Passione Gourmet Giugno 2016 - Passione Gourmet

Per Me

In una città caratterizzata da frenetiche aperture di nuove insegne, spostamenti, cambi di gestione i cui risultati lasciano spesso perplessi, probabilmente perchè frutto di approssimativi e velleitari esperimenti imprenditoriali, il nuovo ristorante di Giulio Terrinoni sembra proprio qualcosa di diverso dall’ennesimo grazioso contenitore privo di un significativo contenuto.
Già artefice del successo del Ristorante Acquolina, titolare di ambiti riconoscimenti pur relegato in un quartiere periferico e dal poco seducente accesso, lo chef a quarant’anni ha deciso di mettersi in gioco in modo completo con un locale tutto suo nel pieno centro di Roma.
La summa di tutte le esperienze acquisite nel tempo, distillatesi in idee chiare, ha prodotto una proposta semplice, snella e molto ragionevole che non prescinde da almeno due qualità chiave: estrema solidità sul piano prettamente gastronomico e grande elasticità, leggasi flessibilità, nella fruizione della stessa.
Il tutto non disgiunto da una location strategicamente scelta, al centro di un piccolo district enogastronomico di rilevante interesse e da una struttura del locale piuttosto bistrottiera, propedeutica a un approccio easy, capace di essere al tempo stesso ristorante elegante di sera e ritrovo dove consumare qualche piatto veloce di giorno, magari seduti al bancone che dà direttamente sulla cucina.
Nell’offerta diurna trova, inoltre, applicazione un’idea apparentemente scontata, ma che proprio tale non è, e cioè l’opportunità di gustare a prezzi e porzioni ridimensionati alcuni piatti della cucina di Terrinoni vezzosamente e, vivaddio, italicamente definiti tappi.
L’offerta serale è più classica con piatti alla carta e possibilità di menù degustazione, seguiti da un servizio solerte ed efficiente in cui spicca il bravo sommelier Giulio Bruni che offre la possibilità, a chiunque lo desideri, di accompagnare il pasto al bicchiere con suggerimenti appassionati e mai scontati.
La cucina, come detto, è solida, non avventurosa e dedicata per lo più all’esaltazione del mare, elemento da sempre nelle corde dello chef.
Ed ecco allora, tra le felici intuizioni, una delicata versione ittica dei tortellini panna e prosciutto, il maccarello bruciato e sapientemente marinato con nuance piacevolmente orientaleggianti, o il piccione variamente declinato a testimoniare che qui anche i pochi e selezionati piatti di carne hanno un loro perché.
Da segnalare, ai dolci, l’ottimo Orient-Express, la cui originale golosità è affidata a note amare, acide e grasse felicemente equilibrate.
Certo, non si può fare a meno di notare che la compiutezza dello stile è affidata a rassicuranti rotondità piuttosto che a più vivaci contrasti o alle famigerate ma sempre interessanti acidità, proprie però di un azzardo onestamente difficile da gestire in una startup; la sensazione è che lo chef possa andare oltre quanto finora messo a punto e che le potenzialità per diventare un duraturo fiore all’occhiello della ristorazione cittadina ci siano tutte.

