Passione Gourmet Febbraio 2017 - Passione Gourmet

Hedone

2727Da avvocato, a foodblogger, a cuoco/ristoratore.
È la normalissima evoluzione del percorso professionale che una persona comune può intraprendere nella corso della sua vita: sì, quando la passione arde sino nelle viscere, questa inversione ad “u” potrebbe essere un plausibile punto d’arrivo, o meglio di partenza, per molti.
Mikael Jonsson ha spostato il suo centro di interessi dalla scrivania di uno studio legale al pass di una affollata cucina in una zona suburbana di Londra. Come? Semplice, inseguendo un sogno che nasce da una passione, anzi due: la cucina e il cibo. Di qualità, ovviamente.

Hedone oggi è considerato da molti (ad eccezione della Michelin) il miglior ristorante della capitale inglese. Diciamo che, geograficamente parlando, ha tanto da invidiare ad altri ristoranti situati in quartieri centrali della città, ma quello di Chiswick -a circa quaranta minuti di taxi da Soho- è un ristorante su misura voluto e cercato dallo chef svedese nell’intento di regalare ai suoi ospiti le medesime soddisfazioni che, da cliente, l’ex avvocato provava in altre grandi tavole.
Meticoloso, apparentemente burbero ed esigentissimo; si mostra così al pass Jonsson quando chiede ai commis di cucinare nuovamente, e meglio, un’animella di vitello o di velocizzare la pulizia di una capasanta. La linea di cucina viene preparata solo parzialmente, si puliscono al momento cibi come astici e granchi vivi, capesante ancora in conchiglie chiuse, si tagliano verdure nel momento in cui si servono e tanto altro. Può apparire caotico, ma tutto è sempre sotto il controllo e l’occhio vigile dello chef, che assembla tutte le composizioni che raggiungono i tavoli dei commensali.

Da Hedone non sorprendono particolari tecniche innovative, ma tutt’al più la qualità della materia prima (arriva il meglio da tutto il mondo) da cui Jonsson è letteralmente ossessionato, la personalità negli abbinamenti e la maniacalità delle temperature: per quasi ogni portata viene spiegato il perché di quella temperatura in particolare. Certamente in un ristorante di questo livello, entrato da poco nella famosa classifica dei “50 best”, ci aspettiamo che tutti i dettagli siano realmente curati. E invece si inciampa sul più bello in cotture “azzardate” e discutibili, come quella di un petto di una beccaccia servito praticamente crudo, alla Redzepi (si spera soltanto sia una scelta, e non un grossolano errore); per non parlare dei tempi di servizio, non sempre costanti e coerenti tra una portata e l’altra.

Poi c’è l’annosa questione della carta. Da Hedone non c’è un menu fisso. A dire il vero non c’è neanche un menu scritto. Su questo versante può sembrare ragionevole una tale scelta quando sul menu -dove sono indicati solo i prezzi dei due percorsi di degustazione- si legge che “i prodotti utilizzati possono variare giornalmente”, che “viene fatto un grande sforzo nel reperire ingredienti unici e per utilizzare gli stessi in modo tale che il risultato del piatto sia l’unica espressione del prodotto medesimo”, che “gli ingredienti di elevata qualità sono reperibili in quantità molto ridotte e, per tale ragione, anche nello stesso servizio, i menù possono variare da commensale a commensale” e che “questa è la ragione per cui non c’è un menù scritto”.
Infine, c’è da segnalare che, a differenza di qualche anno fa, è stato eliminato il conveniente business lunch ed i prezzi sono stati ritoccati verso l’alto, restando comunque un soddisfacente compromesso per Londra (per tredici portate, con opulenta materia prima, si spendono sui 150 euro).
Si beve anche bene, ad un prezzo competitivo (ma comunque visibilmente ricaricato) per Londra.

C’è comunque tanto da apprezzare, tra cui alcuni lampi di grande cucina connaturata da molte influenze -dalla Francia al Giappone, dall’Italia alla Spagna e via dicendo- frutto di indubbia passione, l’anima vera di questo ristorante che è una delle poche tavole che spiccano per personalità e innovazione nel poliedrico e multietnico panorama londinese.

Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson

Il segnaposto. Da non perdere l’esperienza “on the counter” per apprezzare la brigata di cucina.
Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Gli amuse bouche: rivisitazione del vitello tonnato.

amuse bouche, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson

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Patè di oca, prosciutto San Daniele e peperone.
patte, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
L’eccellente Fish and chips (allo Chardonnay)…
fish and chips, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
…con crema e sottaceti.
crema, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
La meravigliosa ostrica tiepida cotta al naturale, con mela verde, gelatina di oxalys e foglia d’ostrica.
ostrica, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Molto particolare la tartare di manzo, midollo, gelato di patata e caviale oscietra. Un piatto giocato sulle note grasse, un azzardo ma ben bilanciato. Particolare la scelta di utilizzare la patata in versione “gelata”, senza utilizzo di grassi animali in mantecatura.
tartare, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Arriva lo splendido burro francese.
burro, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
E il famoso pane di Jonsson. Molto buono.
pane, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Ecco uno dei cuochi alle prese con l’estrapolazione di una chela dal carapace di un eccezionale granchio.
brigata, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Ed ecco il prodotto finito: chele di granchio tiepide, consommé di granchio blu, olio al rafano e prezzemolo, aneto e maionese alla nocciola. Un piatto eccezionale ed elegantissimo. La temperatura tiepida, a detta dello chef, è quella che estrae il meglio dal carapace.
granchio, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
C’è una imprescindibile materia prima nella capasanta appena flambata, salsa ponzu e shiso.
capasanta, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Arrivano i piatti sostanziosi: si comincia con un grandissimo rombo chiodato, cavolfiore, lemongrass e aria di cocco. Tra Francia e Asia.
rombo, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Poi è la volta della pancia di maiale croccante, marmellata di albicocca e melanzana al miso. Secondo miglior piatto del pranzo (tra l’altro un piatto in sostituzione dell’animella per un commensale).
pancia di maiale, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Animella di vitello, radicchi e salsa all’arancia e umami, comunque eccezionale, sia in termini di cottura sia di abbinamenti.
animella, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Foie alla brace, castagne al miso e confettura di prugne. Altro grande piatto di notevole finezza. Cottura del foie perfetta.
foie, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Poi c’è spazio anche per il piatto con tartufo nero pregiato (dalla Francia), a 25 sterline in più. Uovo cotto lentamente, quasi solido, tartufo provenzale e patate. Banale? Forse, ma di rara golosità.
tartufo, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Per finire con il piatto della discordia: beccaccia, petto coscia e testa, barbabietole e frutti rossi. Mentre la coscia è perfettamente cucinata, il petto desta qualche perplessità a causa della cottura “non cottura”, dal sapore molto selvatico.
beccaccia, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Con testa e becco a latere (anche in questo caso, abbastanza hardcore).
beccaccia, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Il petto…. e il liquido rosso no, non è barbabietola.
beccaccia, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Si attiva la bravissima pasticcera francese.
dessert, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Molto buona la cialda allo zafferano, meringa, crema e sorbetto all’arancia sanguinella e pompelmo.
dessert, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Buono anche il secondo dessert: spuma di cioccolato, yuzu e gelato al latte.
dessert, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Notevolissimi petit fours.
petit fours, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
La sala.
sala, Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson
Il pass.
Hedone, Londra, Chef Mikael Jonsson

La spavalderia è una forma di sicurezza nei propri mezzi che spinge un soggetto a compiere un atto decisamente audace.
Difficile etichettare questo modus operandi in termini positivi o negativi. Di certo, per essere spavaldi, occorre avere coraggio, sicurezza ed un pizzico di incoscienza.

