Passione Gourmet Agosto 2015 - Passione Gourmet

La Trota

La cucina dei fratelli Serva ha qualcosa di alchemico.
Sarà per l’atmosfera quasi incantata che si respira alle fonti di Santa Susanna, piccolo angolo di natura incontaminata in cui è incastonato il loro ristorante.
Sarà forse per l’influenza di quella Porta Ermetica, nel vicino centro di Rivodutri, che da oltre trecento anni appassiona gli studiosi di esoterismo di mezza Italia.
O sarà, molto più semplicemente, per la passione e le indiscusse capacità dei due chef patron del locale, ma è indubbio che qualcosa di “magico” nella cucina de La Trota ci sia.

Così come uno degli obiettivi principali degli antichi alchimisti era quello di trasformare il piombo in oro, la scommessa di Sandro e Maurizio è stata quella di conquistare i palati degli avventori con piatti raffinati, gustosi ed equilibrati partendo da una materia prima considerata tra le più povere ed ostiche della cucina, il pesce d’acqua dolce.

Da sempre desiderosi di proporre alla clientela qualcosa che andasse oltre la pur buona cucina tradizionale, per diverso tempo si sono ritrovati a dover mediare tra il loro modo di sentire ed il palato dell’avventore medio, poco avvezzo alle novità.
Il punto di svolta verso una ristorazione prettamente gourmet c’è stato a metà degli anni novanta. Una scelta coraggiosa che, soprattutto i primi tempi, non è stata indolore.
Di clienti che, abituati alla cucina tipica della provincia laziale, dopo aver letto il menù, si alzavano e lasciavano il locale ne hanno visti tanti.
Però come disse qualcuno: “I tempi duri non durano mai, le persone toste sì”.
E oggi possiamo senza dubbio dire che la loro coraggiosa scommessa è una scommessa vinta.
La Trota è ormai da tempo uno dei ristoranti più apprezzati da clientela e critica. E non solo per il pesce d’acqua dolce. Quella portata in tavola dai fratelli Serva è una grande cucina anche di terra (su tutti, in questa occasione, il piccione, tra i migliori mai assaggiati), come a dire che quando c’è il talento e la determinazione, il limite è dato solo dalla creatività e dalla voglia di mettersi continuamente in gioco. Elementi che da queste parti certamente non difettano.

Alla grande cucina, fatta ora di equilibrate contrapposizioni, ora di attente giustapposizioni, di un uso illuminato di spezie ed aromi volto a valorizzare la difficile materia prima senza mai sovrastarla né stravolgerla, fa da complemento un servizio tra i più affabili, cortesi ed attenti della penisola.
Un servizio che ha in Maurizio Serva un supervisore d’eccezione, e nella brava Hiromi Nacayama una sommelier di grande sensibilità ed esperienza, in grado di consigliare con garbo e cognizione le bottiglie più idonee ad accompagnare la passeggiata gastronomica attingendo dalle oltre mille etichette in carta.

Un’esperienza, quella de La Trota, di cui conoscevamo già la piacevolezza ed il valore ma che in questa occasione ci ha, se possibile, ancor più entusiasmato e convinto.
L’alto livello tanto dei piatti ormai storici, comunque oggetto di un continuo lavoro di perfezionamento che ha un che di orientale per la meticolosità con cui è condotto, quanto delle ultime novità introdotte in carta, la sempre maggior disinvoltura con cui la cucina si muove tra terra ed acqua dolce e non ultimo il grande, immutato, “savoir faire” della proprietà, spostano l’asticella un po’ più in alto e, ammesso che già non lo fosse, fanno di questa tavola una delle più interessanti d’Italia.

