Passione Gourmet Marzo 2016 - Passione Gourmet

Tocco dell’Hotel Montreal

E’ ormai sempre meno frequente scovare nuovi talenti, in grado di colpirti. E sopratutto è ancor più raro quando ciò accade in un luogo di cui quasi nessuno parla. Noi ne abbiamo scritto esattamente un anno fa. E Dario Di Liberto nel frattempo ha fatto molta strada. Ha rinfrescato la sala, dandogli un tono più attuale, ha ampliato la cantina, inserendo qualche interessante referenza in più, e non per ultimo ha innestato un paio di marce in più in cucina.

Golosa, persistente ma anche raffinata e intrigante, sottile e precisa: così sta piano piano diventando la sua cucina. Punto più elevato toccato da quella triglia, magica, ricca di richiami a grandi piatti di grandi chef ma al contempo molto personale e originale. Un piatto che per cottura, abbinamenti, proporzioni e senso del gusto ha veramente toccato il cuore.
Ma anche tutto il resto nel nostro ottimo percorso non è stato da meno. Ingredienti selezionatissimi, freschi, scintillanti. Cotture perfette, umidità rispettata, salse quanto basta. E un prezzo, 55 euro, che raggiunge l’apice della convenienza per un percorso del genere.

Bravo chef e bravi a tutto il resto dello staff, anche in sala, che sta crescendo e muovendosi lentamente verso una eccellenza encomiabile.

Quinoa soffiata multi gusto e multi colore.
quinoa soffiata, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

L’ottimo pane di farine integrali di grani antichi siciliani.
pane, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

Scrigno di patata ripieno di frutti di mare, salsa alla senape selvaggia e ricci di mare.
scrigno di patata, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

Crudo di tonno, gamberi e seppia in crema di latte di bufala ragusana e pomodori appassiti.
crudo di tonno, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

L’ottimo pane in accompagnamento.
pane, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

La superlativa “Triglia di terra” con polveri di pomodoro, nero di seppia e prezzemolo: è adagiata su funghi, topinambur, carciofi, spinaci e tartufo, completata da un brodo di triglia fenomenale. Un piatto eccellente.

Triglia di Terra, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

Ravioli di baccalà con crumble di olive, bietola, peperone e crema di zucca.
ravioli di baccalà, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

Spaghetti ai frutti di mare, crema di fagiolo di Scicli e polvere di pane alla bottarga.
spaghetti ai frutti di mare, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

Fresca e ben cotta la Cernia alla puttanesca in crema di sedano rapa e spinacino.
Cernia, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

Un predessert interessante: gelato al fico d’india, crema di ricotta, cialde di pane e polvere di cioccolato di Modica.
predessert, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

La cassata rivisitata, molto elegante.
cassata, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

Gli ottimi ravioli ripieni di confettura di pesca in brodo caldo di agrumi e basilico.
ravioli, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

La piccola pasticceria.
piccola pasticceria, Ristorante Tocco, Hotel Montreal, Chef Dario Di Liberto, Ragusa

La geografia della pizza napoletana, prima ricalcata precisamente sulla linea dei confini metropolitani, modifica ed amplia ormai continuamente il suo perimetro. Se prima per un residente del centro città l’ipotesi di una trasferta pur breve sarebbe apparsa quantomeno bizzarra, oggi la ricerca sull’impasto, specificatamente sulle farine e sui lieviti, e la cura nella scelta dei prodotti di complemento, fondamenti di una buona pizza, vengono condotti in tutta la provincia e spesso fuori di essa da pizzaioli giovani e motivati, talvolta figli d’arte eredi di tradizionali pizzerie senza troppe pretese. Questo è il caso di Le Parùle già La Gardenia che con il suo ingresso sormontato dall’enorme scritta luminosa, argina il lato mare della Benedetto Cozzolino, la strada che cinge un tratto di Vesuvio da Ercolano a Torre del Greco.