Poco lontano da Torino, a Chieri per la precisione, comune famoso per i suoi grissini, da qualche tempo officia un ragazzo nemmeno trentenne, che dopo essere passato per il Noma di René Redzepi e per Del Cambio di Matteo Baronetto, ha deciso di affiancare la madre nella cucina del ristorante Geranio.
In una strada poco trafficata, in posizione dimessa, un albergo accoglie gli ospiti di passaggio, offrendo loro, all’interno della sala da pranzo allestita con tutti i crismi che gli anni ’70 imposero, una sana e solida cucina piemontese. Agnolotti del plin al sugo d’arrosto, bagna cauda, vitello tonnato e bolliti misti. Certo, questo durante il pranzo, ma al calar del sole in cucina il timone passa nelle mani di Christian, che manda in scena la sua personalissima concezione del territorio.

Senza guardare in faccia nessuno, lo chef di punto in bianco ha deciso di intraprendere una nuova rotta gastronomica, in grado di svegliare dal torpore Chieri. Nessun restyling, nessun ammodernamento delle stoviglie e delle ceramiche. Si fa con quel che si ha, si suol dire, e questo Christian con mirabile dedizione ha iniziato a fare. In scena, adagiati su piatti creati e sfruttati in origine per accogliere gli ammennicoli del bollito con i loro bagnetti, preparazioni di chiaro stampo nordico che, con un tatto a volte nemmeno troppo delicato, strizzano l’occhio alla reinterpretazione delle ricette piemontesi. Una cucina che si evolve con vigore e che trova nei suoi passaggi lo spunto per esprimersi passo dopo passo, senza cercare uno sviluppo coerente ma al contrario volendo raccontare diverse idee e differenti visioni attraverso la circolarità delle ricette. Circolarità intesa come sviluppo della concezione del piatto, che spesso riesce nell’intento di veicolare il gusto attraverso contrappunti studiati e di far terminare la “corsa palatale” nell’esatto punto in cui la suggestione scaturita al primo boccone aveva indirizzato l’immaginazione.

Cuore di lattuga, senape e pane sabbiato è la sintesi della vita della lattuga, che cresce a contatto con la terra, si concede con retrogusti quasi golosi tramite la sua succosità quando colta nel pieno della sua maturazione, per poi piano piano ossidarsi se non consumata a tempo debito. O come il cipollotto ripieno di prosciutto crudo, con salsa di rapa rossa al barbecue, che dona vitalità, attraverso la grassezza del prosciutto e l’avvolgenza terrosa della salsa, ad un cipollotto apparentemente privo di sensi a causa di un impiattamento dai tratti pulp.
Il dinamismo cerebrale di Christian Mandura lo spinge a stravolgere il menù con intervalli di tempo strettissimi, il che spesso dà vita a intuizioni brillanti, altre invece a scivoloni evitabili. Durante la nostra visita abbiamo assaggiato piatti tecnicamente ineccepibili e molto ben calibrati, seguiti da altri -come nel caso della guancetta di manzo- francamente irriconoscibili se messi a confronto.
Christian Mandura è un giovane chef talentuoso, pieno di idee e con la dote, a questo punto possiamo dirlo, di non avere paura di mostrarle. Il limite per il momento rimane la voglia di strafare, ma siamo certi che con il tempo la cosa verrà ridimensionata.

Il Geranio, attraverso un processo di maturazione che comprenderà la presa di coscienza da parte del cuoco di ciò che è veramente importante e di ciò che invece risulta pleonastico, oltre che ad un lavoro di contestualizzazione della sala, potrebbe diventare in breve tempo un altro punto di riferimento per gli appassionati gourmet, in una terra sempre più capace di coniugare sapientemente i valori culturali con la spensieratezza della novità.

