Chi è Terry Giacomello?
È un cuoco, nello specifico lo chef del ristorante Inkiostro, locato a poche centinaia di metri dal casello dell’autostrada di Parma, lungo una via che accompagna al centro della città ducale.
Visto da una certa prospettiva, Terry Giacomello è esattamente questo. Analizzandone il profilo però, avvicinandosi alla sua visione d’insieme, cercando di interpretare la sua filosofia di cucina, forse Terry Giacomello non è solo questo.
Un curriculum sviluppato lavorando nelle più prestigiose case d’Europa: El Bulli di Ferran Adrià in primis, ma anche Michel Bras, Mugaritz e il Dom di San Paolo. Una vita peregrinante alla ricerca della perfetta fusione tra innovazione tecnologica e romantica rimembranza artigianale.
In una dicotomia difficilmente spiegabile, lo chef Terry Giacomello, approdato all’Inkiostro di Parma da ormai quasi un anno, si concede al cliente mostrando senza timore tutta la sua tecnica, inquadrata e sopraffina, riuscendo sempre nell’intento di raccontare storie di tradizione, andando a chiacchierare con toni golosi, grassi, rincuoranti, appartenenti al passato di ognuno.
È un cuoco vero Terry Giacomello, uno di quelli che si fatica ad immaginare in altre vesti.
Ma la sua funzione si spinge oltre l’operato quotidiano tra pentole e fornelli. In una perversione verso lo stravolgimento dei sensi, riesce a raccontare serenamente un territorio, quello emiliano, a lui avulso data l’origine friulana, rovesciandone consistenze e approccio sensoriale, regalando fuochi d’artificio palatali mai fini a se stessi, ricercando l’autenticità mnemonica in ogni singolo passaggio.
L’influenza del genio di Roses si fa sentire, ma non al punto di intaccare la natura creativa di Giacomello. Come uno studente particolarmente dotato infatti, nell’evoluzione del menù, ci si trova di fronte ad un’impressione che diviene velocemente certezza, che l’allievo abbia colto e tratto beneficio dagli insegnamenti del maestro, ma che la sua fame di sapere non si sia saziata, spingendolo quotidianamente a studiare nuove formule che poi declinerà sotto svariate forme di piacere.
In una parabola ascendente Giacomello propone piatti divenuti in pochissimo tempo “storici”, come la spirale di uovo cotta a freddo, albume montato e contrasti acidi e salati, che però cedono il passo, pur non sfigurando, a nuove creazioni, mirabili per impatto emotivo e profondità gustativa.
Il “ricordo di Cala Montjioi: variazione di molluschi e sapori iodati”, esplicito omaggio ad Adrià, è un trionfo di consistenze e sfumature di sapidità che si rincorrono senza mai incontrarsi, sfiorandosi e guardandosi da vicino, creando una commistione che irretisce il palato e la mente all’abbandono completo della moralità.
Il resto della degustazione è un’immersione completa nel mondo emiliano, in cui maiale, pasta e uova sono i tre elementi portanti in chiave gastronomica, nello specifico presentati sotto forme e consistenze nuove, ma mai snaturate dalla loro indole prandiale, necessaria e non banale considerazione per tracciare un percorso coerente che parte dalla tradizione e che ha come destinazione l’innovazione pura.
Tornando all’apertura quindi, rispondere alla domanda di chi sia Terry Giacomello, non è affatto cosa semplice.
È un artigiano che con tatto e raffinatezza propone una cucina territoriale vista attraverso le lenti di occhiali in 3D.
E’ un esponente di una delle cucine che hanno stravolto il modo di concepire la gastronomia mondiale.
È uno studioso attento e minuzioso.
È un esteta e un lavoratore ineccepibile.
Ma soprattutto è un cuoco che regala emozioni a chiunque faccia visita al ristorante Inkiostro di Parma, raccontando se stesso e la cucina della città con un vocabolario completamente nuovo.
La mise en place.
Gli amuse bouche.
Chips di pelle di baccalà; ramo di riso con polvere di riso nero; hamburger di parmigiano e foglia di alloro da succhiare.
Ostia di olio e sale di Maldon.
Soffice di patate, gnocchi liquidi di piselli, olio di prosciutto crudo. Piatto molto armonico, che gioca su toni dolci e delicati. Fondamentale e geniale l’apporto dell’olio di prosciutto crudo che allunga e verticalizza il piatto.
Asparagi, burro acido, primule, concentrato di alloro. Primo passaggio di assoluto livello. Una rincorsa di golosità, acidità e note amaricanti che si evolvono durante la masticazione boccone dopo boccone. Notevole.
Spirale d’uovo cotta a freddo, albume montato, contrasti acidi e piccanti. Un classico di Terry Giacomello.
Ricordo di Cala Montjioi: variazione di molluschi e sapori iodati. Semplicemente geniale.
Tagliolini di bianco d’uovo, crema di parmigiano, caviale di tartufo nero. Piatto golosissimo. La tradizione vista da una prospettiva che non avevamo ancora preso in considerazione.
Mezze maniche di brodo di prosciutto crudo, torta fritta, ristretto di aceto balsamico. Con questo passaggio Giacomello sfata un tabù: il rancido può essere spunto di riflessioni e può venire declinato creando emozioni palatali che non lasciano indifferenti. Altro passaggio che sa di tradizione pur presentandosi in una veste avveneristica.
Anguilla, yogurt al pimento, pomodoro d’albero, foglie insolite. Eccellente preparazione. Il pomodoro d’albero veicola, grazie alla sua succosità, l’alternanza di amaro e acido durante l’assaggio. L’anguilla dona un giusto apporto grasso. Piatto complesso ma molto diretto.
Castagnole di maiale, latte di cocco, fagioli neri. La castagnola è una ghiandola mandibolare del maiale. Piatto molto elegante. Ennesimo grande passaggio.
Spaghetto prosciutto e piselli. Un fuori menu. Provare per credere!
Il pre dessert.
Terra di sesamo, gelato alla gomma di acacia, fragola: ricordo d’infanzia.
La piccola pasticceria.