Come amuse-bouche un gelato di pomodoro con riso, pomodorino ripieno di patate affumicate, coulis di piselli e menta, spaghetto soffiato alle acciughe: quando si dice l’inizio ideale.
amuse-bouche, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Pane e grissini di ottima fattura…
pane, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
…e l’immancabile carta musica, che rischia di creare dipendenza.
carta musica, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Gamberi, tuberi, radici, crescione di sorgente e caviale di trota e di coregone: il primo dei nuovi piatti provati in questa occasione. Le verdure e i gamberi sono cotti in un vapore di spezie, erbe e té nero, tutto senza sale. La sapidità è data dai sali minerali delle verdure e dalle uova di pesce. Il piatto, delicato e piacevolmente equilibrato, è reso particolare dal crescione di sorgente (che ricorda molto il rafano), ormai quasi introvabile.
Gamberi, crescione, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Carpa in crosta di semi di papavero con maionese cotta di patate e rape rosse, sedano d’acqua dolce: uno dei grandi classici dei fratelli Serva ed uno dei piatti che meglio rappresenta la loro cucina.
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Crocchette di lumache di vigna su spremuta di erbette in aceto di Reims, gocce di pomodoro e salsa d’aglio con spugna di prezzemolo. Un buon piatto realizzato con lumache di produttori locali ed erbe raccolte nella zona.
Crocchette di lumache, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
L’uovo di carciofo, salsa di topinambur e mentuccia. Ormai un classico.
uovo di carciofo, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Bottoni di stracciatella su coulis di strigoli, strigoli croccanti, foie gras ed estrazione di parmigiano. Un piatto dalla notevole complessità gustativa, che al palato si rivela sorprendentemente equilibrato.
bottoni di stracciatella, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
A seguire due paste molto diverse tra loro con in comune la tecnica di cottura. Nessuna delle due entra in contatto con l’acqua, vengono arrostite in padella con l’aggiunta dei rispettivi brodi ristretti.
La prima: Cannoli di olive nere con pollo alla lavanda, salse e caramello. Un piatto interessante con la nota di lavanda a caratterizzarlo in positivo.
Cannoli di olive nere con pollo alla lavanda, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
A seguire: Zita di pasta di gamberi con coregone affumicato, salsa di asparagi, gocce di mais, melanzane affumicate, fragole e zenzero, eucalipto, con carciofi chips. Un classico efficacemente rivisto per la primavera.
Ziti di pasta, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Gnocchi soffiati di borragine con burrata e spuma di alici.
Gnocchi di patate eterei serviti in un piatto fatto realizzare appositamente con a fianco la salsa di burrata e a lato la spuma di acciughe. Una bella dimostrazione di tecnica (gli gnocchi soffiati si fanno abbastanza facilmente, molto difficile soffiare quelli impastati con le patate) forse però più un divertissement per il palato che non un piatto vero e proprio.
Gnocchi soffiati di borragine, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Luccio in crosta di grano con zucchine alla scapece, guance di luccio mantecate con mandorle tostate, agretti in tempura. Altro gran bel passaggio magistralmente giocato sui contrasti di consistenze e centrati accostamenti di sapori.
luccio in crosta, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Il Piccione e il bosco. Altro piatto nuovo.
Piccione laccato al miele di castagno e spezie, spiedino di interiore, hamburger di ali, finte cortecce, muschio, polvere di datteri e caffè, frutto della passione.
Semplicemente tra le migliori declinazioni di piccione fin qui esperite.
piccione, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Zuppa di agrumi con cioccolato bianco al sale ripieno di mango, gelato di olive nere e croccante all’anice stellato. Dessert ormai storico, sempre rinfrescante e piacevolmente equilibrato.
zuppa di agrumi, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Tributo alla zuppa inglese. Un nuovo dessert composto di palline fritte di gelato alla crema, ripiene di cioccolato e panate con pandispagna all’alchermes. Croccanti di crema, meringhette al cioccolato e salsa di zuppa inglese.
tributo alla zuppa inglese, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Per chiudere con freschezza e leggerezza il pasto, una piccola pasticceria molto particolare.
Tutte preparazioni di verdure da scoprire e riconoscere al tavolo: creme brulée di peperoni arrostiti, ciottolo di melanzane, cilindro di pomodoro e pistacchi, ringo di cavolfiore, terrina di finocchio e cocco, spaghetti di patate con frutto della passione, tartufino di cipolla.
piccola pasticceria, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Ed ancora, con il caffè, cioccolatini artigianali.
cioccolatini, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
I vini scelti per accompagnare la degustazione:
Gaja&Rey 2001.
vini, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Con il primo dessert Terminum 2004 – Cantina Tramin.
vino, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
Con il secondo dessert Rosatum 2009 – Cornell.
vino, La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo
E per chiudere, come vino da meditazione, una particolarità:
Moscato Chinato “Il MosChin” – La Bruciata.
La Trota, Chef Sandro e Maurizio Serva, Rivodutri, Abruzzo

Quando si inseriscono le parole “dolce” e “Salento” nella stessa frase è difficile che non si stia parlando del Pasticciotto, dolce adatto a ogni ora del giorno e sovrano incontrastato della pasticceria della Puglia meridionale. Malgrado non ci sia unanimità circa l’origine di questo dolce, tutte le storie e leggende ne fanno risalire la creazione alla prima metà del XVIII secolo ed una di esse ne attribuisce la paternità a Nicola Ascalone, che avrebbe realizzato il primo pasticciotto nel 1745. Quel che è certo è che in tale data la famiglia “Te lu Scalune” era il riferimento locale per l’arte bianca e, di conseguenza, anche per produzione di questo dolce, che già nel corso del ‘700 diventerà il prodotto di pasticceria tipico della zona.

