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Osteria Francescana, chef Massimo Bottura, Modena. Di Carlo Cappelletti

Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Una casseruola di tortellini del dito mignolo con crema di parmigiano e panna d’affioramento, con sfondo di uno dei migliori oli che si possano trovare nel Paese dell’olio. Al di là di tutta l’evoluzione che la cucina di Massimo Bottura ha avuto in questi ultimi dieci anni penso che sia questa la fotografia più adatta a rappresentare la cucina della Francescana (con i limiti del fotografo, savasandir). Non mi viene in mente nessun altro che riesca a mantenere un legame tanto stretto con le proprie radici, modenesi, emiliane, italiane, non importa, pur viaggiando tanto lontano, poco conta se par avion o con l’immaginazione. La sensazione costante è quella di vedere un enorme elastico, estendibile anche diecimila chilometri, che però tira sempre verso casa, che riporta sempre ad un’idea primigenia che tutto riesce a far proprio. Questa è la Grande Cucina Italiana, nell’anno ventiundici, nulla da stupirsi se nuovi punteggi vengono coniati per valutare, oltre che i già noti classici come il ricordo di un panino alla mortadella (altro…)

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Recensione Ristorante

C’è un buon ristorante a pochi passi dal carcere cellulare di San Vittore. Là dove finì la vita della Milano da bere c’è un segnale di vita della Milano da mangiare, fresca fresca di sorpasso subito nel gradimento gommato da parte di Roma. Il nome del locale sottilmente allude a questa vicinanza, ma possiamo assicurare che le promesse dell’insegna sono fortunatamente tradite dalla prova pratica. (altro…)

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Recensione ristorante.

Ce l’avevano detto. Massimo Bottura sta attraversando un momento di forma smagliante. Tanti fra gli amici, e talvolta anche fra chi amico non è, ce lo ribadivano con una certa tenacia negli ultimi tempi ma mai ci saremmo immaginati un pranzo di questo livello, un tour de force della goduria dalla continuità quasi irritante, così indisponente da farci accogliere con sollievo un paio di inevitabili (e altrove ai limiti del trascurabile) flessioni che ci hanno permesso di ossigenarci durante quello che è stato un autentico ottovolante gastronomico che ci ha rotto il respiro, un’esperienza non spiegabile con una semplice giornata di grazia.

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