Cialda croccante di verza e grissini di Chieri.
grissini, Geranio, Chef Christian Mandura, Chieri, Torino
Chips di patata, carote, maionese e piselli. La versione croccante dell’insalata russa.
chips, Geranio, Chef Christian Mandura, Chieri, Torino
Tuorlo fritto.
tuorlo fritto, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Cuore di lattuga bruciato, senape e pane sabbiato.
lattuga, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Cavolo nero, farina di ceci fritti e cialda al nero di seppia. Passaggio che gioca sui toni iodati e amaricanti. Nel complesso il piatto manca di fluidità, intesa come di un grasso che ne veicoli i sapori in maniera armoniosa. Da rivedere.
cavolo nero, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Zucca, fonduta, levistico e burro nocciola. Piatto goloso di buon equilibrio. Un apporto maggiore da parte del levistico lo avrebbe reso davvero notevole.
zucca, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Cipollotto ripieno di prosciutto crudo e salsa di rapa rossa al barbecue.
cipollato, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Battuta di Fassone, lampone, salicornia e limone disidratato. Buona l’idea ma materia prima non all’altezza.
battuta, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Vitello tonnato. Filetto di vitello marinato nella salsa di soia, mimosa e salsa tonnata. Preparazione al gusto più semplice rispetto ad altre ma non per questo di minor valore. Deciso, evocativo, equilibrato e goloso.
vitello tonnato, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Gambero, cavolfiore fresco e disidratato e rafano. Il piatto della serata. Gambero eccelso che attraverso la sua consistenza gestisce I sentori amaricanti verticali e le note ampie del rafano. Christian Mandura dimostra così di avere un futuro importante.
gambero, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Triglia, pomodoro fumè e lardo aromatizzato.
triglia, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Testina, polvere d’acciuga e granita di peperone verde al peperoncino.
testina, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Guancia di maiale, polenta agli agrumi e noci, polvere di lenticchie. Non abbiamo capito come questo piatto possa aver superato il pass.guancia di maiale, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Finocchietto selvatico e Sambuca. Pre dessert geniale.
finocchietto, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Mousse di topinambur e arachidi tostate. Dolce non dolce… troppo poco dolce, e forse troppo semplice.
topinambur, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Mousse al cioccolato bianco, tuorlo d’uovo salato e grissini. Occorre passare sopra al fatto di essere di fronte al secondo tuorlo d’uovo intero all’interno di una degustazione, e per di più presentato crudo. Comunque dessert gradevole nella sua semplicità.
mousse, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino
Cioccolato fondente al 72% e broccolo essiccato… per lasciare l’amaro in bocca! Ottimo spunto.
dessert, Geranio, Christian Mandura, Chieri, Torino

La risonanza mediatica del Perù gastronomico è, ormai da qualche anno, in grande ascesa in tutto il mondo.
Ma se la parola “nikkei” per molti non è più un tabù, il termine “chifa” potrebbe ancora destare dubbi.
Con quest’ultima si contraddistingue la cucina cinese, in particolare cantonese, integrata con un pizzico di influenze della cultura gastronomica peruviana. Proprio come il connubio Giappone/Perù per il “nikkei”, la “chifa” è frutto dell’emigrazione di una parte della popolazione cinese della provincia di Guangdong nelle coste del sud del Perù, avvenuta intorno alla fine del diciannovesimo secolo.
Dal mare questa nuova fusion culinaria si è estesa in tutto il Perù, fino ad arrivare in Bolivia ed Ecuador.

Nel bel mezzo del Perù, a Cusco, grosso centro turistico da mezzo milione di abitanti, l’ombelico del nuovo continente per via della importante rilevanza storico-archeologica e logistica (le rovine del Machu Picchu sono a due passi), non poteva mancare un ristorante chifa (in cantonese sinonimo di “mangiare riso”) di ottimo livello. Ideatore di questo recente progetto è il ristoratore Coque Ossio, che a Cusco supervisiona ben cinque ristoranti, ciascuno con tipologia di cucina differente, ma pur sempre peruviana.

Kion è l’ultimo nato di questa piccola catena di tavole di qualità. Posizione centrale -Plaza de Armas, la piazza principale di Cusco, è a un isolato- e a totale servizio del turista (è aperto dalle 11:00 alle 23:00 tutti i giorni), in un ambiente dall’arredamento in stile Hong Kong anni cinquanta vengono serviti piatti dai sapori autentici, cucinati con attenzione ed esaltati da prodotti locali di sorprendente qualità. Verdure e tuberi sono eccellenti, ma anche le carni. Mentre il pescato del giorno si limita alla trota o ai gamberi.

