Passione Gourmet Aprile 2016 - Passione Gourmet

Hotel Café Royal London

Location, location, location.
Questa massima, in auge da sempre nel settore immobiliare, è valida senza dubbio anche per il mondo dell’hotellerie, ed è sicuramente la più appropriata per definire la posizione dell’hotel Café Royal, situato proprio nel cuore di Londra, su Regent Street all’angolo di Piccadilly Circus.

Il Café Royal fa parte della prestigiosa catena The Leading Hotels of the World, storica associazione che raggruppa alcuni fra i migliori hotel di lusso al mondo. La struttura originale risale al 1860, e ha subito in tempi recenti una profonda ristrutturazione, a cura di David Chipperfield, con risultati veramente eccezionali.
Nel passato questo luogo è sempre stato uno dei ritrovi preferiti di importanti artisti e celebrità (il sito riporta, tra gli storici frequentatori abituali, Oscar Wilde, George Bernard Shaw, Virginia Woolf, Cary Grant, Elizabeth Taylor, Winston Churchill e Muhammad Ali) ma, rispetto agli altri grandi hotel di Londra, qui si respira un’aria più rilassata e meno formale; il lusso c’è, abbondante, ma non è mai ostentato, e lo si coglie soprattutto nei dettagli che circondano l’ospite, dal momento del suo arrivo fino alla partenza.
Da non perdere assolutamente (anche se non siete ospiti dell’hotel) è la famosissima Grill Room, datata 1865 e ora ribattezzata Oscar Wilde Bar, anch’essa completamente restaurata e portata agli antichi splendori, mantenendo lo stile Luigi XVI originale. Qui il té delle 5 è una vera a propria istituzione, da prenotare sempre per tempo in quanto costantemente fully booked.

La struttura conta 160 tra camere e suites; noi abbiamo soggiornato in una splendida junior suite ricca di amenities e di comfort, che hanno reso indimenticabile il nostro soggiorno.
A cominciare dal fornitissimo angolo bar, dotato non solo di frigo ma di una vera e propria cantinetta personale, con vini di ottimo livello; a disposizione dell’ospite anche una macchina Nespresso, free of charge.
La zona living comprende una lunga scrivania, dove poter lavorare in tranquillità e senza problemi, grazie anche ad un media-center con tutti i tipi di prese e connessioni possibili e immaginabili. Anche l’impianto di illuminazione è studiato per offrire all’ospite la quantità di luce desiderata. Una splendida TV 40 pollici Bang&Olufsen, con base motorizzata orientabile, è un’ulteriore carta a favore dell’ampio lato high-tech.
La sala da bagno è interamente in marmo con pavimento riscaldato, con doccia e vasca separate. Ulteriore chicca, un televisore inserito nella specchiera del bagno.

Completano l’offerta globale dell’hotel uno splendido centro benessere con piscina, idromassaggio, sauna e bagno turco (in ristrutturazione nel periodo del nostro soggiorno), una pasticceria affacciata su Regent Street e un ristorante, con annessa Club House, al primo piano, il cui accesso è riservato agli ospiti vip dell’hotel e ai soci esterni.

Un servizio attento, discreto ma sempre presente caratterizzano l’hotel Café Royal, nel cuore pulsante di Londra. Un hotel per chi vuole essere senza per forza apparire a tutti i costi.

La camera.
camera, Hotel Café Royal, London
Camera, Hotel Café Royal, London
Il bagno e le amenities.
bagno, Hotel Café Royal, London
Bagno, Hotel Café Royal, London
bagno, Hotel Café Royal, London
Hotel Café Royal, London
Hotel Café Royal, London
Angolo caffé e bar.
angolo caffè bar, Hotel Café Royal, London
vino, Hotel Café Royal, London
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Il board multimediale.
Hotel Café Royal, London
La colazione.
colazione, Hotel Café Royal, London
Alcuni spazi dell’hotel.
piscina, Hotel Café Royal, London
Hotel Café Royal, London
Hotel Café Royal, London
Hotel Café Royal, London
Hotel Café Royal, London
Una vista globale del ristorante…
Hotel Café Royal, London
…e di hamburger e patatine serviti all’interno dello stesso.
hamburger, Hotel Café Royal, London

Continua decisa la crescita di questo locale, che seguiamo ormai da molti anni.
Una crescita costante, passo dopo passo, limando dettagli e perfezionando piccole sfumature.
Preparazioni sempre più pulite e incisive, sapori più concentrati e impiatti meno caotici che in passato. Meno ingredienti nel piatto e maggiore eleganza: la strada imboccata è sempre più convincente, così come lo è lo studio sui vegetali (in quanti ristoranti potete trovare in carta un cavolo cappuccio nel ruolo di protagonista?) e l’uso delle erbe aromatiche.