Quasi tre secoli più tardi la famiglia Ascalone è arrivata all’undicesima generazione con Davide e Vincenzo, figli di Andrea (purtroppo mancato da pochissimo) che ha portato avanti il locale negli ultimi anni. Poche le alternative in esposizione: pasticciotto, fruttone (variante con glassa al cioccolato e farcitura di pasta di mandorla e amarene), torta pasticciotto e plumcake (che è in realtà realizzato con la medesima farcitura del fruttone). Il laboratorio sforna in continuazione e la freschezza dei prodotti è assicurata, anche perché tutte queste preparazioni danno il meglio di sé quando consumate ancora con qualche grado di forno addosso. Il resto lo fa il fascino di un luogo tanto piccolo quanto carico di storia, di fascino e di profumi straordinari.

Gli interni.
Pasticceria Ascalone, Galatina, Puglia

Un pezzo di storia del locale.
Pasticceria Ascalone, Galatina, Puglia

Il pasticciotto. Qui non si rinuncia alla bruciatura superficiale, che viene periodicamente criticata ma a nostro modo di vedere è fondamentale per l’equilibrio gustativo della preparazione.
pasticciotto, Pasticceria Ascalone, Galatina, Puglia

Fruttone.
Fruttone, Pasticceria Ascalone, Galatina, Puglia

Torta pasticciotto.
Torta Pasticciato, Pasticceria Ascalone, Galatina, Puglia

Complementi d’arredo.
Pasticceria Ascalone, Galatina, Puglia
Pasticceria Ascalone, Galatina, Puglia

La Chiesa Madre di Galatina, città che annovera numerosi edifici civili e religiosi di notevole importanza storica fra i quali non possiamo non citare la Basilica di Santa Caterina.
Pasticceria Ascalone, Galatina, Puglia

Camminare sul lungomare di Forte dei Marmi al tramonto in una calda serata estiva è un piacere. La brezza marina accompagna piacevolmente la passeggiata, mentre quasi naturalmente ci si abitua ai rombi del motori delle supercar che sfrecciano da una parte all’altra della strada. Il blu del mare si riflette sugli hotel di lusso che placidamente si incantano ascoltando le onde morbide appoggiarsi sul bagnasciuga.
Uno di questi è l’Hotel Byron, all’interno del quale, nonostante l’aria marina del posto faccia percepire un’atmosfera agiata e rilassata, quasi statica, alle porte della stagione estiva è avvenuto un significativo avvicendamento dietro i fornelli. Cristoforo Trapani, ventisette anni, di Sorrento, con alle spalle importanti esperienze sviluppate alla corte di grandi chef, ha sostituito il precedente chef Andrea Mattei, portando con sé una ventata di aria nuova, mediterranea, nel tentativo di smuovere il lussuoso torpore versiliese.

La piscina dell’hotel, ad effetto calamita per tutti i tavoli del ristorante, è un esplicito riferimento ad un moto vacanziero al di sopra delle righe, viziato, a tratti capriccioso, sicuramente molto abbiente. Lo scricchiolio delle assi di legno sul pavimento, le tovaglie di cotone grezzo che accarezzano le gambe degli ospiti, il cinguettio degli uccellini che piano piano sfuma sul frinio delle cicale, evocano un’estate già cominciata e nel pieno della sua forza.
Mentre si sfoglia la carta dei vini, ben studiata e con una profondità di annate interessante, l’animo generoso tipicamente campano dello chef esce preponderante, come non potesse più attendere il momento di mettersi in mostra. Chef giovane certo, ma per questo non affatto ingenuo. Centra l’obiettivo di rispettare ricette versiliesi, aggiungendo un tocco squisitamente meridionale, coniugando il tutto in una cucina dal forte carattere continentale.
La terrazza bordo piscina è piena. Russi, francesi, spagnoli, pochi italiani. Il servizio di sala, in perfetta armonia artistica con la cucina, accoglie, consiglia e accetta richieste del tutto particolari da parte della eterogenea clientela. Ecco quindi che dopo sfavillanti sorrisi e il classico :”Ma certo signore, faremo il possibile…” ci si vede passare davanti piatti ordinati fuori carta, con richieste di modifiche sostanziali, spesso eccessive.