Amuse bouche: arancino cozze e pecorino, cannolo di ricotta, alici e mandorle, ritz al parmigiano con crema di carote.
Amuse bouche, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Pani.
pani, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Assaggio di tortellini panna e prosciutto, revival degli anni ottanta. Ripieno di merluzzo, spuma di finocchio e prosciutto di cefalo.
Tortellini, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Sorbetto di cipolla rossa ostrica e pane al gorgonzola.
ostrica, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Gambero rosso imperiale con insalata russa destrutturata a base di maionese di mare, gel di aceto, maionese di rapa rossa, patate, carote, sedano.
Gambero rosso, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Maccarello bruciato, marinato in aceto e soia e appena fiammeggiato, cavolo rosso, burrata, salsa di prezzemolo.
Maccarello, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Calamaro, sarago, scorfano, gambero bianco, salsa all’arancia e maionese di mare.
Calamaro, sarago, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Palamita a scottadito, chiodini, mosto cotto, salsa di basilico.
Palamita, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Spiedino di polpo arrostito, salsa di fagioli cannellini, ricci di mare, sedano, aria di mare.
spiedino di polpo, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Raviolo di radici, rafano grattugiato, crudo di scampi (invero un po’ mortificato), mandorle, salsa all’aglio dolce, polvere di cipolla bruciata.
Ravioli di radici, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Cappellacci ripieni di faraona con burro al Cesanese, chiodini, caciocavallo podolico.
Cappellacci ripieni, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Il piccione: petto, coscia ripiena di foie, crostino con tartare di filetto, purè di patate, cicoria, salsa al marsala.
piccione, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Lombo di coniglio porchettato con fegatini ed erbe spontanee, carciofo alla romana, salsa ai frutti rossi.
Lombo di coniglio, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Sfera di lamponi e lime.
Sfera di lamponi, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Delizia al limone: gel, crema, mousse, biscotto alla vaniglia, gelato limone e basilico, terra di cioccolato bianco.
Delizia al limone, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Orient express: sablè agli anacardi, ganache al pan di spezie, confettura di kumquat, tuile di cioccolato, gelato al caffè, terra di cioccolato fondente.
Orient Express, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Petit four: tartufo al cioccolato fondente e tè Olong, bignè con crema al cioccolato, macaron con confettura di arancia.
Petit four, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
A tutto pasto.
vino, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Americano a Bracciano per chiudere degnamente.
americano, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Ecco anche qualche tappo servito a pranzo: Crostatina ripiena di baccalà mantecato e cipolla gratinata con cicoria bruciata e caramello di cipolle.
Crostatina, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Rana pescatrice, polenta burro e salvia, carciofo.
rana pescatrice, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Versione prandiale dei cappellacci ripieni di faraona, burro al cesanese e caciocavallo podolico.
cappellacci, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Ganache alla nocciola, cremoso al cioccolato, spugna al cioccolato bianco.
ganache alla nocciola, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Mise en place.
mise en place, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma
Dehors.
Dehors, Per me, Chef Giulio Terrinoni, Roma

Sono passati ormai molti anni da quando il tamtam gourmet iniziò a rimbalzarsi il nome di un giovane chef argentino, di speranze assai più che belle.
E dieci anni sono passati anche da quando Mauro Colagreco, fresco di un apprendistato che aveva visto fra i propri maestri Ducasse, Passard e perfino Loiseau, inaugurò a due giri di tango dal confine italiano il proprio Mirazur. Ora, due stelle, innumerevoli altri importanti riconoscimenti e qualche apertura collaterale dopo, Mauro Colagreco ha quarant’anni. Non cinquantacinque. Quaranta. Si tende a percepire lo chef argentino come un cuoco “arrivato”, quasi che il momento di andare a provare la sua cucina per raccontare l’evento agli amici fosse superato in favore di nomi più freschi, mentre ci troviamo davanti a un professionista maturo, sì, ma ancora in piena parabola ascendente.

Colagreco sembra arrivato a un primo punto di ripensamento, in cui le conoscenze maturate durante l’apprendistato hanno iniziato ad amalgamarsi perfettamente in una cucina che ha come centro espressivo l’orto. Un orto che non è (o non è più, o non è più solo) sterile icona di virtuosismi agresti, ma è utilizzato come specchio per rileggere l’intero spettro gustativo. Forse rispetto al passato la cucina di Colagreco ha anche meno del Prometeo che cerca di liberare se stesso dall’ombra della propria, sontuosa, formazione culinaria; le acidità sono utilizzate non solo in senso provocatorio ma, onnipresenti e dosate magistralmente, sono funzionali al perfetto e antiaccademico non-equilibrio delle creazioni. L’insalata di asparagi con pompelmo, crema di yogurt e miele d’acacia è un piatto di rara perfezione, metallico e affilato come una spada di Hattori Hanzo, destinato a non abbandonare facilmente la nostra memoria.

