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Lume

Il granatiere della cucina italiana, a Milano, è in forma smagliante

Su Luigi Taglienti e sul suo Lume abbiamo detto e scritto tanto. E non ne abbiamo parlato per qualche tempo. Qualche periodo di necessario assestamento c’è stato. Ma oggi crediamo che il “granatiere ligure”, come lo ha apostrofato una nostra cara amica, abbia intrapreso serenamente la strada della matura consapevolezza.

Ha trovato il suo luogo Luigi, ha trovato casa. E nella sua casa si esprime sempre con grande vigore, con tantissima originalità gustativa, ma da oggi anche con un pizzico di rotondità borghese che non ci dispiace affatto. Anzi, ha reso i suoi piatti meno taglienti- -perdonateci l’uso dell’epiteto- lasciando il passo a una cesellata e costante modellatura del gusto, arrotondato e aggraziato. È più fine la cucina di Taglienti, ha preservato la sua vena di originalità nei sapori, negli abbinamenti, finanche nei contrasti. limando leggermente, come un grande Puligny invecchiato, i toni spigolosi di gioventù.

Cotture, consistenze e temperature inedite, a tratti spiazzanti

E così, tra piatti ormai classici e qualche spunto di modernità, ecco fare capolino in molte preparazioni l’Ostrica, ingrediente feticcio del cuoco savonese, finanche stavolta apparsa, in forma di dolce, in una stupefacente crostata ai fichi cotti. Passando per il sempre strepitoso Risotto curcuma e alloro, attraverso una imperiosa Lasagna, un Piccione dalla cottura millimetrica, quasi calvinista e spoglio nell’aspetto, ma vibrante di gusto, con il contrasto della salsa al tamarindo. E poi un tripudio con l’Anguilla, il Fegato grasso, la grandiosa Trippa di agnello e così via. Tutto lavorato con cotture, consistenze e temperature perfette, inedite, a tratti spiazzanti. Terminando con un finale di una torta di mele, richiesta a inizio servizio e quindi totalmente improvvisata, da far sobbalzare letteralmente sulla seggiola.

Qui Milano, Lume, la casa di un grande cuoco, che si avvia verso la maturità e la completezza del gusto, il suo, originale e vibrante, come sempre.

La galleria fotografica:

Poche regioni italiane acquistano un fascino pari a quello delle Langhe, nella stagione autunnale. Colori, profumi, sapori, atmosfere: la terra parla ad ognuno dei nostri sensi e se i nostri sensi sono quelli di appassionati gourmet è impossibile restarne indifferenti.
Da Alba ci inerpichiamo verso il vicino borgo di Guarene, imboccando una strada di campagna qualche centinaio di metri prima di arrivare nel nucleo storico. Attorno a noi vigneti, orti e piantagioni di frutta, più in lontananza i colli del Roero parzialmente coperti dalla tipica bruma autunnale, che la sera acquistano un fascino del tutto particolare. Raggiungiamo la nostra meta: un casale recentemente ristrutturato in un elegante resort di charme, con elementi di design ma con un caloroso rispetto del passato, completo di piscina, lounge bar, possibilità di pernottamento in strutture poco distanti e, ultimo ma non certo in importanza, un ristorante dalle alte ambizioni gourmet.

Ai suoi fornelli ormai già da un paio di anni un giovanissimo, Michelangelo Mammoliti, 100% piemontese, compaesano di Matteo Baronetto con alle spalle un curriculum su cui, non c’è da dubitarne, chiunque ambisca a questa professione metterebbe la firma: gli esordi con Marchesi, l’incontro con Stefano Baiocco, gli oltre cinque anni trascorsi in Francia, alle corti di Alain Ducasse, Pierre Gagnaire, Yannick Alléno e Marc Meneau. E poi i viaggi in terre e culture lontane, in Libano, in Giappone, alla costante ricerca di nuove conoscenze e nuove suggestioni. Tutti spunti che ritroveremo nella sua cucina: una base di partenza certamente focalizzata sulla tradizione piemontese a tutto tondo, ma ricca di contaminazioni culturali maturate da esperienze e peregrinazioni. Tanta Francia, certo, nella cura maniacale dei piatti, nella gestione delle salse, nella grande passione per il mondo vegetale, di produzione peraltro tendenzialmente propria, inteso non come mero elemento decorativo bensì come parte attiva della costruzione dei piatti, ma anche l’esotismo, le tecniche di preparazione e le fragranze orientali.

Una cucina che già sorprende, per la profondità degli spunti e della gestione estetica, soprattutto in rapporto alla giovane età dello chef. Una cucina che non è ancora perfetta, d’altronde sarebbe ingiusto e scorretto pretendere che già lo fosse. A una tale raffinata complessità di suggestioni e accostamenti e a una tale sicurezza nel gesto estetico non sempre durante la nostra cena è infatti corrisposta quella chiarezza al palato, quella definizione dei piani gustativi, quella personalità che ci aspettavamo, mentre in alcune proposte è mancata la chiusura perfetta del cerchio.
L’impressione complessiva è che comunque Michelangelo non osi ancora spingersi su terreni particolarmente rischiosi, e non ci sentiamo di biasimarlo o di penalizzarlo per questo, gli obiettivi per il momento sono altri ed è giusto che sia così, coerentemente con la massima che torreggia sopra la cucina: «Lascio agli altri la convinzione di essere i migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare».
Confidiamo comunque che, sempre nel segno di questa filosofia, con il tempo egli possa prendere coraggio e spingere di più sull’acceleratore, conferendo maggior forza propulsiva a spunti ed accostamenti che già ora appaiono intriganti e senz’altro meritevoli di essere ulteriormente approfonditi.
L’impressione, al netto di queste piccole critiche che ci permettiamo di esplicitare, è comunque quella di un giovanissimo talento di cui sentiremo parlare e di cui sicuramente parleremo ancora, seguendolo con costanza: andatelo a conoscere, ne vale davvero la pena.