La cucina proposta da Trapani invece, quella vera, nonostante denoti una tecnica ineccepibile, sembra essere frutto di un compromesso fatto con un’altra parte di clientela, disposta sì a provare nuove emozioni ma senza uscire troppo dal seminato. Scampi e foie gras è un classico della cucina francese, ben eseguito da Trapani, ma che lascia poco spazio all’espressione della sua personalità. Personalità che si capisce poter essere piuttosto ingombrante nel momento in cui ci si trova al cospetto di un piatto di linguine, parmigiano, tartufi di mare, crema al basilico e limone, che rievoca ad ogni boccone la gioia di cucinare del cuoco Cristoforo, prima ancora di essere chef. La pasta che salta nella padella che arde sul fuoco vivo. Il momento in cui le linguine cominciano a fare quel particolare rumore, di viscosità lubrificata dall’olio nello stesso tempo amalgamate dall’amido, che sembrano chiedere solo di essere impiattate. Non un semplice piatto di pasta, ma una parte di anima di Trapani, al quale brillano gli occhi come ad un bambino quando gli vengono fatti i doverosi complimenti al riguardo. Poi ancora riferimenti ai classici francesi, con cotture millimetriche, piatti tecnicamente ineccepibili ma in cui manca un tocco di personalità, il classico cambio di marcia.
Cristoforo Trapani è un giovane cuoco generoso ed intelligente. È lecito aspettarsi grandi cose da lui. Gusti un po’ più decisi, accostamenti un po’ più azzardati e uno sviluppo del menù meno inquadrato di certo aiuterebbero.

Ma forse tutto questo non è necessario, perché se è vero che il lavoro del cuoco è quello di fare da mangiare alla gente, allora Cristoforo lo sta interpretando nel migliore dei modi, riempiendo la sala del suo ristorante e andando incontro ai gusti, seppur stravaganti, di tutti i suoi clienti. L’umiltà non è per tutti, e Trapani ne ha da vendere. Un grande applauso a lui e a tutto lo staff.

La mise en place.
Mise en place, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Stuzzichini da parte della cucina.
Stuzzichini, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Crostino toscano con gelatina di Aleatico e fegatini.
Stuzzichini, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Burrata e cialda allo zafferano.
burrata e cialda allo zafferano, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Scampo marinato al limone e chips al nero di seppia.
Scampo Marinato, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Tartare di canolicchi.
Tartare di Canollichi, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Il pane.
pane, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Ancora dei benvenuti da parte dello chef. In questo caso un chiaro omaggio alla terra natia. Pizza fritta. Ottima.
pizza fritta, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Pastella ripiena di pasta, besciamella e salumi.
Pastella ripiena, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Il primo vino in accompagnamento con il menù degustazione.
vino, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Cocktail di gamberi. Gamberi marinati con sedano, lattuga di mare e gelato alla mela. Ottima la qualità del gambero. Il tentativo di armonizzare la sapidità della lattuga di mare con la dolcezza del gelato alla mela è riuscito a metà.
cocktail di gamberi, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Scampi e foie gras.
Scambio e foie gras, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Carne di fassona, ostrica, caviale, gelatina di ostrica e limone e spuma di borraggine. Piatto di corretta concezione, dal gusto equilibrato ma dalla consistenza purtroppo discutibile. L’ostrica lasciata intera all’interno della carne non aiuta la masticazione.
Carne di fassona, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Si prosegue con l’abbinamento vino
vino, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Linguine, tartufi di mare, crema al basilico, fonduta di parmigiano e limone. Spettacolari.
linguine tartufi di mare, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
L’abbinamento scelto per i successivi due piatti.
vino, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Risotto patate e cozze, quinoa, pomodorino confit e limone. Il risotto visto in chiave mediterranea. Molto bene.
risotto patate e cozze, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Triglia alla brace, crema di finocchio, arancia e nocciole tostate. Piatto potenzialmente buono ma privo di mordente.
triglia alla brace, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Un super classico.
tignanello, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Piccione, crema di albicocche, funghi porcini e tartufo nero. Cotture perfette e abbinamenti tanto classici quanto azzeccati. Ottimo piatto.
Piccione, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
“Rabarbabietola”. Mousse alla barbabietola, sorbetto al rabarbaro, meringa alle fave di Tonka. Trapani ha una bella mano anche in pasticceria.
mousse di barbabietola, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Il vino da dessert
dessert, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
Torrone ghiacciato 2015. Un classico della pasticceria firmata Trapani che ogni anno viene aggiornato. La versione 2015 accompagna il semifreddo al torroncino con un biscotto al pistacchio, una marmellata e un sorbetto di arancia. Ottimo.
torrone ghiacciato, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi
La piccola pasticceria con una menzione speciale per la sfogliatella.
piccola pasticceria, La Magnolia, Chef Cristoforo Trapani, Forte dei Marmi

