Passione Gourmet Dicembre 2016 - Passione Gourmet

Sforno

Quello di Stefano Callegari è uno dei più importanti nomi per il mondo della pizza a Roma. E’ quello di chi ha cambiato faccia alla pizza al piatto capitolina.
E’ con lui che anche a Roma si inizia a porre in primo piano l’importanza di una lievitazione lenta, della scelta di ingredienti di qualità, a cominciare dalle farine. Con lui si inizia anche ad immaginare qualche accostamento non proprio usuale: come non pensare alla lussuriosa Greenwich, pizza che è ormai un classico, condita con mozzarella, blue Stilton e riduzione di Porto.
A Stefano Callegari si deve poi anche la creazione di quel fenomeno dello street food romano che si chiama Trapizzino, una sorta di tasca a forma di triangolo fatta con la pasta della tradizionale pizza bianca romana e riempita in mille modi diversi, ma soprattutto con i grandi classici della cucina romana.

Dal 2005 -anno di apertura di Sforno- ad oggi, Callegari ne ha fatta di strada: è arrivato fino a New York a far conoscere il suo Trapizzino, ma ha anche aperto altri locali nella Capitale. L’ultimo è Sbanco, insieme a Marco Pucciotti della Trattoria Epiro e Giovanni Campari del Birrificio del Ducato.
Noi siamo tornati dove tutto iniziò, fuori dai circuiti turistici, a Cinecittà, periferia sud di Roma, da Sforno. L’atmosfera è sempre quella, da pizzeria di quartiere, popolare.
Il locale è spartano, il servizio essenziale, fin troppo ci verrebbe da dire. Alla nostra richiesta di ricevere le pizze al tavolo una alla volta e tagliate a spicchi in modalità degustazione, in sala ci sono sembrati straniti e solo dopo un veloce conciliabolo con il pizzaiolo ci hanno risposto che la nostra richiesta poteva essere accolta.

Su una parete una grande lavagna illustra i supplì e le pizze del giorno.
I supplì sono proprio come li ricordavamo: fantastici. Se non sono i migliori in città, poco ci manca. Sono preparati in numerose versioni, da quelle più classiche a quelle più creative.
Noi in questa occasione abbiamo assaggiato quello alla carbonara, il cacio e pepe e quello con radicchio, speck e caprino. Fritti benissimo, leggeri, una vera goduria per il palato.
Poi le pizze, in puro stile Callegari, che ha creato l’ibrido perfetto tra la pizza di scuola napoletana e quella “scrocchiarella” della tradizione romana. Quindi cornicione alto e morbido, ma non troppo.
Cottura a regola d’arte, lievitazione impeccabile ottenuta con pasta madre e lievito di birra, farine macinate a pietra e ingredienti di qualità eccellente, sempre perfettamente bilanciati per un risultato finale di grande livello.
Due i “cavalli di battaglia” di Callegari: la fantastica Greenwich, di cui si diceva prima, e la cacio e pepe, omaggio del pizzaiolo alla cucina laziale. Noi stavolta ci siamo dedicati a qualcosa di più ortodosso come la “Fumo”, con provola affumicata e speck dell’Alto Adige, o la “Lasagna” con pomodoro, mozzarella di bufala, ricotta, prosciutto cotto e basilico. Ma il risultato è quello di sempre: pizze ottime per consistenza, digeribilità e gusto.
Da bere non mancano buone birre artigianali e per finire qualche discreto dessert, per una pizzeria che si conferma senza dubbio tra le migliori della città.