Moltissimi, poi, sono i miglioramenti che il ristorante ha visto negli ultimi anni: ad una cucina con picchi altissimi facevano infatti un tempo da contraltare una notevole discontinuità (in cui molto giocava la presenza dello chef in cucina), un servizio in perenne difficoltà e una carta dei vini sotto il livello minimo dell’accettabilità a questi livelli gastronomici. Nonostante l’assenza dello chef, invece, abbiamo vissuto un’esperienza gastronomica di livello assoluto, con un servizio di assoluta efficacia e con la possibilità di accompagnare il nostro pranzo con una chicca imperdibile come il Clos de la Néore 2014 di Edmond e Anne Vatan.

E se a tutto ciò aggiungiamo la ciliegina, ovvero la bella sala con una splendida vista sul mare, diviene in pratica quasi impossibile trovare un valido motivo per non passare da queste parti.

Stuzzichini: gelée di rapa rossa, mousse di formaggio di capra, macaron di sanguinaccio e mela verde, sardina del mediterraneo e limone di Mentone.
stuzzichini, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Il pane, strepitoso.
pane, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
amuse-bouche, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Uovo Florentine con caviale Osciètre: un inizio rotondo e opulento.
uovo florentine, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Insalata d’asparagi, pompelmo, crema di yogurt e miele d’acacia.
Insalata d'asparagi, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Spugnole, favette e patate. Materia prima strepitosa (una costante).
Spugnole, favette, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Baccalà candito, nage di verdure primaverili, agrumi e vongole. Capolavoro di tecnica in cui orto e mare emergono a braccetto senza prevaricarsi ma ben distinti. Piatto di incredibile persistenza.
baccalà, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France

Sella d’agnello, cavolfiore, purea di broccoli affumicati e latte di capra. Carne strepitosa, va bene, ma anche qui è l’orto a fare la differenza fra un buon prodotto e un grande piatto di carne.
Sella d'agnello, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Pomelo candito, spuma di cioccolato bianco.
Pomelo Candito, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Strutture di cioccolato nero: come rendere interessante un elemento che nel 2016 ha ormai detto tutto molte volte.
Strutture di cioccolato, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France
Gelatine all’arancia amara, di mate e cioccolato bianco, meringa all’acetosella.
Gelatine all'arancia amara, Mirazur, Chef Mauro Colagreco, Menton, France

Alessandro Battazza è un visionario avanguardista. E come tutti i visionari fa discutere. Alcuni lo tacciano di eresia, perché usa il forno a legna per cuocere il panettone, perché si spinge con lievitazioni -tutte rigorosamente con lievito madre- e con impasti non convenzionali verso frontiere estreme, che alle volte risultano difficili da comprendere, da leggere, da decifrare. E perchè sta seguendo una linea, come ad esempio potete leggere qui , che non è altro che la rilettura intelligente, moderna e attuale della tradizione più spinta.

Nelle cotture, negli impasti, nelle preparazioni. Aggiungendo un pizzico di sana creatività, il che non guasta mai.

E’ un grande visionario perchè se è vero che molti ormai cavalcano l’onda un po’ à la page del lievito madre, delle cotture ataviche, degli impasti integrali, lui è stato uno dei primi a farlo, certamente, e a crederci profondamente. Totalmente autodidatta, ha avuto molti riferimenti, a partire da Rinaldini, suo conterraneo, sino ad arrivare al grande Gianluca Fusto. E tra i panificatori personaggi come Rolando Morandin e Ezio Marinato, che gli hanno aperto il mondo dei lievitati e della panificazione.

Alessandro imprime un’energia ed una dedizione in ciò che fa che permea tutta la sua produzione. E ha costruito la sua “casa” con una formula tanto in voga oggi e quantomai attuale. Un po’ panetteria, un po’ pasticceria, un po’ bar. Tutto questo e nulla di questo. Qui non troverete un impasto monocorde, una farcitura convenzionale, una sfoglia industriale, una marmellata men che meno artigianale.

Troverete tanta qualità, negli ingredienti e nelle preparazioni, tantissima originalità e un innato senso del gusto. Che vi faranno scoprire preparazioni mirabolanti e golose, sane e nutrienti e formidabilmente proiettate in un futuro prossimo, che qui e già presente.

Una veneziana da urlo in primo piano, con una torta gianduia eccellente.

veneziana, Lievita, Alessandro Battazza, Riccione

Croissant con la marmellata (e che croissant) e una torta al matcha e lamponi.