Quando si dice una partenza col botto.
Primi giorni di agosto.
Mentre una canicola infernale attanaglia il resto dell’Italia, a Milano incombe un settembrino clima uggioso. Il più famoso gruppo di hôtellerie asiatico ha inaugurato a Milano, da pochissimi giorni, il nuovo albergo della collezione, colmando quell’inspiegabile assenza nel mercato ricettivo del Bel Paese.
Posti turistici come Roma, Firenze o Venezia sarebbero stati la vetrina ideale: e invece si è scelto di puntare sulla città degli affari, della moda e del design, complice, ça va sans dire, Expo.
E tra ingenti investimenti, ripetuti slittamenti della data di apertura, la certezza di aver ingaggiato una corazzata di grandi cuochi e uomini di sala per garantire standard elevatissimi, è giunto finalmente il momento di Mandarin Oriental in Italia.
L’intera gestione dell’offerta gastronomica è stata affidata ad un cavallo di razza come Antonio Guida, seguito a ruota dal suo fidato Federico Dell’Omarino e dal grandissimo pâtissier Nicola Di Lena. Tre cuochi fortemente voluti, arrivati in blocco direttamente dal Pellicano che, dopo aver scalpitato ai box, in attesa del semaforo verde, sono tornati in pista per dire la loro nel mondo delle tavole che contano.
Eravamo certi che non ci sarebbero state grosse esitazioni o un problematico rodaggio.
La proprietà ha fatto le cose davvero in grande: ha preteso che tutto lo staff e i cuochi facessero plurime simulazioni durate più di un mese prima dell’apertura, al fine di familiarizzare con qualsiasi tipo di scenario, affrontando con serenità e pacatezza le più disparate situazioni.
Ecco, di tutto ciò eravamo al corrente, ma non immaginavano che si riuscisse a partire con il turbo.

Seta -si chiama così per celebrare un luogo importante, elegante, come il materiale di importazione più pregiato derivante dalla Cina, come “la via della seta” che, oltre ad assumere un’importanza commerciale, consentiva il movimento di uomini e idee tra Oriente e Occidente- è un ristorante già a pieno regime, che impressiona per qualità e tempistiche dei piatti serviti. Sembra che la brigata capitanata da Guida, nomen omen, sia stata trasportata con tutta la cucina dall’Argentario a Milano.
La cucina dello chef pugliese non ha neanche perso i connotati originali del Pellicano: uno stile sontuoso di matrice transalpina, con creme e salse di grande eleganza, che in tale contesto indossa una nuova veste, in quanto rivisitata ed arricchita da tocchi ed influenze orientali, degno omaggio alla compagnia di Hong Kong.
E il risultato è un intrigante intreccio di sapori di rara concentrazione che dall’Italia raggiungono mete internazionali.