La scioglievolezza del ripieno nel supplì alla carbonara.
supplì, Pizzeria Sforno, Stefano Callegari, Roma
Cacio e pepe.
cacio e pepe, Pizzeria Sforno, Stefano Callegari, Roma
Radicchio, speck e caprino.
radicchio, speck, caprino, Pizzeria Sforno, Stefano Callegari, Roma
Mozzarella, fiori di zucchine e alici: profumo intenso, gusto armonico, sapidità in equilibrio.
fiori di zucca, Pizzeria Sforno, Stefano Callegari, Roma
Provola affumicata e speck dell’Alto Adige.
provola, speck, pizza, Pizzeria Sforno, Stefano Callegari, Roma
pizza, Pizzeria Sforno, Stefano Callegari, Roma
Lasagna: pomodoro, mozzarella di bufala, ricotta, prosciutto cotto e basilico, in cui è possibile apprezzare i preziosi condimenti e gli ingredienti (ricotta davvero eccellente) selezionati con grande cura.
pizza, lasagna, Pizzeria Sforno, Stefano Callegari, Roma
pizza, Pizzeria Sforno, Stefano Callegari, Roma

C’è un piacere sottile nel ritrovare qualcosa che avevi perso.
Una di quelle cose che era rimasta sotto ai tuoi occhi fino a ieri, o che nemmeno ti ricordavi di avere, a cui non davi valore, almeno fino a quando non ti sei accorto di averla smarrita.
Solo in quel momento diventa davvero essenziale.

Questo è il ristorante Tassi: un superfluo necessario. Il confortevole ricordo di qualcosa che sembrava sparito.
E che invece è più vivo che mai.
Normalmente l’immobilismo non è amico della ristorazione: perpetrare negli anni lo stesso spettacolo è una scelta estremamente rischiosa, si rischia di cadere nell’automatismo, nella superficialità, nella nostalgia fine a sé stessa.
Indubbiamente Tassi è un locale che porta con sé un grosso carico di nostalgia: per le persone che non ci sono più e anche per un mondo che è molto cambiato dai tempi in cui Mario Soldati calcava con entusiasmo questi pavimenti. Ma è quella nostalgia che a volte diventa necessità, la malinconia che porta a sfiorare la tristezza con le dita per riassaporare la dolcezza del presente: queste sensazioni non abbattono, fortificano.
Qui tutto questo ha un senso. Nonostante piccole crepe che al giorno d’oggi appaiono più evidenti, tutto sembra avere un ordine.

Allora non si può non godere di questa sala, di questo modo di fare ristorazione: fatto di carrelli, di servizio al tavolo, di bis, di tris, di grassi e felicità, di nebbia e pianura padana.
Questo non è più un ristorante, non solo: è un pezzo di storia di Ferrara, e di Bondeno in particolare, è una componente fondamentale del tessuto sociale, è un impegno a cui non ci si può sottrarre.
Non deve essere stato facile per le donne di Casa Tassi (Enza e Roberta, rimaste sole alla guida del locale tre anni fa, dopo la prematura morte di Roberto Tassi, il marito di Enza) portare avanti la visione del capostipite, quel Cavalier Enzo Tassi che aveva saputo rendere Bondeno uno dei centri nevralgici del panorama gastronomico nazionale. Come abbiamo scritto sopra, il ristorante Tassi non è solo un ristorante, è un impegno a cui non ci può sottrarre.
La formula scelta è stata l’unica possibile: continuare a fare quello che sanno fare meglio. Quindi piatti della tradizione ferrarese seguendo fedelmente le ricette storiche della casa.
Sì, casa: questa è proprio cucina di Casa, con la c maiuscola, con i suoi pregi e i suoi difetti. Tassi è senza ombra di dubbio il tempio della cucina casalinga ferrarese, quella che non accetta compromessi.

Allora non aspettatevi brodi sgrassati: no, qui troverete un brodo di cappone quasi untuoso, per di più caricato di un burro al tartufo davvero commovente nella sua semplicità.
Non aspettatevi approcci moderni, continui cambi di menù, non aspettatevi niente che non sia il gusto antico della cucina ferrarese.
E non importa se vi porteranno in tavola vini di annata diversa rispetto a quanto indicato in carta: dettagli veniali che non rovinano il quadro generale.
Non troverete un altro ristorante con un pasticcio alla ferrarese di questo livello, così come non sarà facile trovare salamine di questa qualità, che rende giustizia alle tante salamine rigenerate del centro storico ferrarese divenute ormai solo una spremuta di sale.
Vi diciamo solo che non vi pentirete di una serata passata qui. Venite con l’animo giusto, lasciatevi andare, scrollate quel pochino di polvere che disturba la vista e godete del semplice gusto della cucina di casa ferrarese. Alla dieta penseremo da domani.

Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna

I ciccioli: in tavola già al vostro arrivo. Una dichiarazione di intenti
ciccioli,Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
Passatelli in brodo di cappone tartufato. L’aggiunta del burro al tartufo di Bondeno è una firma indelebile.
passatelli,Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
Cappellacci di zucca e gnocchetti di ricotta in sugo alle melanzane. Variante al percorso per un amico vegetariano. Cappellacci dalla sfoglia perfetta, immersi nel burro.
cappellacci di zucca, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
Pasticcio di maccheroni alla ferrarese. Questo è davvero un grandissimo piatto nella storia della cucina ferrarese (e, quindi, italiana): difficile trovarlo fatto come si deve al ristorante, perché è una preparazione complessa e lunga. Uno scrigno di dolce pasta frolla (ricoperta da granella di zucchero) racchiude i maccheroni pasticciati con besciamella, tartufo e ragù di piccione; rigorosamente cotto nella teglia in rame stagnato. Una perla, dalle tavole degli Este direttamente ai giorni nostri.
pasticcio di maccheroni, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
Pasticcio di Maccheroni, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
Salamina da sugo con purè, lingua di cinghiale affumicata e cotta nel vino rosso, frittella di spinaci e ricotta, crema fritta, mela all’alchermes. A parte la frittella di spinaci (rivedibile) il resto è davvero ben fatto.
Salamina da sugo, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
lingua di cinghiale, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
Carrello dei bolliti: prosciutto, lingua, testina, cappone, cotechino, bondiola…
carrello dei bolliti, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
carrello dei bolliti, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
Ad accompagnare, mostarda…
mostarda, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
…cren…
cren, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
…e salse (verde, alle carote, peperonata e cipolle).
salse, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
Coppa Tassi: mascarpone e cioccolato, con un fondo di biscotto al rhum. Il tripudio lipidico finale. Ma che bontà…
coppa tassi, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
vino, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
sassicaia,Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
nocino,Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
sala, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
L’originale è la foto di apertura oppure questa? Poco importa…
sala, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna
insegna, Ristorante Tassi, Bondeno, Ferrara, Emilia-Romagna

Milano, città metropolitana, non è esente da contaminazioni.
Ci sono i ristoranti cinesi di qualità, quelli invece travestiti da originali ma banalmente relegati a mangiatoie all you can eat, e quelli invece che cercano di interpretare una nuova via gourmet con contaminazioni efficaci. Alcuni li chiamano Fusion, molto spesso sono più confusion.

Ecco un’oasi felice a Milano: il Gong. Iniziamo con il dire che questo ristorante fa parte dell’impero della famiglia Liu, già noti per il primo stellato giapponese-fusion d’Italia, IYO, e per il rinomato BA Asian Mood. Gong si definisce prima di tutto ristorante cinese, ed è singolare che in cucina abbiano deciso di mettere un cuoco giapponese, Keisuke Koga. L’esatto contrario di ciò che viene fatto nella stragrande maggioranza di pseudo-giapponesi sparsi per tutto lo stivale.

Ristorante cinese sì ma, come recita l’incipit, con attitudine orientale. Che di fatto si traduce in un sounding asiatico che mischia tecniche, preparazioni e ingredienti, anche occidentali, finalizzati a quel melting pot positivo di influenza orientale che si cataloga sotto il termine Fusion.
Che, dobbiamo dire, al Gong è declinato in maniera egregia: qualità della materia prima, ambiente curato, servizio ben gestito, piatti di qualità. Un posto da consigliare certamente, che ha fatto un rodaggio lungo e forse un pochino difficile e contorto -non sono mancate le critiche in questo anno abbondante dall’apertura- ma che oggi troviamo fresco, vivido e luccicante.