Croissant, Lievita, Alessandro Battazza, Riccione

Un pan brioche tra i migliori mai provati, e una crostata di visciole e farina di nocciole da tripla ola.

Pan Brioche, Lievita, Alessandro Battazza, Riccione

Il banco dei pani e delle focacce.

pane, Lievita, Alessandro Battazza, Riccione

E i mille colori e declinazioni del dolce.

dolci, Lievita, Alessandro Battazza, Riccione

dolci, Lievita, Alessandro Battazza, Riccione

dolci, Lievita, Alessandro Battazza, Riccione

dolci, Lievita, Alessandro Battazza, Riccione

Anche il salato non è male, per un aperitivo defatigante. Ottima la focaccia, si può fare di meglio per gli affettati e i formaggi, non in linea con il resto della qualità espressa.

focaccia, Lievita, Alessandro Battazza, Riccione

Era ancora in corso la Seconda Guerra Mondiale quando, nel cuore della Brianza lecchese, apriva i battenti il Pierino. Più di settant’anni dopo, il mondo della ristorazione è completamente cambiato, ma la famiglia Penati continua a portare avanti la propria missione golosa in un territorio che, storicamente, non è terreno fertile per i grandi ristoranti. Il passaggio generazionale, che ha visto l’oggi poco più che quarantenne Theo prendere le redini della cucina del locale di famiglia, è ormai completato e dobbiamo dire che, dopo alcune esperienze interlocutorie vissute in passato, abbiamo recentemente e in questa occasione trovato nei piatti dello storico ristorante brianzolo un nuovo smalto che fa sperare che il periodo meno felice sia ormai definitivamente superato.

Quella di Theo Penati è, oggi, una cucina assai solida, che coniuga con efficacia la leggerezza cui aveva sempre teso finora con una pienezza di gusto e una precisione tecnica assai superiori che in passato. La cesellatura e le cotture degli elementi vegetali, l’attenzione verso l’alleggerimento di alcune preparazioni (esemplare in questo senso la quasi eterea torta al cioccolato, per quanto possa sembrare un ossimoro) e un sensibile miglioramento sul fronte dell’estetica dei piatti, danno la misura di quanto in quest’ultimo lustro la cucina di questo locale abbia progredito e si sia messa in discussione.
La clientela di riferimento per Pierino Penati resta non tanto quella strettamente gourmet (la quale, comunque, a questi livelli non può certamente uscire scontenta) quanto quella dei molti benestanti che qui accorrono per il bel servizio, formale ma piacevolmente decontratto, e la pregevole e panoramica location: cotture lievemente più prolungate della norma ma tecnicamente inappuntabili, come quella dell’ombrina, assumono così un significato quasi sociologico.
L’arrotondamento del voto verso il basso, e non verso l’alto come sarebbe stato possibile alla luce di portate principali e dolci, è determinato principalmente da un’attenzione migliorabile agli elementi di contorno. A parte la pregevole piccola pasticceria, infatti, le preparazioni offerte in apertura e il pane sono sembrati quasi passaggi obbligati e senza alcun particolare interesse gastronomico.
Se è vero che nulla è dovuto e che un ristorante non è certo un panificio, lo è anche e altrettanto il fatto che da un locale di questo livello ci si attende in apertura qualcosa di più significativo di un flan vegetale caldo e un pane, anche di una sola tipologia, ma di livello più che semplicemente dignitoso.
Siamo certi che Theo Penati, che ha saputo trovare la quadratura del cerchio per elementi ancor più basilari del proprio ristorante, saprà trovare la soluzione per innalzare anche il livello di questi particolari, e riportare la storica insegna al livello al quale merita sicuramente di stare.