Qui, da un anno, Giuseppe Pignalosa, proprietario e pizzaiolo, ha voluto scommettere e rilanciare e dopo aver pennellato le pareti con colori vivaci, sostituito tavoli e sedute, costruito un bellissimo forno di tessere oro, si è messo a studiare le alchimie tra acqua, farine e lieviti. Poi a completare il prezioso orto di famiglia si sono scelti, uno ad uno, i prodotti piu’ interessanti ed ora, ad esempio, la pizza Margherita si presenta con un impasto ad alta idratazione con lievito di birra, farina doppio zero con percentuale di zero, un disco di formato medio, fiordilatte Cioffi di Agerola e pomodori San Marzano Agrigenus. Alta digeribilità, cornicione alto, alveolato e ben cotto, spessore della parte centrale sottile come previsto dal disciplinare, pomodoro senza acqua in eccesso grazie alla evaporazione per l’alta temperatura del forno. Su queste basi poi si vanno costruendo le variazioni e le prove d’autore con l’orto (il dialetto parùle appunto) protagonista: cosi’ la scarola corredata di alici e olive nere in una veloce cottura con la sua integrale croccantezza restituita dalle nocciole di Giffoni, la zucca la cui crema accoglie i porcini e la pancetta o ancora la rucola selvatica, amara di suo e incattivita dal fulmine della grattugia di limone che contrappunta la dolcezza della bresaola della Valtellina riproponendo al palato tutto il campionario di sfumature grasse, acide, dolci e sapide.

Nuovo ingresso in carta, poi, l’ ovo conciato. Progetto ambizioso che vuole l’utilizzo del Conciato Romano, lo straordinario formaggio delle anfore di Manuel Lombardi, in abbinamento con l’uovo. Dentro la pancia di una pizza fritta. Una sorpresa celata dunque che colora il piatto al primo affondo di coltello. Piacevole la intensità del tuorlo liquido, meno quella delle parti di albume che non riesce a cuocere interamente data la brevità della frittura. Si potrebbe tentare un minore spessore della pasta che lo racchiude portandolo al limite che garantisca la tenuta in cottura o forse optare per la sua eliminazione in fase di farcitura. Allungo finale del Conciato con una persistenza davvero notevole che la rende ideale a chiusura del pranzo. Birre artigianali, qualche bottiglia di vino senza pretese, grande entusiasmo e molta voglia di crescere.
Da tenere in lista.

La facciata di ingresso con la scritta fuori scala. Decisamente più a vocazione turistica che gourmet.
Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
La sala. Boiserie bianca, pareti verdi e azzurre, sedie in legno. Le fotografie in cornice e gli oggetti sospesi al soffitto animano un ambiente altrimenti freddo anche a causa dell’illuminazione con le plafoniere a soffitto.
sala, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
l piennolo di pomodorini del Vesuvio in compagnia dei peperoncini sospesi ad una scala a soffitto. Un cambio di prospettiva della tradizione.
Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
Il menù. Circa 30 scelte di pizze, 12 primi, 8 secondi oltre dolci, birre, vini. Tanta roba. Forse troppa.
menù, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
La pizza sulla pala, prima di entrare in forno.
pizza, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
La margherita nel piatto. Cornicione alto e alveolato, basilico a foglia intera, fiordilatte di Agerola, pomodoro San Marzano, olio evo. Ineccepibile.
margherita, pizza, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
La margherita a tavola. Si notano le pezzature bruciate in alcuni punti del cornicione.
margherita, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
La margherita. Particolare. Intorno e sopra al cornicione si formano le escrescenze che caratterizzano la irregolarità tipica del tondo della pizza all’uscita dal forno.
pizza, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
Zucca e porcini. Una crema di zucca di media densità con fiordilatte, funghi porcini, pancetta e il croccante delle nocciole. Tema stagionale, equilibrio, grandi profumi. La pizza del giorno.
zucca e porcini, pizza, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
Stracciatella. A metà tra pizza e focaccia. Stracciata di bufala, bresaola, rucola e buccia di limone aggiunti a crudo sul disco di pasta appena uscito dal forno.
stracciatella, pizza, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
Scarulella. Un classico ripieno qui in versione aperta: scarola, alici di Cetara, fiordilatte, olive di Gaeta e nocciole di Giffoni.
Scarulella, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
Scarulella, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
Fritta con ovo conciato. Forma allungata, spessore pronunciato, frittura asciutta, doratura accentuata. Al taglio, il tuorlo liquido comincia a sgorgare. Sul finale il sopravvento del conciato romano.
pizza fritta, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli
pizza fritta, Le Parule, Giuseppe Pignalosa, Ercolano, Napoli

“La tradizione” di Roma è uno di quei luoghi che sarebbe riduttivo definire facendo ricorso alle categorie di salsamenteria o salumeria.