Qui potrete gustare una cucina corretta, ben calibrata, con buona qualità degli ingredienti. E trascorrere una serata all’insegna del Fusion più profondo e vero, lasciando alle soglie il “confusion” che regna sovrano in molti altri locali della città.

Dai dettagli si scorgono le differenze: in questo stra-abusato amuse buche di impostazione cinese si comprende la differenza tra Gong e molti altri locali sui generis.
amuse buche, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Amuse bouche del giorno: dorayaki al the verde, foie gras marinato al miso e soia, contrasti. L’avremmo visto molto meglio come pre-dessert, comunque interessante.
amuse buche, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Tartar exotic: tartare di gambero rosso Mazara del Vallo con salsa al mango e basilico shiso.
Tartar exotic, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Dim Sum sushi style…
Dim Sum, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Hamachi in cupola di fumo: ricciola del Pacifico servita con insalata crescione e affumicata istantaneamente sotto cupola di vetro.
Hamachi, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Dim Sum composta: misto di ravioli al vapore con zafferano, nero di seppia, verdure, barbabietola rossa e gamberi.
Dim Sum, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Raviolo Wagyu: raviolo ripieno di Wagyu (A5) con salsa al foie gras e tartufo.
Raviolo Wagyu, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Continua…
Raviolo, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Riso Gong style: riso venere saltato con salsa Xo, polvere di gamberi secchi e filamenti di patate croccanti.
riso, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Il nostro compagno di viaggio…
vino, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Black Cod: carbonaro nero d’Alaska al forno con salsa al miso.
black Cod, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Peking Duck (Canard): anatra alla pechinese servita con pancake cinesi, julienne di cetriolo, carote e porro.
peking duck, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
pancake, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Pancake, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Semifreddo al Bergamotto: quenelle di semifreddo al bergamotto, crumble al cioccolato e cannella, crema di Dulcey, fragole semicandite agli agrumi.
semifreddo al bergamotto, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Gong, Keisuke Koga, Fusion-Oriental, Milano

Un vecchio garage rinato a nuova vita, in un quartiere ad alta densità di ritrovi gastronomici che si susseguono praticamente senza soluzione di continuità.
Una nuova veste, davvero molto accattivante, con mattoni a vista, e mensole che simulano in modo convincente l’intimità di un appartamento, con tanto di riviste di fumetti distrattamente appoggiate sopra lampade che illuminano sapientemente angoli bui, e un bancone vecchio stile e divani con tavolini dove sorseggiare cocktails.
L’ennesimo involucro privo di contenuto?

Quando ci si entra la prima volta è lecito porsi la domanda, ma questa volta il richiamo che ha invogliato la visita al locale ha avuto una sua valida ragion d’essere. Pier Daniele Seu, il pizzaiolo, anzi pizza chef come oggi pare in auge definirli, rende infatti la meta degna di essere raggiunta.
Questo ragazzo determinato e sinceramente appassionato sembra già aver trasformato questo locale in uno degli indirizzi cittadini da non perdere.
Lievitazione a quarantotto ore complessive in due fasi, con impasto al 70% con farina 00 e 30% con farina 1, producono infatti una pizza buonissima, ben lievitata, gustosa e digeribile tanto da superare in scioltezza la prova del nove, ovvero mangiare due pizze senza colpo ferire.
E tutto questo con un forno elettrico, che non è certo la scelta d’elezione per la cottura della pizza.

Cornicione soffice e centro morbido -senz’altro più vicino allo stile napoletano o campano- e materia prima di ottimo livello rappresentano le caratteristiche principali.
La scelta è varia e spazia tra le pizze tradizionali bianche (tra cui un’ottima scarola e bottarga) o rosse, e quelle speciali “del 38” tra cui davvero buona “le origini”, in cui Seu omaggia la terra del padre con una squisita riduzione di mirto, e la “Roma vs Bari”.
Presenti anche focacce con condimenti selezionati aggiunti dopo la cottura.