Snack di benvenuto: meringa salata…
benvenuto, Pierino Penati, Chef Theo Penati, Viganò, Lecco
…e sformato di verdure invernali (a temperatura fantozziana).
sformato di verdure, Pierino Penati, Chef Theo Penati, Viganò, Lecco
Capesante e carciofi spadellati al profumo di liquirizia: qui si inizia a fare sul serio.
Capesante e carciofi, Pierino Penati, Chef Theo Penati, Viganò, Lecco
Spaghetti turanici cacio, pepe e manzo affumicato: l’esecuzione della cacio e pepe manca un po’ di cremosità rispetto all’originale, ma il risultato gustativo del piatto è di notevole impatto.
Spaghetti, Pierino Penati, Chef Theo Penati, Viganò, Lecco
Il mare e l’orto: ombrina cotta sul mattone di sale ed erbe con verdure: bellissimo il lavoro di selezione e cesellatura dei vegetali; perfetta la cottura del pesce. Davvero buono.
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Buona anche la costoletta di vitello (disponibile sia alta, come da nostra preferenza, che battuta).
Costoletta di vitello, Pierino Penati, Chef Theo Penati, Viganò, Lecco
Accanto alla costoletta, chips a un livello che non credevamo fosse possibile raggiungere.
Chips, Pierino Penati, Chef Theo Penati, Viganò, Lecco
Torta al cioccolato morbida, marmellata di lamponi, in una ricetta “evolution” di incredibile leggerezza.
Torta al cioccolato, Pierino Penati, Chef Theo Penati, Viganò, Lecco
Zabaione della tradizione e savoiardi: qui di leggero non c’è davvero nulla… molto buono, però.
Zabaione, Pierino Penati, Chef Theo Penati, Viganò, Lecco
Piccola pasticceria, varia e di qualità.
piccola pasticceria, Pierino Penati, Chef Theo Penati, Viganò, Lecco

Sul perché pochissime donne siano riuscite ad affermarsi nel campo dell’alta cucina è questione delicata e di difficile soluzione.
Di certo è un peccato, perché la pluralità di espressioni è un bene in tutti i campi della vita, figuriamoci ai fornelli.
Ne è conferma la cucina di Anne-Sophie Pic: assolutamente complessa, assolutamente elegante, assolutamente femminile.
Seduti al tavolo di questa storica Maison della provincia francese, si avverte come le creazioni siano state pensate da una donna.
Anne-Sophie Pic, superati gli anta, sta vivendo una fase di grande evoluzione creativa. Evidentemente i grandi riconoscimenti ottenuti negli ultimi 10 anni le hanno donato quella consapevolezza che le sta permettendo di esprimere al meglio le proprie passioni e la propria idea di cucina.
Messi da parte i classicismi delle cucina d’Oltralpe, Pic sta indagando con sempre più interesse il mondo dell’amaro, dell’acido, del vegetale: erbe, caffè, the, spezie, diventano protagonisti di preparazioni complesse, articolate, che toccano tutta la “palette” gustativa. Preparazioni in movimento, costantemente in modulazione, dal primo all’ultimo boccone e poi ancora oltre, in persistenza gustativa.
Una cucina che guarda fortemente al Giappone: le salse vengono sostituite da bouillon, consommé e dashi e diventano il centro assoluto del piatto, il veicolo gustativo di ogni sensazione.
Una cucina entusiasmante, complessa, convincente. Abbiamo contato nel nostro menù almeno 5 capolavori.

Cosa la separa allora dai grandissimi?
Dettagli, come spesso accade.
In primis, proprio la monotonia nella costruzione dei piatti, tutti (ma proprio tutti) pensati con l’aggiunta al tavolo di un bouillon. Per quanto siano fantastici, alla lunga questa modalità può risultare noiosa.
Poi una certa incompiutezza che abbiamo avvertito nelle prime portate, quasi mancasse un quid per chiudere in maniera superlativa un piatto comunque già di per sé ottimo.
Infine, pur non ritenendolo influente nel voto, non possiamo non rimarcare una politica dei prezzi scellerata, tanto nel menù quanto nella carta dei vini, più comprensibili in un palazzo del centro di Parigi che in una Maison, per quanto storica, di Valence.
Aprire una carta dei vini e trovarsi in imbarazzo su cosa scegliere a causa di ricarichi “mostruosi” anche su bottiglie molto importanti, non agevola certamente la riuscita di una bella serata.
Qui, in generale, pagherete tutto ad altissimo prezzo, e non è dettaglio da trascurare quando deciderete verso quale grande indirizzo francese puntare il vostro obiettivo.

Dettagli a parte, più o meno importanti decidete voi, una cucina assolutamente grandiosa che lascia inoltre la sensazione di possibili ulteriori evoluzioni.
Senza se e senza ma, una della migliori cucine di Francia.