Non perché non lo sia, piuttosto perché ormai il locale, di ultratrentennale notorietà, fondato da due appassionati come il duo Fantini&Belli, rappresenta uno dei poli di riferimento gastronomico tout court cittadini.
Le ricercate delizie rivendute in questo piccolo antro di succulenze godono infatti di una meritata fama che oltrepassa di gran lunga il quartiere Prati, dove esso risiede.

La nuova e lungimirante dirigenza del locale ha deciso, saggiamente, di diversificare l’offerta, ispirandosi ad un fortunato format, felicemente già adoperato in città dall’altrettanto rinomata famiglia Roscioli: associare alla vendita al dettaglio un luogo dove gustare le stesse prelibatezze, inserite in un adeguato menù.
A qualche decina di metri dalla rivendita ecco, dallo scorso novembre, l’apertura di “Secondo Tradizione” un informale bistrot dislocato su due piani che assolve efficacemente al compito assegnato.
Colpiscono, scorrendo la carta, le molteplici combinazioni che permettono di assaggiare la rinomata varietà di salumi e i formaggi della casa madre, tutti selezionatissimi, di grande qualità e divisi per origine e tipologia.
Accanto a questa interessante opportunità è presente un elenco di pietanze di matrice tradizionale, che si pongono con semplicità al servizio della materia prima.
L’accuratezza delle preparazioni e la loro riuscita sono già di livello e in alcuni casi, come l’amatriciana e la supreme di pollo, davvero buone, mentre in altri, come gli spaghettoni, con baccalà eccessivamente mantecato, decisamente perfettibili.
Il servizio volenteroso e in fase di rodaggio evidenzia le proprie difficoltà soprattutto nelle tempistiche nella saletta superiore, già oltremodo rumorosa e dalla temperatura eccessiva per l’inappropriata concentrazione di tavoli.
Roma non è stata costruita in un giorno, figuriamoci, i margini per ottimizzare questa recente e interessante risorsa ci sono davvero tutti.

Zuppa di cipolle e Comtè.
Zuppa di cipolle, Secondo Tradizione Banco&Cucina, Roma
Pane umbro.
pane umbro, Secondo Tradizione Banco&Cucina, Roma
Spaghetto all’amatriciana.
spaghetto all'amatriciana, Secondo Tradizione Banco&Cucina, Roma
Spaghettoni con baccalà mantecato e peperoni cruschi.
spaghettoni con baccalà, Secondo Tradizione Banco&Cucina, Roma
Petto d’anatra con salsa d’arancia e purè allo zafferano.
petto d'anatra, Secondo Tradizione Banco&Cucina, Roma
Supreme di pollo con sedano rapa.
supreme di pollo, Secondo Tradizione Banco&Cucina, Roma
Onesta coppa di crema mascarpone con cantucci alla birra scura.
coppa di crema al mascarpone, Secondo Tradizione Banco&Cucina, Roma
La scelta del vino.
vino, Secondo Tradizione Banco&Cucina, Roma
Mise en place.
mise en place, Secondo Tradizione Banco&Cucina, Roma

Peter Gilmore, pluriennale giudice di Masterchef Australia, è unanimemente riconosciuto come uno dei massimi esponenti della ristorazione del suo Paese; costantemente in cima alle classifiche di settore, la sua creatura, il Quay, è un must per ogni gourmet che visiti, per lavoro o per piacere, la capitale.
Situato nell’area di The Rocks, sui moli ove attraccano i numerosi traghetti che collegano capillarmente la straordinaria Bay, il locale è situato al primo piano di un edificio che ospita il terminal passeggeri, con splendida vista su uno dei simboli di Sydney nel mondo, l’Opera House.
Gli arredi, dai toni scuri e con il viola ed il verde predominanti, abbondano di specchi, anche al soffitto, in un mix anni ’70 poco piacevole.
Il servizio è tipicamente anglosassone, formale e ben collaudato, non particolarmente spigliato e caloroso, ma tecnicamente perfetto.