Quest’ultimo aspetto, in particolare, è in continua evoluzione: i piatti risultano aromaticamente complessi proprio grazie all’utilizzo di erbe e fiori montani; molto proficua in questo senso anche la collaborazione con l’Azienda Agricola Fiores di Vigo di Fassa che coltiva in biologico fiori ed erbe a 1300 metri di altitudine, che poi essicca pronti per il commercio.
È quel circolo vizioso di cui spesso parliamo: ristoratori, coltivatori, allevatori, macellai, che remano tutti dalla stessa parte per la crescita di un territorio, in questo caso la Val di Fassa. Il fermento è sempre più percepibile in questa valle, e Stefano Ghetta con la moglie Katia Weiss sono tra i principali artefici di questa energia.

Se all’inizio l’approccio con questo locale ci aveva ricordato quello avuto con il Laite, con esperienze che vivevano di lampi, di intuizioni e tanto gusto, ora il tutto ha subito una evoluzione completa. C’è pensiero, costruzione e complessità.
Il Chimpl è maturo, è diventato grande e ha preso piena convinzione delle sue possibilità: morbidezze e spigolosità, gestite in modo corretto nei tempi e nei modi; note aromatiche diverse, mescolate in modo nuovo e per niente banale. La quasi totalità dei piatti è convincente: un grande risotto, una polenta che rimane uno dei migliori piatti mangiati in alta quota.

Anche la sala è sempre più bella: i lavori di ristrutturazione hanno permesso di rendere una parete completamente vetrata; sala e bosco diventano più vicini e la vista può spaziare sulle meravigliose Dolomiti. Poi ci sono le mostre temporanee di artisti in continua rotazione, i dettagli sempre più rifiniti… tanta cura e tanta passione quindi, nel piatto e fuori dal piatto.
Un ulteriore salto si potrebbe fare in cantina, con qualche bottiglia d’Oltralpe, ma diamo tempo al tempo.
Cominciate a salire verso Tamion, ne vale davvero la pena.

Il pane accompagnato dal burro lavorato, sempre buonissimo.
pane, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
burro, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
Bignè ripieno al latte aromatizzato ricoperto di corn flakes.
Cono con crema di topinambur e semi di chia marinati in succo di rapa.
Succo di mela e infuso di bosco.
bignè, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
Bignè, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
Crema di cipolla, mela granny, salmone, funghi enoki, chips di tapioca.
Appetizer che avrebbe dignità di antipasto, molto ben giocato sulle note vegetali e acide.
Crema di Cipolla, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
Cavolo cappuccio arrosto, Orzo, agrumi e Girasole.
Il cavolo cappuccio viene prima cotto a bassa temperatura con succo di agrumi e poi passato a padella rovente: il risultato è fantastico. Un grandissimo piatto con ingredienti semplicissimi.
Cavolo cappuccio, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
Gnocchi di patata, Rapa rossa, Rafano e Casolet.
L’unico piatto della serata non completamente convincente: servirebbe forse maggiore spregiudicatezza nell’uso della rapa e del rafano, il piatto forse sarebbe meno equilibrato ma con maggiore personalità.
Gnocchi, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
Risotto, Cardo, Finferli, Pinoli e cirmolo (con polvere di timo selvatico). Un grandissimo risotto.
Risotto, cardo, finferli, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
Piccione in panatura di erbe, carciofo cotto sotto la cenere.
Il carciofo che ruba la scena al piccione (e non era facile, vista la grande cottura del piccione).
piccione, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
Manzo, filetto e controfiletto, Pastinaca, Catalogna, Nocciole e Foie Gras.
Un secondo completo e appagante in tutte le sue componenti.
manzo, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
Polenta, carciofi, topinambur e segale.
Rivisitazione di un signature dish di Stefano Ghetta. La farina per la polenta viene lasciata in un sacco di iuta nel bosco, per assorbire tutti gli aromi. Poi la polenta viene cotta in acqua di infusione di licheni e muschio. Il risultato è eccezionale, una polenta che sa proprio di resina, una immersione nel bosco.
polenta carciofi, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
Predessert.
Predessert, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
“Melaaaa…”
Mela, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
Mascarpone, Baileys, Gianduia e caffè.
Bignè al Baileys, gelato al caffè, crema di mascarpone, crumble al cacao e cilindro ripieno di gianduia.
Mascarpone, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
La piccola pasticceria, molto curata.
piccola pasticceria, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
piccola pasticceria, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
piccola pasticceria, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
piccola pasticceria, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento
Il nostro accompagnamento alla cena: il Marzemino Poiema 2012 di Eugenio Rosi.
vino, L'Chimpl, Chef Stefano Ghetta, Vigo di Fassa, Trento