L’amuse bouche.
amuse bouche, Anne-Sophie Pic, Valence, France

Asparagi verdi di Roques-Hautes, marinati all’anice verde, sorbetto di verbena e liquirizia, limone Meyer.
L’asparago è di varietà Grolim, coltivato da Sylvain Erhardt nel domaine di Roques-Hautes a Sénas.
Viene marinato in un sale all’anice verde: l’asparago rimane crudo ma il sale lo cuoce leggermente e per osmosi si arricchisce del gusto dell’anice. Quindi viene rifinito alla plancha: il risultato è un asparago succoso all’interno ma ben croccante all’esterno.
Viene accompagnato da una julienne di asparagi crudi, verbena, limone Meyer e da un sorbetto di formaggio bianco, verbena e liquirizia.
Piatto di grande complessità aromatica, studiato al millimetro nelle consistenze e negli abbinamenti di sapori e profumi. Il sorbetto ci sembra però una aggiunta “borghese” fuori luogo: il piatto, comunque splendido, poteva essere chiuso in maniera diversa.
Asparagi, Anne-Sophie Pic, Valence, France

I berlingots colanti al formaggio di capra di Banon, leggermente affumicato, consommé di crescione infuso allo zenzero e al bergamotto.
La pasta del raviolo è al the matcha, ha una farcia molto morbida di formaggio di capra e mascarpone che rappresenta senza dubbio la componente gourmand del piatto, forse un pochino eccessiva nell’equilibrio del piatto.
Ma il vero protagonista è il consommé, ancora una volta a sostituzione della classica salsa francese.
Acqua di crescione, dalle note sottilmente amare, zenzero, ad acuire le note piccanti, zeste e succo di bergamotto per allungare i sapori floreali, acidi e amari in bocca.
Un ottimo incompiuto parte seconda.
berlingots, Anne-Sophie Pic, Valence, France

Berlingots, Anne-Sophie Pic, Valence, France

L’Abalone cotto meunière alle alghe Kombu, dashi al Geranio Rosato, salvia Nama et melissa, porri grigliati.
L’abalone viene cotto più di 6 ore nel dashi per fargli acquisire i profumi ed intenerirlo e poi cotto meunière in un burro di alghe kombu: purtroppo il risultato non è stato impeccabile, essendo comunque rimasto un po’ gommoso.
Ancora grande protagonista la salsa…note mentolate ed erbacee della salvia, l’umami del dashi, la forza del geranio rosato.
In chiusura l’amaro-dolce dei porri grigliati.
abalone, Anne-Sophie Pic, Valence, France

Lo scampo cotto al burro di crostacei, bouillon leggero alla mela verde, limone.
Il primo assoluto capolavoro.
4 elementi principali: la mela Granny Smith, il sedano, il limone Meyer e l’aneto.
Del sedano vengono usate solo le foglie e ciò apporta una leggera nota amara che si sposa perfettamente con l’erbaceo dell’aneto. Poi il succo di mela viene montato al burro di limone Meyer che prolunga moltissimo l’acidità della mela.
Lo scampo viene cotto delicatamente alla plancha.
In bocca ogni sapore amplifica l’altro, davvero un piatto molto vicino alla perfezione.
scampo, Anne-Sophie Pic, Valence, France

L’Ostrica Tarbouriech come un Irish coffee, rabarbaro, Irish coffee servito au Chemex, caffè Bourbon Pointu grand cru.
La preparazione è introdotta da una sorta di cerimonia del caffè inscenata davanti al tavolo con il chemex, caffettiera in legno e vetro degli anni 40 con la quale si ricava un’infusione di caffè Bourbon Pointu grand cru e whisky giapponese Nikka.
L’“irish coffee” che così si ottiene, rinforzato da liquirizia e cardamomo nero, va poi ad arricchire un’ostrica Tarbouriech marinata a crudo nel whisky e abbinata a una composta di rabarbaro e al rabarabaro croccante.
L’ampiezza aromatica che si genera è sconvolgente: amaro, iodato, acidulato. Il caffè ha delle note minerali e saline e si abbina perfettamente allo iodato dell’ostrica. Alcune foglie di levistico ad allungare il piatto in bocca all’infinito.
Piatto da fondo scala.
ostrica, Anne-Sophie Pic, Valence, France

