter provare uno dei pochi ristoranti d’alta cucina londinesi davvero degni d’interesse (sì, perché qui gli stimoli semmai si provano in alcune cantine etniche da sogno tipo Koya o con i fasti del sushi e del sashimi di Yashin) bisogna essere un po’avventurosi. Lasciare i lussi di Belgravia o Knightsbridge e spingersi fino a Bethnal Green, nell’East End ancora poco imborghesito.
La Town Hall che è stata ristrutturata come bellissimo hotel che ospita il ristorante è un luogo di grande fascino (arrivateci con un po’ di anticipo e approfittatene per fare un giro al bar e non solo) e il ristorante stesso, messo su da qualcuno con la passione per l’interior design scandinavo, è davvero molto elegante.
Lo chef, Nuno Mendes, è un portoghese con un passato di giramondo ed è sicuramente un’interessante personalità, molto “nell’aria del tempo”, ma capace di mantenere una sua identità con nette influenze della sua terra d’origine, territorio davvero poco esplorato dall’alta gastronomia.
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Recensione ristorante.
Per essere una capitale europea di grandi dimensioni, non si può certo dire che Roma abbia un numero molto alto di ristoranti d’alta cucina. L’arrivo nella capitale di Oliver Glowig, già bistellato a Capri dopo il rapido passaggio a Montalcino, è stato quindi salutato con favore da tutta la community di appassionati capitolini che si ritrovano su internet, tra blog e forum.
Probabilmente, però, sono, siamo, sempre i soliti quattro gatti o, ipotesi peggiore, di cucina scrive più gente di quanta visiti davvero i ristoranti, visto che la sala non era esattamente affollata. Nemmeno ha senso sperare nei cosiddetti VIP dello spettacolo, degli affari e della politica: altre tavole, altro genere di ristorazione li attraggono di più.
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Continuiamo con le segnalazioni in tempo reale dalla “ville lumière”. Oggi è la volta di un vero locale di culto.

Dove vanno a mangiare gli chef “di tendenza”? Dove è possibile trovare seduti fianco a fianco Alain Ducasse e Inaki Aizpitarte, alla faccia delle contrapposizioni manichee così popolari di questi tempi ? (altro…)