La cucina di Gilmore è difficilmente decifrabile e ancor più difficilmente collocabile in un territorio.
Non è fatta per compiacere il palato del turista, o del novello gourmet, poco scafato; è una proposta di rottura, di sapori forti, di dissonanze, di spiccate sapidità.
Utilizza ingredienti del sud est asiatico, le cui influenze si percepiscono nette, oltre a materia prima tipica del territorio australiano, della cui biodiversità è fiero sostenitore.
Basti pensare che pur essendovi solo menu degustazione (in Australia i top chef non amano “la carta”), poche sono le portate ove l’equilibrio regna sovrano, ove l’ingrediente principale (carne, pesce o verdura che sia) rivesta il ruolo di protagonista, anzi.
Le salse spesso sono talmente incisive da annichilire il “main product”, declassandolo a mero gioco di consistenze.
Abbiamo apprezzato la forte personalità del cuoco, evidente il marchio autoriale, ma non sempre il risultato finale.

Se è vero che la grande cucina non deve giungere necessariamente ad un equilibrio gustativo, è anche vero che i contrasti, le contrapposizioni, le sensazioni preponderanti non devono prevaricare sulla piacevolezza complessiva, prolungata dalla persistenza.
In alcune preparazioni, pensiamo alla XO Sea o all’anatra, peraltro in rapida sequenza nel degustazione selezionato, la percezione del salato, dopo la deglutizione, acuitasi con gli ultimi bocconi, è davvero eccessiva, quasi disturbante.
In altre portate ci si sente più a proprio agio, con sapori decisi ma confortevoli, con rare, ma preziose, punte di diamante che non vi fanno rimpiangere di esservi seduti a questi tavoli (mud crab congee e wagyu su tutti).
Un’ultima raccomandazione: prenotate per tempo, con molto anticipo (il primo di ogni mese per il semestre successivo, questa è la policy del Quay), soprattutto nei weekend: gli australiani amano cenare fuori casa.

Appetizer: brodo alla soia e purea di patate aromatizzata, molto, forse troppo, sapido.
Appetizer, Quay, Chef Peter Gilmore, Sydney, Australia, Masterchef
Gambero di fiume, caviale di john dory, nasturzio, fiori bianchi e cultured cream (Crème fraîche): contrasto dolce-salato tra gambero e uova di pesce, nasturzio a completare lo spettro gustativo.
Gambero di fiume, Quay, Chef Peter Gilmore, Sydney, Australia, Masterchef
Congee di granchio, cuore di palma, emulsione di tuorlo d’uovo. Vellutata l’emulsione, che nasconde il congee con la polpa del granchio; boccone delizioso.
Congee di granchio, Quay, Chef Peter Gilmore, Sydney, Australia, Masterchef
XO Sea: seafood con salsa XO e patanegra esseiccato, per palati forti ed allenati. La salsa è di una concentrazione senza pari che, purtroppo, annichilisce i crostacei; dobbiamo ipotizzare che la salsa non solo sia ma debba anche essere la protagonista indiscussa del piatto.
Xo Sea, Quay, Chef Peter Gilmore, Sydney, Australia, Masterchef
Guanciale affumicato, koji arrostito (enzimi di derivazione fungina), funghi shiitake, alga kombu, sesamo, capasanta, cagliata di latte e brodo affumicato. Portata molto complessa e che dopo l’Xo Sea rappresenta un vero doppio colpo da ko papillare.
Guanciale affumicato, Quay, Chef Peter Gilmore, Sydney, Australia, Masterchef
Anatra cotta a bassa temperatura, miso al riso nero, crema di sedano, aglio nero, gemme di ice plant. Impiattamento non bellissimo alla vista, anche se i colori non aiutano. Ancora una volta quello che dovrebbe essere il protagonista del piatto (l’anatra) è un mero comprimario.
Anatra cotta, Quay, Chef Peter Gilmore, Sydney, Australia, Masterchef
Rump cap di wagyu Blackmore (il taglio della picanha, poco utilizzato in Italia), funghi shiitake, spinaci di montagna, alghe. Buonissima la carne, finalmente esaltata dagli ingredienti di contorno.
Rump Cap, Quay, Chef Peter Gilmore, Sydney, Australia, Masterchef
Snow egg: meringa intorno ad un sottilissimo biscotto al malto, granita alla pesca bianca, gelato alla custard apple (frutto esotico). Molto interessante, goloso e leggermente acido. È il signature dish per eccellenza di Gilmore.
Snow Egg, Quay, Chef Peter Gilmore, Sydney, Australia, Masterchef
Chocolate ethereal: diverse percentuali di cacao per delle sottili lastre di cioccolato e frutta secca, affondate in una suadente ganache al cioccolato che ricopre un sottile substrato di caramello salato.
chocolate, Quay, Chef Peter Gilmore, Sydney, Australia, Masterchef
Praline.
praline, Quay, Chef Peter Gilmore, Sydney, Australia, Masterchef
Sala.
sala, Quay, Chef Peter Gilmore, Sydney, Australia, Masterchef
Panorama dal molo.
Quay, Chef Peter Gilmore, Sydney, Australia, Masterchef