La peculiarità della cucina sta proprio nei differenti contrasti che le acidità di alcuni ingredienti locali vanno a creare, smorzando la sapidità, e a volte la dolcezza, che presentano alcune salse tipiche della cucina asiatica. Ci si destreggia con disinvoltura anche nelle cotture: la carne dell’anatra è tutt’altro che sfibrata e la concentrazione di brodi e salse conferma la prerogativa di questa tavola per un cliente attento ed esigente. Il cambio favorevole permette poi di fare una bella esperienza ad un prezzo davvero contenuto.
I fritti provati in città e nei dintorni non ci avevano del tutto convinto, al Kion, viceversa, sì.

L’entrata che arriva al tavolo, dei piccoli wonton (o wantan) con diversi ripieni e variegate salsine, predispone al meglio, i ravioli al vapore sono perfetti in termini di consistenza e gli involtini primavera croccanti e asciutti. Ma gli assaggi migliori sono il “Buti Kion”, piccolo paninetto al vapore con pancia di maiale stufata, salsa creola e cipolla croccante e la zuppa di anatra e tofu con noodles, con un brodo di grande intensità e chiarezza gustativa, fatto con verdure, zenzero e brodo di pollo.
Sui dolci ci si snatura un po’, ma è tutto molto piacevole, a cominciare dai cocktail preparati con frutta ed erbe fresche a finire con un servizio rapido ma puntuale, sempre estremamente gentile.

Gli interni.
interni, Kion, Cusco, ristorante chifa
Mise en place.
mis en place, Kion, Cusco, ristorante chifa
Wantan e salse di accompagnamento, appetizer della cucina.
vanta, Kion, Cusco, ristorante chifa
Buti Kion: mini pao con maiale, salsa creola, verdure cinesi e yacon sottaceto.
cuti kion, Kion, Cusco, ristorante chifa
Ja Kao: dumplings al vapore con gamberi, bamboo e asparagi saltati.
dumplings, Kion, Cusco, ristorante chifa
Wantan fritti con maiale, pollo, funghi cinesi e zenzero, serviti con una salsa al tamarindo fatta in casa.
vanta, Kion, Cusco, ristorante chifa
Zuppa d’anatra arrosto, con tofu fatto in casa (ottimo) e khai choi, noodles e cavolo.
zuppa, Kion, Cusco, ristorante chifa
Anatra e tofu.
anatra, Kion, Cusco, ristorante chifa
Discreto dessert: Kion Sorbet, sorbetto allo zenzero, salsa al mango e frutto della passione, uva con mandarini cinesi e biscotto all’arancia.
dessert, Kion, Cusco, ristorante chifa

interni, Kion, Cusco, ristorante chifa Bambini che giocano in Plaza de Armas.
Plaza de Armas, Kion, Cusco, ristorante chifa
La meravigliosa atmosfera notturna della città.
 Kion, Cusco, ristorante chifa

Nikita Sergeev è, lo tradisce il suo nome, un giovane, anzi giovanissimo, ragazzo di origini russe, divenuto ormai marchigiano d’adozione. Vive in Italia da oltre 15 anni e qui ha imparato il mestiere di cuoco, sua grande e profonda passione.

Dopo aver frequentato l’Alma, Nikita ha deciso di aprire il suo ristorante nella terra che lo ha adottato e cresciuto. Di buon gusto, l’Arcade è e vuole essere il ristorante di riferimento di Porto San Giorgio, complice il fatto di avere al timone un cuoco che in brevissimo tempo sembra aver appreso al meglio le basi della cucina italiana. Metodico, esteta e scrupoloso, Nikita propone una cucina personale, molto diretta e dai tratti assai interessanti. Piatti come i tortelli di rapa rossa e anguilla o il piquillo con brodo di faraona allo zafferano e tartufo denotano una complicità con fuochi e pentole, tanto da tenere alla larga da queste preparazioni l’ombra della banalità, qui elegantemente lasciata in disparte.