Il locale ha anche una linea di ristorazione e la possibilità di scegliere tra varie tipologie di cocktail, come ogni buona risorsa polifunzionale che si rispetti deve avere.
Noi, in più riprese, abbiamo provato la pizza e, al netto di qualche lievissimo incidente di cottura, ne siamo usciti quasi sempre soddisfatti, tanto da sbilanciarci nel giudizio e da augurarci che la costanza nel tempo caratterizzi questa nuova piacevolissima scoperta.

Mise en place.
mise en place, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Pizza bufala, scarola e bottarga.
pizza, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Margherita DOP (Pomodoro,mozzarella di bufala e basilico).
margherita, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Marinara DOP (Pomodoro, alici, aglio e origano).
Marinara, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Margherita Classica (Pomodoro, fiordilatte, olio).
Margherita, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Pizza Melanzane e ‘nduja (Mozzarella di bufala, Crema di melanzane, n’duja, menta).
Melanzane e 'nduja, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Pizza fiordilatte, cicoria e guanciale di Norcia.
pizza fiordilatte, cicoria, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Pizza Le Origini (Mozzarella di bufala, porchetta d’Ariccia e riduzione di mirto).
le origini, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Pizza Roma vs Bari (Mozzarella di bufala, cime di rapa, coppa e zeste di arancia).
pizza roma vs bari, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Focaccia Tartare di tonno, burrata, granella di pistacchio e zeste di lime.
focaccia tartar di tonno, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Mousse al cioccolato.
mousse, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Tiramisù alla liquirizia.
Tiramisù, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Dalla breve carta dei vini…
vini, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Greco, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
Gli interni.
interni, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
La sala.
sala, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma
sala, Pizzeria Gazometro 38, Pier Daniele Seu, Roma

Carlo Cracco si è montato la testa, Carlo Cracco non sa cucinare, Carlo Cracco è antipatico. E al ristorante di Carlo Cracco non si mangia poi così bene.
E’ il destino di chi diventa famoso, sembra quasi il pegno da pagare quello che contrappone la fama e la notorietà al chiacchiericcio e alla delazione sotto varie forme e sfumature.
Bene, noi possiamo tranquillamente affermare, dopo molteplici visite, che non è affatto così.

Carlo Cracco è e rimane un grande cuoco. E sopratutto, la cosa più importante (e anche l’unica che di fatto ci riguarda), al suo ristorante si mangia molto bene. Carlo ha una dote in particolare, tra le tante: sapersi scegliere i collaboratori. E dopo la dipartita del fuoriclasse Matteo Baronetto la sfida si prospettava molto ardua. Luca Sacchi, ex capo pasticcere, viene messo alla guida delle cucine. Quanto vociferare a questo annuncio alcuni anni or sono. Ma Luca Sacchi ha dimostrato quanto Carlo Cracco abbia l’occhio lungo, perché questo ragazzo ha talento e stoffa da vendere.

Nel solco cracchiano, che imprime una cucina fatta di morbidezze, di rotondità e di nuances sucrè-salè, in cui l’incursione delle acidità è sottile quanto secondaria, Luca ha contaminato le preparazioni con tecniche di pasticceria e tanta originalità spostando, crediamo volutamente, il gusto verso un più internazionale sentore agrodolce.
Il tutto pare studiato attentamente a tavolino, dopo il successo mediatico del Carlo nazionale. Orde di stranieri, del nuovo mondo ma non solo, potrebbero colonizzare via Victor Hugo, in attesa che questo prezioso scrigno si trasferisca l’anno prossimo nella vicina Galleria Vittorio Emanuele II.