Due parole su servizio e cantina: il primo, salvo qualche piccola lieve defaillance, si dimostra all’altezza del livello attuale del locale mentre alla seconda, ovviamente indirizzata prevalentemente alla produzione della zona, va un plauso per l’onestà dei ricarichi e la possibilità di accesso a partire da prezzi davvero irrisori.

La via di avvicinamento al ristorante.
La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Visione di insieme.
La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
L’accesso.
La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
La piscina.
La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
L’ingresso.
ingresso, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
La sala di accoglienza, per aperitivi o degustazione di vini.
La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
La selezione di distillati e… di guide gastronomiche.
distillati, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Una delle sale.
sala, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
La mise en place.
mise en place, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Le bollicine d’apertura.
alta langa, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
I primi stuzzichini: “Canapè”.
Tubo croccante con besciamelle di funghi porcini.
Barba Juan di pollo.
Bavarese di Parmigiano Reggiano 36 mesi.
stuzzichini, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Tuile al nero di seppia, tartare di gambero di Mazara del Vallo marinato al pepe di Timut e limone alla marocchina, cromesquis di foie gras.
benvenuto, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Amuse bouche.
“Polenta e baccalà”.
amuse -bouche, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Tipologie di pane, sfoglie al sentore di cappero, burro bianco salato.
pane, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Astrattismo omaggio a Kandinsky”.
Lingua fondente, bagnetto rosso e verde, crema di pane della tradizione fermentato.
La lingua fondente viene accompagnata da una crema al peperone rosso, peperone giallo e bagnetto verde tipicamente piemontese. Nella cocotte crema di pane della tradizione che viene fermentato, accompagnato da una cialda di pane ripresa anche sul piatto.
Più accomodante di quanto la denominazione potrebbe lasciar intendere; un’elegante apertura di suggestione pittorica e decisa preponderanza vegetale, uno dei tratti salienti della cucina di Mammoliti. Piatto di bella freschezza, in cui coerentemente con l’ispirazione e con il gesto estetico non avremmo tuttavia disdegnato una maggiore spinta propulsiva sul fronte gustativo, in particolare nella differenziazione delle varie componenti.
lingua, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Un Arneis delle Langhe.
arnesi, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Perla bianca”.
Noce di capasanta arrostita nella sua conchiglia, con burro di tartufo bianco d’Alba e salsa alla bagna cauda.
La capasanta viene arrostita nella sua conchiglia, glassata nella crema di zucca, e accompagnata da un’emulsione alla bagnacauda.
Variazione della capasanta presente in carta, verosimilmente pensata per l’abbinamento con il tartufo bianco che, però, non si mostra con la personalità per la quale è giustamente apprezzato. L’emulsione alla bagna cauda, per quanto pregevole per finezza ed eleganza se considerata come elemento a sé stante, non possiede il carattere necessario ad impedire da sola il raggiungimento del punto di appagamento ben prima della completa fruizione del piatto. Un peccato, in quanto una più accentuata mineralità avrebbe portato ad esiti ben più apprezzabili. Non fraintendeteci: piatto buono ma da rivalutare in presenza di un tartufo di maggior impatto.
perla bianca, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Sottobosco”.
Mousseline di patate della bisalta affumicate, quinoa cotta in un brodo di sottobosco, lumache in fricassea.
Consistenze, profumi e sapori per un bel piatto di intensa mineralità, accentuata dall’utilizzo del carbone vegetale. Un boccone di terra tipicamente langarola, nel senso positivo del termine. Molto buono.
sottobosco, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Un ulteriore bianco di langa.
vino, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“BBQ”.
Spaghetti “Pastificio dei Campi” cotti al barbeque con un brodo di prosciutto crudo di Cuneo.
La pasta viene mantecata in un burro affumicato nel Weber e accompagnata da un crumble e dall’olio di prosciutto crudo di Cuneo, oltre a una spruzzata di polvere di carbone vegetale.
Nonostante la sua giovinezza, già un signature dish e a ben ragione. Piatto goloso, di piacere primitivo e bella caratterizzazione gustativa. Avendo il tartufo in questo caso un ruolo non essenziale, il suo scarso apporto non condiziona la riuscita del piatto, né in positivo né in negativo, ma non importa: davvero ottimo anche così.
bbq, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Si passa a un rosso.
vino, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Cubix”.
Ravioli ripieni di anguilla arrostita allo yakitori, barbabietole cotte in un dashi di Parmigiano Reggiano, emulsione al rafano.
Una grande protagonista della cucina tradizionale piemontese presentata con affascinanti suggestioni italo-nipponiche. Di grande eleganza l’emulsione al rafano, incisiva e al tempo stesso discreta, più misurato invece l’apporto del Parmigiano Reggiano.
cubix, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Il piatto in arrivo, prima del servizio.
rombo, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Mi sono stufato”.
Rombo stufato in olio di chorizo, condimenti iodati, coriandolo.
Piatto in cui è possibile intravvedere quali potenzialità si celino nello chef quando decide di premere un po’ sull’acceleratore gustativo. Iodio (rombo, riccio di mare, emulsione di cappero), terra (porro di Cervere arrostito), suggestioni orientali (coriandolo), tutto contribuisce a un piatto armonioso ma di carattere. Bravo!
rombo, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Si sale con un Nebbiolo di Alba.
nebbiolo, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Natura”.
Petto di piccione arrostito al Weber, rabarbaro impregnato all’ibisco e jus di mais tostato.
Eccessiva deriva su toni tendenzialmente dolci sul piatto principale di carne, non essendo il rabarbaro né la tostatura del mais sufficienti per offrire un proporzionato contrappunto. Comunque un buon piatto.
piccione, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Infusion”.
Infuso di fiori di ibisco, zenzero e verbene.
Reset del palato all’insegna di una pulente acidità, con simpatica continuità dal piatto precedente (ibisco).
infuso, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Un Moscato Passito per la parte dolce.
passito, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Raggio di sole”.
Bocconcini fondenti al mandarino, mousse al moscato, melone giallo impregnato al mango.
Dolce non particolarmente ambizioso, ma di bella freschezza tenuta viva dalle componenti acide.
raggio di sole, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
A chiudere un Barolo chinato.
barolo chinato, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
“Cardasplash”.
Raviolo idrosolubile, ripieno di pralinato di nocciole Gentile delle Langhe, caffè aromatizzato al cardamomo.
Un ricordo del percorso dello chef in Medio Oriente, in particolare del caffè al cardamomo degustato a Beirut e del Narghilè che usava fumare quando beveva il caffè. Il raviolo va immerso con la pinzetta e degustato il prima possibile.
raviolo, La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte
Una sbirciata in cucina a servizio terminato.
cucina,La Madernassa, Chef Michelangelo Mammoliti, Guarente, Cuneo, Piemonte