L’uno-due dei primi piatti è da applausi a scena aperta: con gli spaghetti con barbabietola e crostacei al lime ed il raviolo di humus, cozze, peperoni e caprino il commensale va alla scoperta (o al ricordo) dei sapori primari di Thailandia e Turchia, collegati dal ponte della tradizione italiana (spaghetti e raviolo).
Con l’astice, il pollo, il petto di piccione e i grandissimi dessert sembra di star seduti in una grande tavola francese, ma accade tutto tra via Andegari e via Monte di Pietà. Nel cuore del quadrilatero della moda, in un blocco di tre edifici nobiliari uniformati architettonicamente (un lavoro grandioso).
La sala si sviluppa in lungo ed è disposta a ferro di cavallo con affaccio sul dehor esterno, di raro fascino ma anche sulla cucina. Una predisposizione in cui tutti vedono tutto. C’è anche una ulteriore sala in cui alti divanetti sembrano creare un effetto prive’, per un’atmosfera ancora più riservata e tranquilla.
La regia del servizio è affidata al giovane ma già esperto Alberto Tasinato, ex Berton ed altri trascorsi importanti alle spalle; ma sono tanti ad aggirarsi tra i tavoli, tutti bravissimi e parte integrante della esperienza nel suo insieme.
È troppo presto per assegnare un numeretto. Ma dalle nostre prime incursioni non abbiamo molto dubbi sul futuro di questo ristorante tra le grandi tavole italiane.
Piuttosto la sfida è un’altra.
Riusciranno Guida e suoi a contribuire all’ascesa di Seta nell’olimpo dei migliori ristoranti al mondo?
Noi siamo pronti a scommetterci.

Mise en place. Spiccano i piatti di Fornasetti e le stoviglie di Gio Ponti.
Mise en place, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Da destra a sinistra, in una sequenza di incredibile concentrazione: sfera di parmigiano, financier agli spinaci, cialda al caprino e cozze fritte.
Amuse bouche, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Un signor pane (di Altamura) fatto in casa.
Pane, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Burro. Salato e in una eccezionale variante cremosa alle alghe.
Burro salato, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Grissini sottilissimi.
grissini, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Virgin mary: cetriolo, gambero, sedano e ostrica.
virgin Mary, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Cavolfiore con salsa al latte di mandorla, succo di yuzu e frutti di mare. Eleganza orientale e golosità italiana.
Cavolfiore, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Astice blu arrosto (in verità è appena cotto), zabaione, capperi, patata affumicata e, ancora un tocco orientale, te matcha.
Astice blu, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Spaghetti con rape rosse, carpaccio di crostacei al lime e un tocco di coriandolo. Persistente come non mai.
spaghetti con rape rosse, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Da un’idea nata sulle spiagge turche durante l’apertura del Mandarin Oriental di Bodrum: raviolo farcito di humus, cozze, peperone e caprino. Da mangiare in un sol boccone (la farcia è liquida). Bontà ed equilibrio e una valanga di sapori mediorientali.
raviolo farcito di Hummus, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Un classico: petto di pollo ficatum con crema di cannellini alle alghe e raviolo di garusoli.
petto di pollo ficatum, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Petto di piccione affogato con foie gras spadellato, caffè, salsa di foie gras e raviolo di ananas, lime e mango a ripulire.
Petto di piccione, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
La batteria dei dessert parte con lo splendido parfait alla mandorla con gelato al pepe Timut e salsa di litchi e fragola.
dessert, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Soufflè all-bran (ricordate i cereali della Kellog’s?).
Soufflé, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Accompagnato da albicocca caramellata ed un gelato al latte condensato.
Albicocca caramellata, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Ananas arrosto con salsa al frutto della passion e gelato allo zenzero. Buonissimo.
Ananas, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
I petit fours.
Petit Fours, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
I vini degustati.
vini, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
Tavoli.
Tavoli, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano
L’insegna.
Insegna, Seta, Chef Antonio Guida, Mandarin Oriental, Milano

Nel panorama delle pizze della tradizione napoletana a Milano a’ Tarantella ricopre un ruolo di primissimo piano. Aperta da tempo, è rinomata per i suoi impasti morbidi, collosi e ben lievitati e per gli ingredienti di buona qualità che completano la preparazione.

Dopo ripetute visite non possiamo che confermare la fama di locale e pizza. Così come gli aspetti negativi: la caoticità del servizio, a tratti distratto, e la troppa ressa riscontrata in molteplici occasioni, sono i tratti distintivi di questa pizzeria situata nella zona nord-est milanese.

Ma la pizza conferma le aspettative, proponendosi tra le prime di Milano. Non aspettatevi però cordialità, pizza a lunga lievitazione, selezione di birre e vini di qualità, ingredienti e toppings insoliti. Qui siamo di fronte a un approccio che più tradizionale non si può… con i suoi pro e i suoi contro.

Gli ottimi fritti iniziali …
Fritti, 'A Tarantella, Milano

Calzone ripieno di ricotta e pancetta di maiale
Calzone ripieno, 'A Tarantella

Pizza olive, alici e basilico …
pizza olive e alici, 'A Tarantella

Margherita con bufala e prosciutto cotto
Margherita con bufala, 'A Tarantella