Però tutto questo non basta, non deve bastare. Da uno come lui, colto e intelligente, ci aspetteremmo molto di più. Innanzitutto sulla ricerca della materia prima. Che in questa nostra visita ci è parsa scontata, seppur di ottima qualità, e a tratti anonima. Capesante e gamberi presi lontano e, sopratutto i secondi, pensiamo decongelati… perché?

Siamo a Porto San Giorgio, vicino al mare. E’ così difficile cercare tra i pescatori della zona qualche prodotto più local e meno global? Quel risotto aveva bisogno di una nota dolce a stemperare l’irruenza dello scalogno e quel gambero raffinava il vero protagonista della preparazione, il sedano rapa cotto nel brodo del lardo, grandissimo colpo di genio e d’ala di una cucina che non vuole scendere a compromessi ma che spesso fa saltare gli equilibri.

Potenza senza controllo, in sintesi. Irruenta, maschia a tratti troppo sapida o troppo, veramente troppo, amara, tanto da rendere stordente un piatto che potrebbe anche essere interessante. Quei trucioli di seppia nostrana -questa sì- limone bruciato ed extravergine e salvia, in cui sia il limone bruciato che l’oliva davano una virata quasi rancida nella preparazione. Virata che sarebbe stata mitigata dagli equilibri, rivedibili, o dalla tecnica di lavorazione.

Idee tante, spesso strabordanti. Belle, divertenti e anche originali. Forse qualche lacuna tecnica ancora da colmare e qualche irruenza da placare. E ci siamo permessi questi appunti diretti e affilati, come affilata e diretta è la cucina di Nikita. Perché siamo convinti che la sua crescita, vista la giovane età, sia tutt’altro che compiuta. E che abbia nel contempo ampi, ampissimi margini di crescita e di evoluzione.

Già oggi comunque, una tappa interessante per chi si trova in questo stupendo angolo del litorale marchigiano.

Il benvenuto della cucina.
Arcade: Il Benvenuto
Bulgur, bisque di crostacei, riccio. Freddo il bulgur e troppo sapido l’insieme. Ottima l’idea, meno felice l’esecuzione.
Arcade: Bulgur, bisque di crostacei, riccio
L’ottimo pane in accompagnamento.
Arcade: Pane
Ostrica, cetriolo, spaghetto di mare.
Arcade: Ostrica, cetriolo, spaghetto di mare 1Trucioli di seppia nostrana, limone bruciato ed extravergine.
Arcade: Ostrica, cetriolo, spaghetto di mare 2
Gamberi rossi di Mazara, finto lardo, finger lime e coriandolo.
Arcade: Gamberi rossi di Mazara, finto lardo, finger lime e coriandolo
Alcuni degli ottimi accompagnamenti del maitre/sommelier.
Arcade: Vino 1
Arcade: Vino 2
Arcade: Vino 3
Piquillo, brodo di faraona allo zafferano e tartufo. Strepitoso.
Arcade: Piquillo, brodo di faraona allo zafferano e tartufo
Tortelli di rapa rossa e anguilla. Qui il connubio aromatico-grasso-fumè dell’anguilla al cospetto della terrosa dolcezza della rapa. Chapeau!
Arcade: Tortelli di rapa rossa e anguilla
Riso, scalogno, capasanta. Ottima l’idea di addolcire con la capasanta, non locale, un riso molto aggrappante ed estremo, virante verso l’amaro-acetico.
Arcade: Riso, scalogno, capasanta
Altro accompagnamento.
Arcade: Vino 4
Guanciola di tonno brasata.
Arcade: Guanciola di tonno brasata
Lampone, mandarino, uva fragola.
Arcade: Lampone, mandarino, uva fragola
Altri abbinamenti…
Arcade: Vino 5
Arcade: Vermouth
Visciole, mandorle, dragoncello e meringhe.
Arcade: Visciole, mandorle, dragoncello e meringhe
La piccola pasticceria.
Arcade: La piccola pasticceria.

