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Dattilo

Un’oasi enogastronomica

In piena campagna, su un colle non lontano dal mare e dalla città di Crotone, da alcuni decenni la famiglia Ceraudo, attraverso il proprio agriturismo, e annesso e connesso ristorante Dattilo, ha creato una piccola oasi del bien vivre all’italiana in tutto e per tutto fuori dal mondo.

I prodotti ortofrutticoli, l’olio e un rinomato vino, presente anche su tante altre tavole dello Stivale, oltre alla possibilità di soggiornare nelle silenziose camere, sono il fulcro dell’offerta dell’azienda che ha il suo fiore all’occhiello nel ristorante Dattilo, capitanato da quella piccola, grande donna che è Caterina Ceraudo. Già enologa, si è gradualmente avvicinata alla cucina fino a frequentare la scuola di Niko Romito con evidente e notevole profitto visti i risultati raggiunti e i riconoscimenti che sono piovuti copiosi, trasformando oggi il ristorante di famiglia in una una delle tappe gastronomiche imprescindibili in regione (e non solo).

Dattilo: Romitiana concisione nell’esaltazione degli ingredienti

Lo stile culinario, al Dattilo, a uno sguardo superficiale può sembrare finanche semplice, ma lo è solo apparentemente essendo, questo, il frutto di un processo lungo e meditato che, attraverso la rimozione di inutili orpelli e una “romitiana” concisione, ha portato alla formulazione di un percorso gustativo il cui primo e ultimo fine è l’esaltazione degli ingredienti e, tramite essi, del territorio. Lo strumento principale per l’attuazione di questo processo è la personalità della chef che, con meticolosa dedizione, ha messo a punto piatti leggeri e gustosi, che tramandano storie e sapori.

Il tortello di melanzane è esemplare in tal senso: una farcia di didattica concentrazione è racchiusa in un manufatto tirato alla perfezione e laccato da un passito di Magliocco che mette il punto esclamativo: nulla di più e nulla di meno appare necessario. Anche il lineare spaghetto freddo è una portata che ne sottolinea la perfetta cottura e consistenza e in cui la mantecatura con acqua di frutti di mare e coulis di pomodoro coronano un piatto in cui la pasta è assoluta protagonista.

La rigorosa frugalità raggiunge forse il suo climax col calamaro, una pietanza di pura texture in cui la dolce nota finale di una verdura come la zucchina, scelta non a caso, correda un passaggio di sostanziale ed efficace asciuttezza.

Più in generale, possiamo dunque affermare che ogni elemento del piatto di Caterina Ceraudo ha una sua funzione grazie alle modalità di trattamento e alle note balsamiche, amaricanti, amare, dolci e talvolta acide che lo costellano, utilizzando felicemente un linguaggio gastronomico a tutti comprensibile che sa regalare ulteriori soddisfazioni a quelli che vi si approcciano con la dovuta attenzione.

Dal canto nostro, non possiamo che apprezzare l’evoluzione di una professionista che opera in una regione in pieno fermento gastronomico e in un contesto di assoluto charme qual è, appunto, il Dattilo oggi.

La Galleria Fotografica:

Passione e caparbietà per la valorizzazione del territorio: l’atto d’amore della famiglia Ceraudo per la Calabria.

Quella della famiglia Ceraudo è una storia avvincente. In una zona di campagna della Calabria ionica, non proprio di passaggio e non comodissima da raggiungere, è nata un’azienda agricola, interamente biologica, dove madre natura bacia i suoi frutti più buoni dai quali vengono plasmati un ottimo vino e un eccellente olio. Fiore all’occhiello di questa piccola oasi naturale, tra vigna, ulivi e alberi di agrumi, è la cucina di Caterina, la più giovane di tre figli, una delle cuoche più brave dello stivale, la migliore secondo la Michelin.

Ambasciatrice per eccellenza del nuovo corso della cucina calabrese, Caterina Ceraudo, enologa, oltre che sommelier nel ristorante di famiglia quando ai fornelli c’era il compianto Frank Rizzuti, al tempo consulente dei Ceraudo, solo in un secondo momento ha effettuato una inversione di marcia percorrendo e approfondendo il mestiere di cuoca. Ha appreso le tecniche e la materia prima in quell’importante fucina che è la scuola di formazione di Niko Romito e dal genio abruzzese ha assorbito sicuramente savoir bien faire, stile e filosofia di cucina attraverso il quale, oggi,  porta in tavola il prodotto calabrese – sia esso di terra o di mare – scevro di orpelli superflui, preferendo estrazioni a salse elaborate, in modo da creare affinità tra i suoi piatti e i vini di papà Roberto.

Le linee guida della tavola di Caterina sono quelle apprese durante la formazione a Castel di Sangro, ma il temperamento è tutto calabrese, femminile e autorevole. Pochi ingredienti in ogni piatto, nessun gusto o retrogusto spigoloso, rievocazione dei sapori di casa, qualche nuovo innesto ed una leggerezza senza pari. Qui, all’ombra del casolare/frantoio seicentesco, ci si alza da tavola soddisfatti e, soprattutto, senza sentirsi per nulla appesantiti.

L’essenziale patata cotta sotto la cenere con estratto di peperoni bruciati e basilico riesce a stravolgere l’esecuzione della tipica ricetta regionale di patate e peperoni, eliminando grassi e soffritti, ma ad un tempo preservando il sapore della tradizione (incluso quello di bruciato che resta attaccato al fondo della padella). Dal minimale spaghetto cotto nel vino bianco escono in purezza la dolcezza dei fiori di zucca (ridotti a crema) e la perfetta sapidità delle acciughe, accostata a parmigiano e limone. L’elasticità della sfoglia completa il gioco di consistenze, tra acidità e dolcezze, nel raviolo farcito di melanzana ed estratto di pomodoro. Una mano sicura che riporta costante equilibrio tra tonalità sapide, speziate, dolci, amare e acide. Si termina con l’armonioso dessert al cioccolato bianco, frutti rossi, liquirizia e aceto di lamponi. Tutti omaggi lucidissimi alla filosofia del Reale.