La pizzeria di Ciro Salvo è una di quelle inossidabili certezze su cui un amante della Pizza, quella con la P maiuscola, può contare oggigiorno.
La qualità proposta, a circa due anni ormai dall’apertura e nonostante il recente ampliamento dei locali, è oggetto di legittima e indiscutibile ammirazione, nonché fonte di inenarrabile goduria per i fortunati avventori.
La perfezione tecnica messa a punto da questo bravissimo artigiano è più che proverbiale, e permette la sublimazione del gusto attraverso quella leggerezza cui ogni pizzeria dovrebbe aspirare.

Il livello eccelso delle materie prime da solo non potrebbe infatti garantire la riuscita di una eccellente pizza, se non congiunto a levità dell’impasto e a cottura millimetrica che ne rappresentano il valore assoluto.
La perfetta idratazione e lievitazione dei pani sono frutto di attenzione e sensibilità maturate nel corso di lunghi anni di lavoro; non meno importante è la liturgica gestualità nella loro manipolazione che appare degna, e non appaia blasfemo e fuori luogo il paragone, di quella dei grandi maestri giapponesi del sushi.

Non sarà affatto difficile, così, per una persona gustare un paio di pizze e magari, perché no, dividerne una terza senza colpo ferire, senza patire appesantimenti di sorta né tardivi pentimenti, accompagnando magari il tutto con una buona bottiglia scelta dalla discreta lista di vini campani presente nel menù.
Una marinara e una margherita, ideali pietre di paragone per tarare il livello, di inaudita bontà, una broccoli e salsicce di inebriante golosità e persino una carbonara, omaggio non esattamente territoriale a uno dei must della gastronomia nazionale, di riuscita e avvolgente piacevolezza, possono essere dei validi spunti con cui deliziarsi.
Oltretutto, poi, qui siamo nel cuore di Napoli, a pochi metri da uno dei lungomari più belli del mondo, ideale completamento di un’esperienza appagante in tutti i sensi.

Mise en place.
mise en place, Pizzeria 50 Kalò, Ciro Salvo, Napoli
Marinara.
marinara, pizza, Pizzeria 50 Kalò, Ciro Salvo, Napoli
Marinara con scarole, e non solo…
marinara con scarole, Pizzeria 50 Kalò, Ciro Salvo, Napoli
Carciofi e capocollo di Martina Franca.
carciofi e capocollo, Pizzeria 50 Kalò, Ciro Salvo, Napoli
Una “colpevole” ma buonissima carbonara, molto poco tipica, ma la curiosità era tanta…
carbonara, Pizzeria 50 Kalò, Ciro Salvo, Napoli
Broccoli aprilatici, salsicce e nduja.
broccoli, salsiccia, 'nduja, Pizzeria 50 Kalò, Ciro Salvo, Napoli
Per chi non vuole rinunciare al vino, una selezione interessante di cantine campane tra cui questo ottimo Costa d’Amalfi.
vino, Pizzeria 50 Kalò, Ciro Salvo, Napoli
Il pizzaiolo all’opera, alquanto attenzionato…
Pizzeria 50 Kalò, Ciro Salvo, Napoli
Napul’è…
Pizzeria 50 Kalò, Ciro Salvo, Napoli