Ecco allora uscire dalle cucine un sentimento volto all’accoglienza di ospiti stranieri, oltre che italiani, decisamente adeguato al momento storico che il ristorante sta attraversando. Aggiungendo qua e là un pizzico di provocazione, con una spezia o con un contrappunto. Molto meno azzardo di un tempo, quando alla corte era presente l’enfant prodige Baronetto. Molta la precisione gustativa, molta la tecnica, come sempre del resto. E, forse voluta, molta meno attenzione all’impiatto. Che, seguendo illustri predecessori (pensiamo a Massimiliano Alajmo) potrebbe circostanziarsi in un distacco progressivo dalla forma per arrivare dritti alla sostanza e alla centralità gustativa. Più jazz, più apparente improvvisazione, più fascino dello “sporco” e dell’imperfetto. O per lo meno speriamo sia così.
Seguendo una scia che trascina di fatto il profilo gustativo ancor più in alto: pensate a quanto di saggio e concentrato -è ovviamente un’iperbole- c’è nei ” Brutti ma buoni”. Quel ma vuol dire e significare molto.

Ecco quindi arrivare in questo palcoscenico vere e proprie opere prime come i fusilli al plancton con polvere e crudo di funghi porcini, piatto sensazionale. Oppure ancor di più un germano cotto nella terracotta al lentisco, che dona una nota balsamica a questo ottimo volatile della macelleria Zivieri, accompagnato da castagne al rhum -qui il tocco fine del pasticcere- e da una eterea purea di topinambur, intensa e aromatica. E che dire del colpo di genio di Cracco con granita di nocino, caviale, panna, crema di mandorle e scalogno? Come definire se non geniale un cuoco che ha inventato questo abbinamento riuscendo a tenerlo in equilibrio?
Ma, durante la lunga cena, troverete innumerevoli altri spunti interessanti.

Crediamo solo che sia il momento, per ora, di tenere il freno a mano tirato nel giudizio. Solo per avere il giusto margine alla prossima visita, sperando -ma non ne abbiamo dubbi- nella continuità, in qualche impiatto più consistente e meno rude e in qualche ulteriore sottolineatura. Certi che già ora, qui, in via Hugo, vale la pena di venire per trovare una cucina tra le più originali dello stivale, per idee e per esecuzione.
Qualche difetto? La sala, non all’altezza della cucina. E quelle sfumature descritte più in alto, che possono avere una spiegazione logica e coerente ma che a noi non hanno convinto sino in fondo.

Il pane, tra gli aspetti migliorabili (l’abbiamo trovato troppo biscottato).
pane, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Amuse bouche.
amuse bouche, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
amuse buche, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Il vino.
vino, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
La famosa e sempreverde insalata russa caramellata.
insalata russa caramellata, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Ecco il biglietto da visita: Branzino marinato e servito crudo con mais liofilizzato, insalata di mare a foglie (gamberi e seppia), erbe e croccante di cipolla caramellata, aceto di scalogno, pepe di sancho – che fornisce una lunghezza impressionante – lime, gamberi e barbabietola liofilizzati. Un tripudio di ingredienti, tutti centrati e tutti al loro posto. Un perfetto inizio.
branzino, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Gamberi Viola di Albenga, polvere di pistacchio, barbabietola. Qui il tocco geniale è la barbabietola aromatizzata al caffè e arancio, che dona una nota terrosa-speziata e acida all’insieme per proseguire. Interessante il dolce-grasso del pistacchio ad accompagnare ed allungare la dolcezza del gambero, di qualità elevatissima.
Gamberi Viola, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Pappa al pomodoro che sistema il difetto atavico della pasta di uovo di Carlo Cracco, donando morbidezza, acidità e arrotondando l’appiccicoso senso degli spaghetti. A completare foglie di lardo affumicato e polvere tannica di un’erba.
pasta di uovo, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Fenomenali fusilli al Plancton e funghi porcini.
fusilli al plancton, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
fusilli, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Stupendo risotto ai tre pomodori caramellati, con il tocco della crema di mozzarella e della polvere di cumino, la chiusura del cerchio gustativo.
risotto, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Il germano cotto nella crosta al lentisco.
germano cotto in crosta, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Chapeau!
Germano, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Astice blu con bernese all’arancio.
Astice blu, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Nocino, mandorla, caviale, panna… et voilà!
Nocino, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
Un formidabile arancino al riso e latte ripieno di zabaione.
arancino, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
arancino, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano
arancino, Ristorante Cracco, Chef Carlo Cracco, Milano