Il Boscareto Spa & Resort è una di quelle strutture che riescono a contestualizzarsi perfettamente con il territorio che le circonda. Questo approccio camaleontico non riguarda la struttura in senso architettonico, bensì maggiormente la filosofia che al suo interno viene elaborata.
Il paesaggio morbido delle langhe, con lo sguardo che viene accompagnato dai filari delle vigne fino a sbattere contro la magnificenza mastodontica delle Alpi, viene sintetizzato e rielaborato sotto forma di accoglienza presso il ristorante La Rei, sito all’interno del resort Boscareto. La sala che si sviluppa per il lungo, appoggiandosi sul parquet lucido, introduce ad un viaggio sensoriale completo, in cui le carinerie della squadra di sala si specchieranno sui toni del grigio delle pareti, raccontando un carattere regionale composto di una gentilezza mai ruffiana.

Dal 2013 Antonino Cannavacciuolo ha assunto la direzione del ristorante, riponendo completa fiducia su uno dei sui allievi prediletti, Pasquale Laera.

Il cuoco pugliese, con una saggezza poco proporzionale alla sua gioventù, ha creato attorno a sé una squadra coinvolta e decisa nel perseguire obiettivi comuni. Non è un caso infatti che il trionfo di amuse bouche sia una celebrazione di diverse parti d’Italia, nello specifico quelle di provenienza dei cuochi della sua brigata. A voler andar oltre il settore cucina non ci si può stupire nemmeno se in sala, sotto l’ala dell’ottimo Fabio Mirici Cappa, stia crescendo Carmilla Cosentino che a breve, come già notato da Lorenza Vitali, potrebbe diventare uno dei punti di riferimento nel panorama dei maestri di sala italiani.

La cucina proposta da Laera non si discosta affatto dai toni delicati delle colline di cornice, tinta di colori vivaci che la rendono uno squisito esempio di neoclassicismo realizzato dalla prospettiva genuina di un trentenne. Il rosa, il verde, il rosso colorano preparazioni che si rendono comprensibili ai palati più diversi, seguendo la filosofia di casa, ma che allo stesso tempo non risultano né banali né tantomeno semplici. Le tempistiche sono perfette, il servizio di sala esimio, l’atmosfera produce positività regalando la sensazione di essere parte di un locale in perfetta salute, pronto per fare un ulteriore salto di qualità da un momento all’altro. Ma durante lo svolgimento della degustazione, come una promessa fatta e non mantenuta, tale stacco non arriva. Forse a causa anche di una clientela, quella composta dagli ospiti del resort, non sempre disposta ad assecondare la creatività e l’azzardo dello chef, Laera insegue l’inarrivabile traguardo di non fare torto a nessuno. Le proposte aderenti al menù degustazione, seppur più che corrette, si sono sempre mostrate come una sorta di vorrei ma non posso, o meglio di vorrei ma invece non voglio, perché, date le capacità di Laera, potrebbero eccome.

Questa non vuole essere una critica ma anzi, deve fungere da sprono nei confronti di Pasquale, che grazie a due passaggi eseguiti di sua sponte, ha dato prova di essere un cuciniere di notevole finezza, completezza tecnica e ottimo palato.

Baccalà, polenta, caviale, acqua di cozze, prezzemolo e aceto di Arneis è l’esempio calzante di quanto appena scritto. Piatto eccellente in cui la golosità e la grassezza della polenta e del baccalà vengono nobilitate dal caviale e dalla sua sapidità avvolgente, mentre il guazzetto accompagna in maniera decisa ma mai invasiva la masticazione, scatenando una salivazione abbondante che richiama un boccone dopo l’altro. Pan di Spagna alle nocciole, cremoso al topinambur, spugna di cioccolato, gelato alle spugnole, tartufo bianco e polvere di timo è l’epilogo brillante di una degustazione che lascia un certo senso di insoddisfazione, non perché non all’altezza della situazione in assoluto, ma solo ed esclusivamente nei confronti del potenziale che potrebbe esprimere.

