Forse corriamo il rischio di ripeterci, ma diventa una esigenza quando ci si trova di fronte a messaggi di questa potenza comunicativa: andare in profondità, capire, amare la cucina di Massimiliano Alajmo richiede attenzione, curiosità, forse anche fatica.
Non fraintendeteci: si può tranquillamente venire alle Calandre e godere in completa leggerezza e serenità di una delle migliori tavole d’Italia.
Ma per coglierne davvero l’essenza, afferrarne le sfumature ed elaborare un proprio giudizio, bisogna andare oltre la superficie dei piatti e studiare la natura degli ingredienti.
Un po’ la differenza che passa tra sentire parlare una persona o ascoltarla davvero.
Massimiliano Alajmo si dimostra nuovamente in grandissimo fervore creativo: sembra incredibile che quest’uomo sia da quasi 20 anni sulla breccia dell’onda. La freschezza, la verve, l’energia ci parlano di un giovanotto che ha ancora tantissime cose da dire, di una creatività che è ancora ben lungi dall’aver scollinato nella sua parabola evolutiva.
Le novità tecniche si susseguono anno dopo anno: il lavoro sulla leggerezza, arrivato a gestire ogni salsa senza l’utilizzo di grassi animali o lattosio pur mantenendone le caratteristiche organolettiche, è qualcosa di unico, un patrimonio che da solo potrebbe consentire ad Alajmo di sedere tra i più grandi cuochi della storia.
Ma c’è anche molto altro: lo studio sull’ingrediente, la ricerca maniacale volta a far esprimere la materia alla sua massima potenzialità.
Cotture a pressione, lunghe lavorazioni, estrazioni aromatiche: questa cucina è una scuola vera e non è un caso che abbia sfornato e continui a sfornare grandi talenti.
Senza dimenticare il fatto che alla Calandre il menù creativo viene completamente cambiato ogni stagione (ovvero quattro volte l’anno!), caso non così frequente tra i grandi ristoranti del nostro Paese.
Il menù “Max – Autunno 2015” è un inno a questa stagione: godete del suono armonico che riesce a regalare ogni composizione, ma non privatevi del piacere di cogliere qualche dettaglio, qualche suono diverso, qualche timbro insolito che rendono un pasto alle Calandre così complesso e così emozionante.
Appetizer:
Pane carasau con crema alla bottarga.
Rapa ripiena di crema di mandorle, petali di dalia.
Gondola di mais, baccalà, schia, polpo.
Cavolfiori all’olio con polvere di semi di lino e crema di arancia e curcuma.
Il cavolfiore viene prima bollito e poi passato in padella, la salsa è di arancia (la sensazione cremosa è data dall’utilizzo di frutta secca, nessun grasso aggiunto), semi di lino, olio di curcuma (con curcuma fresca).
Un inizio spettacolare.
Nudo e crudo.
Pesca, ombrina, riso soffiato.
Spaghetto freddo, gambero, salsa di pistacchio e profumo mandarino: lo spaghetto freddo con pistacchio non è certo una novità, ma l’essenza di mandarino stravolge ogni cosa; il mandarino si lega al grasso del pistacchio, dando alla preparazione complessità e lunghezza. Standing ovation.
Astice, crema di mandorla, gelatina di acqua di pomodoro.
Battuta di Fassona, crostacei, salsa al curry.
Ravioli di acqua di mare con latte di dotto e passata di ceci neri.
Il latte di dotto è solo un gioco di parole perché in realtà non c’è traccia di lattosio in questo piatto: quella che rimane è la sensazione lattica, ottenuta lavorando a lungo il dotto.
I ravioli ripieni di acqua di mare sono una esplosione di gusto, salsa ai ricci, brodo di dotto latte e purè di ceci neri completano un assoluto capolavoro.
Risotto di funghi, tartufo bianco, scampi e crema di pinoli.
Uno dei piatti dell’anno.
Gioco di sensazioni termiche, tattili e gustative: liscio, ruvido, morbido, croccante, dolce, terroso, salato. Il tutto senza perdere l’obiettivo iniziale: fare da spalla al tartufo bianco.
Piatto da 20/20.
Pasta al forno.
Ricotta, pomodoro, pesto, pasta ripiena di carne: l’Italia al potere.
Pasta di sola farina di grano duro e acqua: un procedimento molto lungo di lavorazione crea una cavità e porta la superficie ad essere estremamente croccante.
Un piatto eccellente che si discosta moltissimo dal registro del menù, una parentesi di rassicurazione e conforto per spezzare il ritmo.
Brodo oro.
Un brodo concentratissimo di guancette, con zafferano, liquirizia e incenso.
Quasi masticabile, concentratissimo e complesso.
Uovo al tonno e tartufo bianco.
Sorbetto di tonno (senza latticini), uovo sodo e bottarga.
Come migliorare un cicchetto senza tempo.
Astice tostato con puré filato di patate e zuppetta di scorfano.
Classicità in movimento.
Piccione con more selvatiche, incenso e pâté di fegatini.
Il piccione, in casa Alajmo, non si sbaglia mai. Meraviglioso.
Piattino a latere per scarpetta (d’obbligo).
Sorbetto cocalandre.
Tartufo sgelato.
Gelato di tartufo, cioccolato bianco, riduzione di caffè, mela in tre consistenze, pan biscotto e uvetta al Pedro Ximénez.
Madame è sempre Madame…