Sono trascorsi ormai più di quarant’anni da quando Pino Possoni avviava, sotto un’insegna a dispetto delle apparenze ispirata dalle iniziali delle sorelle, quello che ancora oggi rimane un baluardo della cucina ittica della provincia di Varese. Allora l’alta cucina era soprattutto sostanza, materia, e poco concedeva a quanto oggi viene invece invece considerato acquisito e imprescindibile.

Oggi come allora il Ma.Ri.Na di Olgiate Olona, stabile come una roccia, con lo stesso riscontro di pubblico e la stessa filosofia, viene portato avanti con entusiasmo immutato sempre da Pino, ma anche dal resto della famiglia, non da ultima la nuova generazione.
Stabile come una roccia, in tutto e per tutto. Una volta parcheggiato sulla piazza antistante l’accesso, lo scorcio non è certo di quelli esaltanti: un’anonima palazzina, con un altrettanto anonimo accesso. Insomma non proprio ciò che ti aspetteresti entrando in un ristorante di una certa levatura, stellato da tempo ormai immemore.
In sala le cose un po’ migliorano: un ambiente caldo e piacevole in cui ci si sente subito a casa, senza elementi che possano indurre timori reverenziali, con il solo difetto dei tavoli eccessivamente ravvicinati. Un ambiente d’altri tempi, che ha senz’altro il suo fascino ma cui gioverebbe, a nostro parere, una piccola rinfrescata.

Non è d’altronde, questo, un luogo di funambolismi estetici o gustativi, né di continue propulsioni di rinnovamento, anche sul fronte della cucina. Al lettore più attento sicuramente non sfuggiranno alcune reiterazioni di quanto già assaggiato in occasione della nostra ultima recensione, risalente a ormai più di sei anni fa. Molti non apprezzeranno una certa gestione degli impiattamenti, o alcune proposte dagli stilemi già percorsi in lungo e in largo, e appartenenti a un passato ormai remoto. Quanto tutto ciò possa essere considerato positivo o negativo dipende naturalmente dalla sensibilità di ognuno: la clientela non sembra certo mancare, a dimostrazione del fatto che per molti la certezza sia un fattore importante al momento della scelta di un ristorante.
Gli estimatori del crudo troveranno qui il loro parco divertimenti: materie prime di freschezza eccelsa, ben valorizzate da semplici quanto fini orchestrazioni culinarie sempre condotte nel segno della discrezione e scevre da ambizioni prevaricatrici. Pregevoli ma di livello inferiore i cotti, tendenzialmente orientati verso una linea accomodante e nel segno di una sostanziale rotondità gustativa, in verità a volte perfino eccessiva nel suo utilizzo di materie grasse. Decisamente meno convincente invece, quanto meno in occasione della nostra visita, la proposta di carne, nello specifico selvaggina di piuma.

Servizio che sin dall’inizio stabilisce una linea empatica diretta con il cliente, con modalità oggigiorno invero un po’ inusuali, con il patron che spesso e volentieri prende posto a tavola per suggerire un percorso costruito ad-hoc, con fulminei tempi di adattamento alle singole sensibilità senz’altro frutto della pluriennale esperienza, e con il figlio a gestire una buona cantina, economicamente moderatamente accessibile e con una buona possibilità di servizio al calice, con proposte anche interessanti ed esborsi non eccessivi.

L’esterno.
Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Mise en place.
mis en place, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Alginate Olona, varese
Le bollicine di benvenuto.
bollicine, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
I primi stuzzichini.
Gamberetti siciliani crudi marinati al limone, pepe di Sichuan su crema di pomodori e fragole, olio di oliva.
Una rivisitazione dell’iconico cocktail nel segno dell’equilibrio tra acidità e dolcezza. È la materia prima a farla da padrone, mentre la cucina accompagna con garbo: al cospetto di cotanta freschezza è giusto così.
cocktail di gamberetti, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Le tipologie di pane.
pane, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Capesante crude su crema di robiola e caprino, sale della Camargue, pepe tibetano e olio siciliano.
Nuovamente un buon equilibrio tra materia ittica e il discreto sottofondo. Riuscito l’abbinamento con le suggestioni del formaggio fresco caprino.
capesante, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Un’ulteriore bollicina.
bollicine, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Aragostina cruda già tolta dal guscio, tagliata e ricomposta, emulsione con capperi frullati, pomodorini frullati e aceto balsamico.
Scampi crudi accompagnati da miele di Melatta (non dolce) con aceto balsamico.
Gamberi rossi con testa staccata e tostata, coda cruda, pancetta tostata, crema finocchi.
Assaggi vari da proposte alla carta, nuovamente nel segno della valorizzazione di crostacei crudi di una qualità al di sopra di ogni possibile elogio, mediante eleganti giochi di contrasti dolci-acidi-sapidi. Degna di menzione la differenziazione texturale dei gamberi rossi, con le teste cotte ad apportare una benvenuta croccantezza e una iodicità più accentuata.
gamberi, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Un Sauvignon bianco, di buon corpo e leggera nota amarognola, a ideale contrasto alla grassezza della materia.
sauvignon, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Crostacei crudi su pietra lavica bollente.
Siamo nel segno di un piacevole gioco di contrasti tra il crudo e il leggermente cotto, nuovamente ad esaltazione della qualità della materia prima, ulteriormente arricchito dalla freschezza aromatica apportata dalle erbe poste alla base.
crostacei, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Un nuovo bianco, più adatto ai prossimi piatti.
damijan, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Tagliatelle di seppia con porcini.
La seppia costituisce di fatto la finta pasta del piatto, per un incontro tra terra e mare che nel risultato gustativo vira decisamente sulla terra.
tagliatelle, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Crema di foie gras e scampi.
Un’accoppiata che più classica non si può, ben realizzata.
foie gras, scampi, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Trippa, frullata con fagioli e bocconcini, polpo cucinato allo stesso modo con cipolla e semi di papavero, pomodoro, acciughina e cipollotto. All’esterno ricotta fresca.
Piatto di suadente morbidezza gustativa, da gustare “cucchiaiando” dall’esterno (ricotta) verso l’interno. Nel gioco melodico delle varie componenti è la trippa a chiudere, con una fine sfumatura.
trippa, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Per la portate a base di carne si passa ai rossi.
vino, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Pappardelle alla pernice, foie gras e tartufo.
Piatto gourmand a tutto tondo, di bell’equilibrio ma un po’ deficitario in quanto a sapidità.
pappardelle, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese

vino, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Pernice e fagiano, salsa al Merlot, Shiraz e pepe verde.
Non sempre estetica e gusto corrono di pari passo, tuttavia in questo caso ciò che appare già evidente all’occhio trova conferma al palato: il livello è decisamente inferiore rispetto alla proposta ittica. Piatto goloso ma poco entusiasmante, sia a vedersi che… a mangiarsi.
pernice, fagiano, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Fichi caramellati e gorgonzola.
Un piccolo assaggio di un pregevole Gorgonzola proveniente da un piccolo produttore del novarese.
fichi e gorgonzola
Per la parte dolce, un’originale proposta aromatizzata ottenuta da vino rosso e visciole, ovvero una varietà di amarena selvatica.
vino, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Gelato al fiordilatte, zabaione al moscato, panettone liquido.
Chiusura nel segno della massima golosità. Originale e di bella definizione gustativa il panettone.
gelato, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese
Le ultime golose coccole.
dolce, Ma.Ri.Na, Chef Rita Possoni, Olgiate Olona, Varese

Due anni e mezzo: tanto è trascorso da quando Riccardo e Giancarlo Camanini si sono imbarcati nell’avventura del Lido 84, piccolo gioiello affacciato sul lago di Garda e al quale hanno dedicato, e continuano a farlo, anima e corpo. Siamo tornati a più riprese, a figure alterne e spesso raccontandovene le esperienze, in quanto convinti che, quanto qui sta accadendo, meriti di essere seguito con la costanza che va riservata ai grandissimi, a coloro che non sembrano voler fermarsi mai e puntare sempre oltre.
Umiltà, coraggio, spirito imprenditoriale, tecnica: grazie a questi tratti la cucina di Riccardo Camanini è ormai una solidissima realtà nel panorama gastronomico italiano, e non ci stupisce per nulla che anche ad autunno inoltrato per un posto durante il fine settimana sia necessario muoversi con un mese abbondante di anticipo.

Umiltà nel resistere alle sirene della facile ribalta, e a mantenere i piedi sempre ben saldi per terra. Coraggio nell’imbarcarsi in un’avventura, i cui esiti non sempre sono così scontati, con le sole proprie forze.
Spirito imprenditoriale che si tramuta in una gestione oculata e originale, che vede ogni membro della brigata attivo sui più fronti caratterizzanti l’attività, quindi culinari ma non solo. Spirito imprenditoriale che si tramuta in una mai sopita voglia di rinnovamento, di arricchimento del locale tramite continui investimenti, sempre prudenti e calibrati, senza inutile fretta. Ma anche nella politica dei prezzi, rimasta immutata malgrado i sempre più crescenti successi potrebbero lasciare spazio ad ambizioni economiche ben maggiori.
Necessità? Può darsi, ma è indubbia l’esigenza di calamitare l’attenzione di un bacino di utenza che, soprattutto durante i giorni feriali e al di fuori della stagione estiva, risulta decimato.
Ma anche, e soprattutto, coerenza.

E poi, soprattutto, c’è la tecnica. Non quella di laboratorio, ma quella più autenticamente artigianale, fatta di pentole, forni e griglie, e soprattutto di una conoscenza profondissima della materia in tutte le sue sfaccettature, coerentemente con la lezione marchesiana, quella che senz’altro maggiormente ha lasciato l’impronta e della quale Riccardo Camanini è oggi uno dei più profondi e autorevoli prosecutori. Una cucina con continui rimandi alla grande tradizione, sublimati tuttavia sempre in chiave personalissima e di grande modernità. Una cucina che rifugge dai barocchismi ancora riscontrabili in tavole volte a una museale classicità, per indirizzarsi verso un’estrema chiarezza estetica e gustativa, nei quali i ricordi costituiscono un spunto per una riflessione e non per una statica adorazione.
Una cucina che si traduce in un percorso di rara intelligenza nel suo susseguirsi di proiezioni verso il futuro e ricordi del passato. Ricordi del passato che si traducono anche nella rivalutazione di alcuni stilemi che -fortunatamente- stanno lentamente riprendendo piede. Primo tra tutti il ruolo del servizio in sala: numerosi sono infatti gli impiattamenti al tavolo, un ritorno gradito nel segno di una maggior interattività nei confronti del cliente. Ma anche un recupero di gestualità quasi dimenticate, testimoni di tempi meno frenetici nei quali il servizio era parte integrante della cerimonia del pasto: spicca in sala, sopra il pianoforte, un torchio di recente acquisizione, proveniente da un prestigioso albergo veneziano e completamente restaurato, per il momento utilizzato per la sola preparazione dell’astice ma per il quale, complice la stagione venatoria, già si intravvedono nuovi interessanti utilizzi.