Pasquale Laera è un cuoco perfino più bravo di quello che sembra, dal quale è lecito aspettarsi di più, perché la sua stella non aspetta altro di poter brillare più luminosa che mai. Detto questo, una visita al ristorante La Rei è già caldamente consigliata. Sarete accolti come in una grande casa, vi circonderete del bello in ogni sua espressione e riconoscerete certamente di essere al cospetto di un grande cuoco.

La mise en place.
La Rei: Mise en place
Il primo dei vini in accompagnamento.
La Rei: Vino 1
Una panoramica degli amuse bouche serviti. Tutti davvero ben eseguiti.
La Rei: Amuse bouche
Nello specifico: panino fritto con cavolo rosso e senape.
La Rei: Panino fritto con cavolo rosso e senape
Finto tartufino con patè di fegatini.
La Rei: Finto tartufino con patè di fegatini
Acciughe al verde.
La Rei: Acciughe al verde
Pane carasau, pecorino e gelatina di al pepe.
La Rei: Pane carasau, pecorino e gelatina di al pepe
Tarallo con finocchietto selvatico.
La Rei: Tarallo con finocchietto selvatico
Grissino e salame.
La Rei: Grissino e salame
Gnocco fritto di grano arso e salsiccia di Bra.
La Rei: Gnocco fritto di grano arso e salsiccia di Bra
Insalata di baccalà e patate con peperone arrosto.
La Rei: Insalata di baccalà e patate con peperone arrosto
Il pane.
La Rei: Pane
I grissini e le cialde.
La Rei: Grissini e cialde
Il burro alle nocciole.
La Rei: Burro alle nocciole
Cannolo di zucca, robiola di Roccaverano, crema di castagne e tartufo bianco. Ottimo inizio.
La Rei: Cannolo di zucca, robiola di Roccaverano, crema di castagne, tartufo bianco
Gamberi, insalata di rape, colatura di acqua di burrata e acqua di rape. Materia prima ittica eccezionale e piatto ideato correttamente. Peccato per la salsa un po’ debole di un tocco acido-lattico che avrebbe giovato al piatto.
La Rei: Gamberi, insalata di rape, colatura di acqua di burrata e acqua di rape
Baccalà, polenta, caviale, acqua di cozze, prezzemolo e aceto di Arneis. Il piatto della serata.
La Rei: Baccalà, polenta, caviale, acqua di cozze, prezzemolo e aceto di Arneis
Prosegue la degustazione.
La Rei: Vino 2
Spaghetti, ceci e seppie. Buona esecuzione ma piatto fin troppo semplice.
La Rei: Spaghetti, ceci e seppie
Dentice, cime di rapa e colatura di “impepata di cozze”. Un trionfo di suggestioni meridionali in un grande piatto.
La Rei: Dentice, cime di rapa e colatura di impepata di cozze 1
La Rei: Dentice, cime di rapa e colatura di impepata di cozze 2
Suprema di piccione, verza e frisse. La cucina classica in tutta la sua purezza. Pasquale Laera è un cuoco molto preparato.
La Rei: Suprema di piccione, verza e frisse
Carote di Polignano con crème fraîche al mandarino. Contorno molto fresco, adeguato alla pulizia della bocca.
La Rei: Carote di Polignano con crème fraîche al mandarino
“In vigna”: crumble di nocciola, cremoso di mosto d’uva, cognà e foglia di zucchero. Ottimo predessert.
La Rei: crumble di nocciola, cremoso di mosto d’uva, cognà e foglia di zucchero
Il vino da dessert.
La Rei: Vino 3
Pan di Spagna alle nocciole, cremoso al topinambur, spugna di cioccolato, gelato alle spugnole, tartufo bianco e timo.
La Rei: Pan di Spagna alle nocciole, cremoso al topinambur, spugna di cioccolato, gelato alle spugnole, tartufo bianco e timo
La piccola pasticceria.
La Rei: Piccola Pasticceria