La cucina di Caterina Ceraudo sta entrando nel vivo, quelli assaggiati sono grandi piatti che però presentano ancora quel pressoché identico costrutto concettuale ‘romitiano’: forse questo, allo stato attuale, è l’unico limite di questa brava cuoca. Una cucina brillante e identitaria, che con un ulteriore passo verso la maturità potrebbe certamente approdare ad uno stile più personale, già presente nel suo DNA. Caterina ha gli ingredienti e le basi culturali per crescere ancora, nella sua giovane ma già degna di nota carriera.

I tempi di servizio sono da ristorante importante, mentre sul personale di sala alcuni dei più giovani camerieri conservano a tratti un profilo troppo formale e poco disinvolto.

La carta dei vini è contenuta seppur con etichette che spaziano dalla regione alla nazione, dall’Europa al mondo, oltre ai vini dell’azienda vitivinicola di famiglia.

Dattilo è una esperienza imprescindibile per testare l’ormai elevato standard della grande cucina calabrese e un luogo ideale per assaporare alcuni grandi prodotti della regione. L’agriturismo offre inoltre anche camere per prolungare la sosta in estrema piacevolezza.

“La giovane calabrese è la prima regina mai incoronata dalla Guida Michelin, che da quest’anno sceglie di dedicare alle donne una maggiore attenzione.”

E’ Caterina Ceraudo del ristorante Dattilo di Strongoli (in provincia di Crotone) a essere stata scelta come vincitrice per la prima edizione del premio assegnato dalla Guida Michelin Italia alla “Miglior Chef Donna”.
29 anni, nel suo passato una laurea in enologia e poi un cambio di percorso benedetto da un fondamentale passaggio formativo nella scuola e nella cucina di Niko Romito.

Michelin premia Caterina Ceraudo come miglior Chef donna 2017
Michelin premia Caterina Ceraudo come miglior Chef donna 2017

Raggiunta al telefono, Caterina dedica poche parole alla gioia personale, preferendo sottolineare la soddisfazione per la nascita di nuovi riconoscimenti che diano luce al lavoro delle donne.

Non trovo che premi simili siano una forma di discriminazione, come sostengono alcuni”, dice la giovane cuoca calabrese, “ma penso piuttosto che siano importanti per dare risalto alla figura della donna-professionista”.

Michelin premia Caterina Ceraudo come miglior Chef donna 2017

Inutile nascondere che per quanto si stia facendo molto, la percezione dell’immagine femminile in alcuni ambienti professionali debba ancora riscuotere il risalto che merita.

Michelin premia Caterina Ceraudo come miglior Chef donna 2017

Spero che un giorno spunti come questo tipo non siano più necessari, ma oggi penso invece siano utili per affermare che il nostro ruolo nella società è cambiato e sta ancora cambiando”.

Michelin premia Caterina Ceraudo come miglior Chef donna 2017

A margine, chi vi scrive trova personalmente corretto sottolineare come lo sponsor del premio sia Veuve Cliquot, che unisce questa iniziativa in “rosa” a quelle già avviate: da una parte il premio alla miglior chef donna della Guida de L’Espresso, dall’altra l’istituzione dell’Atelier des Grandes Dames, un network ideato l’anno scorso al fine di sostenere i talenti femminili dell’alta ristorazione. Alle quattro socie fondatrici (Aurora Mazzuchelli, Fabrizia Meroi, Marianna Vitale e Isa Mazzocchi), si sono già aggiunti 9 nuovi volti, e qualcosa di più articolato sembra sul punto di nascere.

Michelin premia Caterina Ceraudo come miglior Chef donna 2017

Dato per scontato che un marchio ha il diritto e lo scopo di comunicarsi, ben vengano i progetti radicati che cercano di sostenere una categoria, invece di limitarsi a scattare qualche foto di rito e poi dimenticarsi dei premiati.

Ancora complimenti a Caterina Ceraudo, la prima regina mai incoronata da Michelin.

Recensione ristorante.

Una strada sterrata, lunga, buia e apparentemente poco rassicurante. A metà penserete di aver sbagliato nell’imboccare la via giusta. E’ una delle contrade collinari della statale ionica dalla quale l’unico bagliore che si scorge è quello delle luci del porto di Crotone. Precisamente ci troviamo nella contrada Dattilo, a due passi dal mare, tra vigne e ulivi secolari e la Calabria che non ti aspetti. E’ davvero bella l’azienda agrituristica cercata e voluta da Roberto Ceraudo, uno tra i più appassionati ed importanti produttori enoici calabresi, nonchè valorizzatore di questo ricco (e spesso trascurato) territorio. Un casale seicentesco, un complesso di rustica eleganza che offre una rassicurante sosta gourmet a trecentosessanta gradi, tra le migliori che si possano trovare da queste parti con poche ma accoglienti camere ove è possibile prolungare la sosta. E per chi persevera nel sostenere che questa sia una landa desolata di ristorazione di qualità, lo invitiamo a spingersi fin qui per rivedere le proprie convinzioni, ma soprattutto per godere a pieno di una ottima tavola, fatta di prodotti molto curati (oltre al grande olio e ai vini della scuderia di casa) al servizio della creatività originale e mai scontata, in cui si cercano equilibri evitando staticità gustative. (altro…)