Costanti le uscite, alternate al personale di servizio, dei giovani membri della brigata, a servire e presentare i piatti, nel segno dell’apertura di una cucina che vuole spingersi oltre il tradizionale concetto di “cucina a vista”, sorta di vetrina da ammirare ma non toccare. Al contrario, qui con essa si stabilisce un’empatia, si dialoga, si scambiano opinioni, si viene resi partecipi di storie, emozioni, sogni.
Le gestione dei tempi risulta pressoché immune da critiche, la cantina è in costante, graduale crescita e, seppure ci siano ancora importanti margini di miglioramento, con le oltre 200 etichette oggi presenti in carta è possibile bere bene e a ricarichi coerenti con l’encomiabile livello dei prezzi del locale, che non possiamo esimerci dal sottolineare un’ultima volta.

Il dehors.
dehors, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
L’interno.
interno, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera,brescia
La mise en place.
mise en place, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Bollicine per iniziare.
camosci, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Cialde di parmigiano e riso al nero di seppia, cavolo.
Cialde, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Il pane ai grani antichi siciliani e lievito madre.
pane, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Un Riesling per l’apertura.
riesling, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Il benvenuto della cucina.
Mandorla e gin.
Uno “shottino” semisolido a reset del palato.
benvenuto, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Apertura del percorso.
Ostrica Fine de Claire dalla Normandia Medaille d’Or, frullato di sedano, limone, anesone (liquore a base di anice e finocchio prodotto dalla Tassoni).
Iodio, mineralità, acidità, aromaticità, il tutto in un equilibrio da manuale, e un encomiabile sviluppo sia armonico che melodico.
ostrica, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Gambero rosso siciliano, olio di semi di fragola, campari e melino.
Materia prima inappuntabile, esaltata in un modo assolutamente inconsueto dalla spiccata aromaticità fruttata di questo particolarissimo olio. Particolarissimo e anche preziosissimo, basti dire che per produrne un litro sono necessari 40kg di fragole, e il suo costo si aggira attorno ai 420euro al litro. Piatto geniale nella sua capacità di coniugare chiarezza cristallina e originalità. Si racconta che tale Massimo Bottura ne sia rimasto talmente colpito dal richiederne un bis…
Gambero rosso, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Persico, porcini e alloro.
Passaggio all’insegna di un prodotto ittico locale, per un piatto delicato, elegante, inaspettatamente “carnoso” e caratterizzato da un’apprezzabile differenziazione texturale. Predominano sia all’olfatto sia al palato i componenti di terra.
persico, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Un vino biodinamico con sentori pannosi e di aromaticità boschive ad ideale complemento di quanto seguirà.
vino, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Spaghettino curcuma e mandarino verde dell’orto.
Sempre in movimento gli studi di Riccardo sulla pasta secca, uno dei suoi tradizionali cavalli di battaglia, che ama servire rigorosamente in preparazioni in bianco per non svilirne la purezza. Immancabile lo spaghetto, questa volta declinato all’insegna di suggestioni orientaleggianti. Note amaricanti perfettamente veicolate dall’amido dello spaghetto.
spacchettino, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
L’astice rosso-verde del nord della Scozia che ci sarà servito più tardi.
Mentre il corpo sarà semplicemente cotto al vapore, la testa sarà sottoposta a pressatura nel torchio onde estrarne i succhi per la preparazione della salsa.
astice, scozia, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
torchio, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
La Mano di Buddha che incontreremo nel risotto in arrivo.
Di origine orientale, questa varietà di cedro si caratterizza per essere composta quasi totalmente da buccia, con pochissima polpa e spesso totale assenza di succo. Di grande potenza sia olfattiva che gustativa, di molte volte superiore al limone, sarà grattata sul risotto a guisa di tartufo.
mano di buddha, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Riso mantecato ai porcini e Mano di Buddha.
L’invito è quello di fruire delle sensazioni olfattive prima e dopo la “grattata”. Data la sua prorompenza, la Mano di Buddha va dosata con estrema parsimonia: ne basta davvero pochissima per segnare l’equilibrio del piatto, infatti in questo caso forse un filo eccessivamente virato sull’agrume a dispetto del fungo, cosa che non ha minimamente scalfito la godibilità dell’assieme ma ha calato un sottile velo sull’estrema chiarezza di tutti i piani gustativi usualmente propria di questa cucina.
riso, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
La testa e il carapace dell’astice, pronto per la spremitura.
astice, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
torchio, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia

Il risultato, concentratissimo.
spremitura, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Un Greco di Tufo ad accompagnare i prossimi piatti.
greco di tufo, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Astice, salsa alle spezie, cipolla di tropea marinata, acetosella.
Una salsa tirata alla perfezione grazie anche all’aggiunta di un miele prodotto in zona, contraddistinto da ricche note aromatiche e una dolcezza non troppo spinta. I succhi del crostaceo ricavati dalla torchiatura conferiscono ad essa ulteriore complessità, con un apporto di note iodate e amarognole che chiudono un cerchio praticamente perfetto. Un crostaceo di freschezza inappuntabile. Piatto elegantissimo, di equilibrio pressoché perfetto.
astice, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Bavetta di manzo.
Si tratta della parte dell’animale che racchiude le interiora, caratterizzata da una consistenza che induce volutamente a una masticazione prolungata a piena fruizione della sontuosità gustativa del piatto. Viene preparata con vino rosso, sangue di rilascio, grasso d’anatra, lardo di maiale, e buccie di Nebbiolo fermentate nel pestone. Sapori e fragranze sono quelli della memoria della grande tradizione, con i profumi della carne cotta nel vino rosso come nei grandi brasati e bolliti piemontesi. Classicità unita a modernità. Goduriosità allo stato puro.
bavetta di manzo, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Un importante rosso per continuare.
rosso, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Cacio e pepe in vescica.
Piatto spettacolarmente coreografico nel quale l’ispirazione transalpina si sposa con la mai sopita passione di Riccardo per il mondo della pasta secca. Tutti gli ingredienti, quindi rigatoni, acqua bollente, pecorino romano, olio, sale e pepe vengono inseriti a crudo nella vescica di maiale, e per oltre mezz’ora il tutto viene scosso a intervalli di 2-3 minuti per favorire la mantecatura. Frutto di una ricerca certosina e logorante al fine di un raggiungimento di un perfetto equilibrio tra gusto, consistenza e leggibilità dei piani gustativi, il risultato è un cacio e pepe di mantecatura perfetta e di grandissimo corpo e potenza, quasi a ricordate l’iconica pajata. Non si può prescindere dal bis!
cacio e pepe in vescica, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia

cacio e pepe in vescica, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Un bianco particolare, prodotto con uvaggi grillo e verdejo
badalucLido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Bresciaco,
Brodo di pesce azzurro.
Una prorompente boccata di iodio per resettare il palato.
brodo, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Rognoncini di coniglio, macedonia di frutta candita, cozze Niedditas.
Estrapolato dalla carta quale antipasto, un piatto che si presta benissimo anche ad apparizioni più tardive. All’olfatto note inconfondibilmente riconducibili a un panettone, al palato una ben più profonda complessità. Pur nella sostanziale tendenza d’assieme verso note dolci, affiorano note ferrose, iodate, sapide in un turbinio di effimere suggestioni. Menzione d’onore per un fondo denso di coniglio d’antologia, di grande corpo ma nel contempo di poetica leggerezza. Da applauso.
rognoncini di coniglio, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Sottobosco.
Fungo trombetta, marsala invecchiato, cacao amaro, fondo di faraona, collagene e melograno del giardino.
Primo di 2 cosiddetti “piatti di trascinamento” verso la parte dolce, all’insegna di una sorta di anteprima della stagione della selvaggina, che partirà alla riapertura del ristorante dopo la pausa autunnale. Sapori molto carichi, volutamente solo parzialmente contenuti dall’acidità del melograno ma in misura preponderante veicolati e stemperati dalla succulenza indotta dall’apporto di collagene. Ai funghi un ruolo texturale usualmente appannaggio della carne. Goduriosità assoluta.
sottobosco, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Un Vermouth di grande intensità, coerentemente con il piatto in arrivo.
vermouth, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Brasato di frutta e verdura in salsa diavola.
Protagonista è un dattero cotto con vino rosso, quindi un elemento che alla potenza e alla masticazione proprie di un grande brasato sposa la dolcezza e la morbidezza della frutta. La salsa diavola è ottenuta da un fondo di vitello e collagene, aceto e un apporto importante di pepe. Ad accompagnare, cavolo cappuccio marinato nell’aceto di Gropello e salvia.
Di nuovo un omaggio alla grande tradizione piemontese, per un ulteriore sontuoso passaggio di gran golosità.
brasato, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Gelato al latte di montagna.
Passaggio ormai celeberrimo e a cui non si può rinunciare. Il latte alla sua base proviene da mucche di razza Jersey di proprietà di una signora quasi novantenne e si caratterizza per il suo carattere deciso e mutevole a seconda delle stagioni.
Un gelato non dolce che, in virtù degli accenni erbaceo-aciduli propri del latte di questa razza bovina si trova quasi ad assumere il ruolo del tradizionale passaggio caseario (infatti non proposto). Commovente, da bis.
gelato, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Si prosegue con un Barolo chinato.
barolo chinato, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Cuore di alce affumicato, il protagonista del prossimo piatto.
cuore di alce, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Cuore di alce affumicato e marinato, caramello al whisky Lagavulin 16 anni Single Malt torbato, cremoso al cioccolato fondente 85%.
Uno sguardo a nord, nello specifico alla Svezia e all’amico/collega Magnus Nilsson. Il cuore di alce affumicato, peraltro di assai largo consumo nelle terre nordiche, si caratterizza per un impatto olfattivo e gustativo di grande potenza, con note ferrose e fumose immediatamente individuabili, che trovano nelle suggestioni torbate del Lagavulin e nella prorompenza aromatica del fondente il loro ideale contrappunto. Il risultato è ancora una volta di un equilibrio che al profano la nomenclatura del piatto non lascerebbe certamente intendere. Provare per credere!
cuore di alce, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Castagne: a questo punto una basta e avanza!
castagne, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
La tradizionale parata finale di piccole sfiziosità, si inizia con il tottore bianco.
Viene prodotto con cioccolato bianco, frutta secca, frutta candita e miele. La scelta inusuale del cioccolato bianco è giustificata dalla volontà di raggiungere un esito gustativo e soprattutto strutturale ben definito. Dolcezza e voluttuosa morbidezza.
torrone, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Torrone,Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Tartufo nero.
Cioccolato fondente 85%, anesone.
Un intermezzo maggiormente direzionato verso note aromatico-amaricanti, con un sottile rimando al passaggio dell’ostrica a inizio serata.
tartufo, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
tartufo, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Si ritorna infine su note nuovamente dolci, con una caramella mou fatta al momento, da mangiare con le mani.
Un tuffo nei ricordi del dopoguerra, nel segno di memorie e fragranze oggi andate un po’ perse e per questo da rivalorizzare.
caramella mou, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia

Tutto si può dire, meno che a Milano sia mancato il fermento negli ultimi anni nel campo dell’alta gastronomia.

Qualche partenza e qualche separazione, certo, ma anche tanti stimolanti nuovi arrivi e l’inizio di nuove avventure, sull’onda della voglia di mettersi in discussione ripartendo con le proprie sole forze, dopo i giusti anni di gavetta e dei compromessi che essa sempre implica.