La carriera di Martin Benn è stata folgorante: forte dell’esperienza maturata da giovanissimo presso due pesi massimi del calibro di Michel Lorrain e Marco Pierre White, vola in Australia dove, a soli 25 anni, diviene primo cuoco del Tetsuya’s, probabilmente il più celebre ristorante della terra dei canguri, per poi dare vita (e lustro) alla sua creatura, il Sepia.
Le solidissime basi della scuola europea, plasmate dalle influenze del Giappone e del Nuovo Mondo, traspaiono nettissime in una cucina di grande finezza e profondità, mai banale e valorizzata dall’utilizzo di selezionate materie prime.

Il menù degustazione, scelta spesso obbligata a queste latitudini, è un gradevole mix di Oriente ed Occidente, sia per ingredienti che per tecniche di cottura.
La cifra distintiva della proposta gastronomica è la pulizia di sapori, lo scarso o nullo impiego di grassi aggiunti, ed il dosaggio perfetto dei condimenti.

La precisione certosina, anche nell’impiattamento, fa trasparire più di un’influenza nipponica, così come l’acidità, sempre misurata, ma spesso in piacevole evidenza, dà un tocco di modernità, chiesto a gran voce dalla cosmopolita clientela che frequenta il locale.
Tra un cocktail -ben fatto- al bancone all’ingresso, ed una veloce sbirciata allo smartphone, gli astanti chiacchierano amabilmente creando un vociare di sottofondo tutt’altro che comune in una grand table.

Il Sepia, se non fosse per la grandissima qualità di ciò che viene portato ai minuscoli tavolini, nudi, agghindati del solo tovagliolo, parrebbe anche ad un occhio attento, un bar, scuro e trendy… ma pur sempre un bar.
L’atmosfera, gli arredi, il servizio (a scanso di equivoci, di grande professionalità, ma veloce e distaccato), l’assenza di tovagliato, nulla lascerebbe presagire di essere seduti nel miglior locale della capitale, nonché in uno dei più in vista dell’intero Paese.
La Food Good Guide, non a caso, lo ha proclamato miglior ristorante d’Australia nel 2015.

Il nostro percorso è stato scandito da un crescendo di portate, ben congegnato e pienamente godibile.
Perfetto nella sua semplicità il sashimi di tonno, finemente arrotolato, formaggio di capra, avocado, ravanello e ciccioli di maiale, mix tra materia prima, freschezza e ruvida golosità.
Superba l’anatra per cottura ed abbinamento con cachi canditi, finocchio essiccato, aceto di fragoline di bosco.
Meraviglioso bilanciamento degli ingredienti tra wagyu Blackmore, cipolla arrostita, mostarda, funghi nameko, scalogno rosa sottaceto e shots di piselli.
Ci ha sorpreso in positivo anche la variazione di latte, per nulla stucchevole, goduriosa altalena di sapori a tinte dolci: cioccolato, yogurth al cocco, pudding di riso, dulce de leche di capra, sorbetto al latte di pecora, tortina, crisp, yuba.

La carta dei vini è ampia e profonda ma davvero poco praticabile. Pochissime le referenze sotto i 100AUD (70€ circa), e moltiplicatore degno di chi non bada a spese.
Molta sostanza e poca forma, quindi, per la nostra più interessante esperienza in Oceania.