ostrica, Anne-Sophie Pic, Valence, France

ostrica, Anne-Sophie Pic, Valence, France

Ostrica, Anne-Sophie Pic, Valence, France

Il rombo cotto meunière, acqua di piselli in infusione di foglie di Combawa e cannella.
I piselli vengono lasciati croccanti e accompagnati a una mousse di piselli all’acetosella.
La salsa è un altro viaggio nelle complessità aromatiche.
L’infusione è realizzata a partire dell’acqua delle alghe Kombu, dei piselli, delle foglie di Combawa e Cannella. Note umami delle alghe, erbacee e verdi della foglia di cannella, dolci dei piselli, amare della combawa.
Piatto in continuo mutamento, molto interessante.
rombo, Anne-Sophie Pic, Valence, France

rombo, Anne-Sophie Pic, Valence, France

Il manzo Highland frollato 70 giorni, marinato al rhum Zacapa, pepe PhuQuoc e caffé Libérica de Sao Tomé, carote e spugnole come un giardino.
Il terzo assoluto capolavoro.
Note quasi fermentate della carne, cuoio, tabacco, vaniglia, pepe….un gusto davvero unico per ampiezza, paragonabile a un grande vino rosso.
Il jus è aromatizzato alle foglie di Combawa e chiude perfettamente il cerchio.
manzo, Anne-Sophie Pic, Valence, France

Il capretto marinato al genepi e alla mimosa selvaggia, miele amaro e cera d’api.
Piatto giocato intorno alla profondità aromatica e al profumo della mimosa.
Alla base un purè di broccoli all’olio di mimosa.
Ottimo piatto, ma manca della complessità aromatica degli altri.
capretto marinato, Anne-Sophie Pic, Valence, France

capretto marinato, Anne-Sophie Pic, Valence, France

Le Brie de Meaux alla vaniglia bourbon.
Predessert, francamente poco convincente.
le brie de meaux, Anne-Sophie Pic, Valence, France

Carrello dei formaggi: favoloso.
formaggi, Anne-Sophie Pic, Valence, France

formaggi, Anne-Sophie Pic, Valence, France

formaggi, Anne-Sophie Pic, Valence, France

formaggi, Anne-Sophie Pic, Valence, France

Predessert.
predessert, Anne-Sophie Pic, Valence, France

La millefoglie bianca, crema leggera alla vaniglia di Tahiti, gelatina di gelsomino, emulsione al pepe Voatsiperifery.
La pasticceria ai suoi massimi livelli, sia dal punto di vista estetico (un monocromo bianco) sia da quello gustativo.
Sottile, leggero, gustoso.
L’aggiunta di yogurt regala una punta di acidità alla crema di vaniglia, mentre la gelatina di gelsomino le conferisce una nota floreale. Una glassa di bianco d’uovo, zucchero e limone avvolge tutto.
Attorno al cubo, quattro sbuffi di mousse di latte infuso al pepe del Madagascar.
Semplicemente meravigliosa.
dessert, Anne-Sophie Pic, Valence, France

Il the Sencha e il geranio rosato « dans l’esprit d’un vacherin » crema leggera al geranio rosato, gelato allo zenzero e the sencha, cuore colante al frutto della passione e mango.
Associazione tra the verde, gerianio rosato e riso basmati dagli aromi vegetali, floreali, con una piccola nota fermentata.
Alla base un biscotto bianco giapponese leggermente salato, sopra una crema ghiacciata sencha-riso-geranio rosato, sopra ancora una meringa e una chantilly al riso e geranio rosato. Nel cuore invece un coulant al frutto della passione e mango, molto acido e rinfrescante.
Capitolo 1 del provetto pasticcere: come costruire un grande dessert.
dessert, Anne-Sophie Pic, Valence, France

dessert, Anne-Sophie Pic, Valence, France

piccola pasticceria, Anne-Sophie Pic, Valence, France

vino, Anne-Sophie Pic, Valence, France

Anne-Sophie Pic, Valence, France