Ai cavalli di razza tali compromessi, si sa, a un certo punto possono cominciare a stare stretti, e che Luigi Taglienti fosse un cavallo di razza ci era già apparso chiaro sin dai tempi del Trussardi alla Scala. Dopo la breve parentesi a Palazzo Parigi, mesi di voci che lo volevano in procinto di ripartire, stavolta in un abito fatto completamente su misura.
Dallo scorso giugno, queste voci diventano realtà. Siamo in zona Naviglio Grande, fuori dal cuore della città quasi a ricercare un angolo di tranquillità, ma anche un ampliamento dei confini consueti e una rivalutazione di luoghi poco percorsi, secondo una tendenza che sembra farsi sempre più largo. Probabilmente la prima volta che arriverete qui vi chiederete se il navigatore vi ha indirizzato correttamente, tanta è l’inconsueta discrezione del luogo. La location, peraltro leggermente nascosta, è la vecchia fabbrica Richard Ginori, tirata a lucido e trasformata per mezzo di un imponente lavoro di ammodernamento in un complesso polifunzionale con appartamenti, uffici e spazi multifunzionali modulari all’ultimo grido in fatto di design e modernità.
Una volta varcata la soglia, un ambiente luminoso, moderno, essenziale, calibrato in tutto e per tutto alle esigenze dello chef, a partire dalle scelte cromatiche fino all’altezza dei piani di cottura.

Luminosità, modernità, essenzialità: gli stessi tratti che, coerentemente, ritroveremo anche nella cucina. La Grande Cucina italiana, i luoghi della vita trascorsa e presente: quindi la Liguria, il Piemonte, la Lombardia, Milano, ma anche la grande cultura classica francese e le tecniche di preparazione più avanzate.
Da tutto questo Taglienti sintetizza il suo stile fortemente personale, di estrema essenzialità estetica e gustativa, di cristallina chiarezza nel segno di un rispetto estremo per la materia prima. Sbalorditivo come anche nelle costruzioni più complesse ogni elemento risulti perfettamente delineato e presentato in quanto tale, senza compiacenti tentativi di amplificazione o riduzione, nel segno di una schiettezza espositiva esemplare. Schiettezza che certo a volte potrebbe anche spiazzare, nella sua -seppur sempre finemente dosata- sfrontatezza: è il caso, per citarne uno, del piccione e rosmarino, dove la nobile materia, cotta solo pochi istanti, cede il ruolo di protagonista a una salsa di potenza e persistenza estreme. Un piatto austero, materico, di impatto immediato ma non facile: tuttavia se lo si guarda come tappa di un percorso -non a caso è un piatto che non si trova in carta- ecco che il tutto assume un significato più chiaro, che merita ammirazione per coerenza e coraggio. Oggi più che mai, la cucina di Taglienti si conferma una delle grandi realtà della nuova scuola gastronomica italiana, e il passo ormai è prossimo per le soglie del Paradiso e dei riconoscimenti su più larga scala.
Servizio dinamico e professionale, visibilmente entusiasta di far parte di questa nuova avventura, gestione dei tempi inappuntabile e cantina di buona profondità.

Abbiamo optato per il percorso di degustazione più complesso, quello che ci sentiamo di consigliare per conoscere al meglio la filosofia dello chef, al quale abbiamo aggiunto i quattro secondi di cacciagione proposti in carta, oltre al dolce finale. Oltre alla carta è disponibile anche un secondo percorso di degustazione, di linea più accomodante ma non per questo non originale, dedicato alla rivisitazione in chiave moderna della cucina tradizionale milanese, di livello indubbio ma tuttavia, a nostro giudizio, lievemente inferiore alla proposta più d’avanguardia.