Ostriche neozelandesi.
Ostriche, Sepia, Chef Martin Benn, Sydney
Tris di Appetizer: Salmone saikou, uova affumicate, sudachi. Gambero affumicato, daikon sottaceto, shiso. Kingfish crudo, kabosu, tofu.
Appetizer, Sepia, Chef Martin Benn, Sydney
Sashimi di tonno pinna gialla, formaggio di capra, avocado, ravanello, ciccioli.
Sashimi, Sepia, Chef Martin Benn, Sydney
Capasanta, uovo di quaglia, cavolfiore, tartufo nero della Tasmania, fiori di brassica (dal sapore senapato). Sotto la cupola di spuma di cavolfiore un caleidoscopio di sapori.
Capasanta, Chef Martin Benn, Sydney
Abalone grigliato, yuzu, zabajone di dashi, pelle di pollo arrostita. Molto complesso, ogni boccone regala differenti sensazioni.
Abalone, Sepia, Chef Martin Benn, Sydney
Granchio “spinner”, carota bianca, crema di miso Saikyo, petali di crisantemo fritti, alga nori.
Granchio, Sepia, Chef Martin Benn, Sydney
Anatra, cachi canditi, finocchio essiccato, aceto di fragoline di bosco.
Anatra, Sepia, Chef Martin Benn, Sydney
Wagyu Blackmore grigliata ai carboni, cipolla arrostita e mostarda, funghi nameko, scalogno rosa sottaceto, piselli.
Wagyu, Sepia, Chef Martin Benn, Sydney
Mandarino, lemonade fruit (ibrido tra arancia Navel e limone), tè verde.
Mandarino, Sepia, Chef Martin Benn, Sydney
Gelato al tartufo nero, nocciole tostate, rosmarino, miele Spotted Gum.
gelato al tartufo nero, Sepia, Chef Martin Benn, Sydney
Variazione di latte: cioccolato, yogurth al cocco, pudding di riso, dulce de leche di capra, sorbetto al latte di pecora, tortina, crisp, yuba.
variazione di latte, Sepia, Chef Martin Benn, Sydney
Foresta di cioccolato: cioccolata morbida, nocciola e mandorla, crema di Violet Crumble, sorbetto di more, gelatina di sambuco e limone, tè verde, liquirizia, rametti di cioccolato, finocchio dorato.
foresta nera, Sepia, Chef Martin Benn, Sydney
La sala.
sala, Sepia, Chef Martin Benn, Sydney

Nella periferia ovest di Milano, vicino al nuovo complesso fieristico che ha ospitato Expo, eccoci catapultati in un ristorante-trattoria che piace alla gente. Spesso ci chiediamo quanto le nostre elucubrazioni mentali siano distanti da tutti coloro che desiderano andare semplicemente al ristorante, per trascorrere un paio di piacevoli ore, con un buon accompagnamento e la giusta dose di convivialità.

Campo delle stelle risponde a questa esigenza. In una domenica d’inverno, a tavoli completamente esauriti, abbiamo trascorso un pranzo all’insegna della semplicità e della correttezza. Nei sapori, nella scelta degli ingredienti e nella preparazione. Tutto corretto, divertente e ben eseguito. con, va detto, una millefoglie finale davvero notevole… una sorpresa davvero interessante.

Peccato forse solo per il servizio un po’ in affanno, che ci ha visto attendere quasi 3 ore per i nostri 4 piatti, tra cui degli antipasti che di cucinato non avevano praticamente nulla.

Ma torneremo al Campo delle Stelle, sicuramente per inebriarci ancora con una millefoglie come il faut, ma anche per trascorrere una serena giornata all’insegna del semplice ma buono.

Uno scorcio della sala.
sala, Campo delle Stelle, Chef Giovanni Re, Vanzago, Milano
L’originale menù.
menù, Campo delle Stelle, Chef Giovanni Re, Vanzago, Milano
Fiori di zucca ripieni di formaggio filante, troppo unti.
Fiori di zucca, Campo delle Stelle, Chef Giovanni Re, Vanzago, Milano
L’antipasto di carne, con patè, insalata russa e sfiziosità sotto’olio.
Antipasto, Campo delle Stelle, Chef Giovanni Re, Vanzago, Milano
Affettati biologici e prosciutto cotto fatto in casa.
Affettati, Campo delle Stelle, Chef Giovanni Re, Vanzago, Milano
Il salmone marinato della casa.
Salmone, Campo delle Stelle, Chef Giovanni Re, Vanzago, Milano
Ravioli ripieni di porri e ricotta con pancetta.
Ravioli, Campo delle Stelle, Chef Giovanni Re, Vanzago, Milano
Ravioli di pesce.
Ravioli di Pesce, Campo delle Stelle, Chef Giovanni Re, Vanzago, Milano
Pescato del giorno, carciofi al burro e insalatina.
Pescato del giorno, Campo delle Stelle, Chef Giovanni Re, Vanzago, Milano
Tagliata di manzo con castagne e noci.
Tagliata di manzo, Campo delle Stelle, Chef Giovanni Re, Vanzago, Milano
La superlativa millefoglie alla crema.
millefoglie alla crema, Campo delle Stelle, Chef Giovanni Re, Vanzago, Milano
Tiramisù.
Tiramisù, Campo delle Stelle, Chef Giovanni Re, Vanzago, Milano

Mai aspettarsi che la manna arrivi dal cielo.
Meglio rimboccarsi le maniche: gli aiuti, più o meno divini, giungono sempre inattesi.
E così in cerca di degno ristoro tra le millanta insegne di Milano ecco che -non tanto all’improvviso, ma con una certa, piacevole, sorpresa ed un passo avanti rispetto alla nostra scorsa visita- si arriva a Manna.