L’esterno.
lume, chef luigi taglienti, milano
La sala principale, con la cucina a vista.
sala, lume, chef luigi taglienti, milano
Uno scorcio verso l’altra sala.
sala, lume, chef luigi taglienti, milano
Una breve visita in cucina.
cucina, lume, chef luigi taglienti, milano
Il nostro tavolo.
tavolo, lume, chef luigi taglienti, milano
L’aperitivo: un Kyr Royal.
Kyr royal,lume, chef luigi taglienti, milano
Mise en place e aperitivo finito.
mise en place, lume, chef luigi taglienti, milano
I primi benvenuti della cucina.
Potage di verdure di stagione, ottenuto tramite una crioestrazione, servito in foglie di cavoletti di Bruxelles.
Sfoglia di lievito madre.
Tartelletta tipica ligure (frolla) con all’interno un ragù di selvaggina (capriolo e piccione).
benvenuto dalla cucina, lume, chef luigi taglienti, milano
Un ulteriore stuzzichino.
Sfoglia di riso e ceci con castagne, carne cruda, gamberi bianchi appena scottati, crema di nocciole, zucca, mostarda e rum.
L’usuale “cocktail solido” arriva questa volta in forma di un omaggio dello chef alle sue origini. Complesso ma al tempo stesso leggibilissimo, in ogni sua sfaccettatura.
stuzzichino, lume, chef luigi taglienti, milano
Apertura del percorso: “Acqua, olio, limone e liquirizia”.
Olio abbattuto a -40° che si presenta in forma solida in sospensione sull’acqua, arricchita con liquirizia e limone
Apertura di rito per il percorso creativo di Taglienti, costantemente ricalibrata secondo le esigenze di percorso e stagionalità. Una vera e propria formattazione del palato, questa volta con una coda aromatica particolarmente prolungata.
acqua, olio, limone, liquirizia, lume, chef luigi taglienti, milano
Due tipologie di pane (leggermente affumicati), focaccia e sfoglia alle erbe.
pane, lume, chef luigi taglienti, milano
Il primo accompagnamento al calice. Un bianco della Borgogna del nord leggero, minerale, fresco.
vino, borgognam lume, chef luigi taglienti, milano
“Bianco e nero di seppia”.
Alla base una concentrazione citrica (riduzione di agrumi), panna cotta ai ricci di mare, le due sfoglie della seppia bianca e nera trattate come se fossero sfoglie di pasta, spaghetto soffiato, lacrima di olio al peperoncino.
Un ulteriore signature dish, da tempo tappa imprescindibile del percorso di degustazione. A dispetto di quanto ci si potrebbe aspettare, piatto caratterizzato da consistenze accomodanti ed un elegantissimo equilibrio, che tuttavia offre già un’indicazione ben chiara della filosofia culinaria di Taglienti: tutte le componenti, pur senza ambizioni prevaricatrici, sono individuabili con una chiarezza cristallina.
bianco e nero di seppia, lume, chef luigi taglienti, milano
“Mandorla e dragoncello”.
Alla base emulsione di acqua di mandorla, erba di dragoncello al naturale.
Piatto di grande equilibrio e ancora una volta di chiarissima definizione dei suoi piani gustativi.
mandorla al dragoncello, lume, chef luigi taglienti, milano
Il secondo vino.
fiano, vino, lume, chef luigi taglienti, milano
“Ostrica e nocciola”.
Crema di nocciole con ostriche fresche.
Tanto semplice concettualmente quanto complesso nell’esito: la nocciola argina la sfrontatezza iodica dell’ostrica, amplificandone tuttavia nel contempo lo sviluppo che permane, permane, permane…
ostrica e nocciola, lume, chef luigi taglienti, milano
“Anguilla e cima di rapa”.
Anguilla pulita e scottata con salamandra accompagnata con una spremuta di cime di rapa.
Il primo dei piatti nei quali assisteremo a un vero e proprio capovolgimento del ruolo della salsa nella costruzione del piatto. L’anguilla costituisce elemento veicolante alle prevaricanti note amarognolo-piccanti della parte vegetale.
anguilla e cima di rapa, lume, chef luigi taglienti, milano
“Astice blu e potage di lumache bianche”.
Il potage a base di lumache, polpa di tamarindo, basilico e arancio.
Di grande potenza la base di terra, bilanciata e veicolata dalla carnosa dolcezza del crostaceo.
astice blu, lume, chef luigi taglienti, milano
“Funghi e Royale di fegato di vitello”.
Lo sguardo è rivolto alla grande tradizione francese, per un piatto di natura spiccatamente gourmand.
funghi, royale, lume, chef luigi taglienti, milano
Il vino abbinato.
vino, lume, chef luigi taglienti, milano
“Pummarola e mezzanella”.
Pomodoro proveniente dal ceppo originario San Marzano, pelato e scottato, servito con un mezzanello, un po’ di basilico e limone.
Siamo in questo caso al servizio dell’esaltazione della qualità delle materie prime, senza inutili orpelli.
pummarola e mezzanella, lume, chef luigi taglienti, milano
“Pernice rossa al vapore, verza brasata e salsa al fegato grasso”.
Il primo dei fuori programma dedicati alla cacciagione. Le basi sono quelle della grande tradizione classica, trasposte ai giorni nostri coerentemente con la filosofia di estrema chiarezza della cucina.
pernice, lume, chef luigi taglienti, milano
Si sale con un rosso più strutturato.
mimmo, le piane, lume, chef luigi taglienti, milano
“Germano reale arrosto con pappardelle al tartufo nero”.
Anche in questo caso un approccio materico, di estremo rispetto per una grande materia prima presentata senza superflui barocchismi.
germano, lume, chef luigi taglienti, milano
“Piccione e rosmarino”.
La salsa è ottenuta tramite microfermentazione e successivamente evaporizzazione. Il filetto del piccione viene servito crudo, il petto à la coque.
Un ponte tra la parte salata e la parte dolce del percorso ufficiale, nel segno di un’inversione del tradizionale rapporto dei ruoli materia-salsa.
piccione, lume, chef luigi taglienti, milano
“Filetto di sella di capriolo cotto al fuoco della brace, melograno al cassis, sedano di Verona e salsa poivrade”.
Ritorniamo alla cacciagione per il terzo piatto extra. Di nuovo è la salsa ad assumere un ruolo trainante in un piatto in cui la grande tradizione classica costituisce un punto di partenza e non di arrivo.
filetto, capriolo, lume, chef luigi taglienti, milano
“Lepre reale”.
La lepre viene farcita con foie gras, tartufo, rognone e nappata con la sua salsa di cottura legata fuori fuoco; servita con patate noisette e uno spinacino di fiume.
Una chiusura della parte salata nel segno di un’icona della cucina borghese transalpina, presentata in chiave moderna. Sontuosità ai massimi livelli.
lepre, lume, chef luigi taglienti, milano
Il vino.
vino, lume, chef luigi taglienti, milano
“Sanguinaccio di pesce”.
Le carcasse di pesce azzurro vengono lasciate ossigenare fino a rilasciare la loro parte sanguinolenta, in seguito abbattuta, frullata e condita con brandy e rum, crema pasticcera, salsa di cioccolato, agrumi (limoni, chinotto e arancio) e pinoli.
Piatto di grande complessità, frutto di uno studio certosino, per delle sensazioni gustative di grande nitidezza e mutevolezza, con una coda caratterizzata dall’estrema persistenza di toni iodati e ferrosi. Un “dolce non dolce” che per impatto spiazzante riteniamo abbia davvero poco da invidiare al leggendario Camouflage botturiano.
sanguinaccio, pesce, lume, chef luigi taglienti, milano
“Cipolla e oro”.
Quarto di cipolla glassato con frutto della passione, ricoperto con foglia d’oro.
Un reset del palato nel segno di un’acidità molto spinta, con un’estetica che vuole essere un omaggio al soffritto all’italiana in una fase di percorso per esso certo non usuale.
cipolla e oro, lume, chef luigi taglienti, milano
“Latte di scampi con crème caramel all’aneto”.
Di tono specularmente opposto la chiusura, di stampo accomodante ma nella quale c’è ancora spazio per un ultimo finissimo momento spiazzante: il crostaceo non capovolge la direzione del piatto ma, oltre a costituire una piacevole variazione texturale, ne preclude la deriva stucchevole in un modo del tutto inaspettato.
scampi, creme caramel, lume, chef luigi taglienti, milano
“Minestrone di cachi e verdure”.
Verdure di stagione, gelato al latte condensato, quenelle di cachi.
Meno totalizzante di quanto lo ha preceduto, certo non per demeriti propri!
cachi, verdure, lume, chef luigi taglienti, milano
La piccola pasticceria.
piccola pasticceria, lume, chef luigi taglienti, milano
Chiusura in compagnia di una vecchia amica…
vino, lume, chef luigi taglienti, milano
vino, lume, chef luigi taglienti, milano