L’ambiente è raccolto e sobriamente minimal: pochi tavoli, arredi misurati e pannelli che si affacciano dal soffitto per un’acustica sostenibile, ma qualche dettaglio, come le tinte pastello delle sedie e i bicchieri dell’acqua colorati, lo rendono accogliente quanto basta.
Una boccata d’aria fresca, questo luogo della tavola che va dritta al sodo, che punta al gusto, che ama i sapori schietti e decisi, ma che sa anche il fatto suo in quanto a tecnica -sviluppatasi negli anni- e crea dunque le condizioni affinché i piatti alla fine risultino apparentemente massivi eppure assolutamente leggeri. Una cucina sostanzialmente italiana e meneghina nel cuore, giocata sulla combinazione ragionata di pochi ingredienti, che rispecchia in pieno il cuoco(ne) che la propone: Matteo Fronduti, sguardo e fisico da biker e sorriso, sotto il baffo, sornione.

Una cucina senza fronzoli ma curata, che diverte e si diverte. A cominciare dai nomi delle proposte in carta, degni di un titolista d’eccezione. Evocativi, enigmatici, ironici, allusivi (da “Uè, testina” passando per “Contro il logorio della vita moderna”), racchiudono ciascuno l’essenza di ciò che verrà presentato, anticipando alla lettura un quid di buonumore. Che non ci abbandona, ma che anzi viene rinforzato ogni volta che si è chiamati alla prova, assaggio dopo assaggio: insomma la cucina fa sul serio, e l’ospite si diverte. Il sorriso si allarga proporzionalmente alla soddisfazione delle papille e al conforto che si produce quando tra aspettativa e realtà effettiva il gap è prossimo allo zero.
E si mangia anche con gli occhi: presentazioni pulite, con volumi studiati, colori calibrati e brillanti. A tal proposito emblematici sono “Libero e privo di impedimenti” (puntarelle, sgombro marinato e datteri, con lucidissima livrea azzurro metallizzato del pesce, in evidenza tra il verde croccante della cicoria cimata e il nocciola soft dei datteri, bilanciato poker di agro-dolce-amaro-iodato) e “Merenda hardcore V.M.18” (vedere e gustare per credere! Sogno-incubo golosamente proibito post-Moretti), portate in ogni caso pensate anche quando volutamente provocatorie.

Est modus in rebus, e Manna ha trovato il proprio.

Libero e privo di impedimenti. Puntarelle, sgombro marinato e datteri.
sgombro, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Uè, testina. Bollito di testina di vitello, salsa verde e giardiniera.
Uè testina, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Grunt. “Prosciutto” di cinghiale fatto Qui, erbe amare invernali e mela verde.
Grunt, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Contro il logorio della vita moderna. Maccheroni, carciofi, gambero rosso, lardo e timo.
Maccheroni carciofi, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Autarchia. Pasta fresca all’uovo, ragù e parmigiano vecchio.
Autarchia, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Tutto fumo. Spaghetti, cime di rapa, aringa affumicata e rafano.
Spaghetti, cime di rapa, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Quasi Milano. Riso, pistilli di zafferano e midollo di bue crudo.
Riso, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Kunta Kinte. Insalata di radici arrosto, maionese di cavolfiore e senape.
Kunta Kinte, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Riassunto di cassoela. Costina, verzino, crocchetta di piedino, musetto, verza e cotenne.
Cassoela, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
De sera e de matina. Baccalà mantecato, polenta taragna e chutney di arancia e spezie.
Baccalà, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Bistecchina?!?! Reloaded. Pannicolo di manzo, radicchio affumicato e miele di castagno
bistecchina, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Vai via dottore. Tarte tatin, gelato alla vaniglia.
Tarte tatin, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Nocciola più. Nocciola soffice, nocciola croccante, sorbetto di cacao e caffè.
Nocciola più, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Virgin colada. Ananas al naturale, lime e cocco.
Virgin Colada, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano
Merenda hardcore V.M.18. Cioccolato fondente, tabacco cubano, whisky torbato e frollini.
merenda hardcore, Ristorante Manna, Chef Matteo Fronduti, Milano