La serietà, innanzitutto. Avevamo provato a telefonare per prenotare un tavolo a Villa Crespi all’inizio di gennaio. La risposta fu che la chiusura invernale, quest’anno, si sarebbe protratta fino alla fine di marzo, a causa degli impegni televisivi dello chef. Perché Antonino Cannavacciuolo è ben consapevole che coloro che varcano la soglia del suo ristorante, in particolare i meno avvezzi a frequentare le tavole pluristellate, lo fanno non solo per la sua cucina e per la splendida location ma anche per il personaggio pubblico. La presenza del cuocone praticamente ad ogni servizio è allora segno di intelligenza imprenditoriale -un cliente che esce felice è un cliente che ritornerà- ma anche di grande rispetto per una clientela che affronta centinaia di chilometri per sedersi qui, a poche decine di metri dalle sponde del magnifico Lago d’Orta.
È anche per queste ragioni che troviamo Villa Crespi pieno ad ogni nostra visita, come (e come tutte le volte) abbiamo ancora una volta constatato l’immutato impegno di tutta la sala per rendere perfetta l’esperienza di ciascun tavolo, di ciascun cliente, a conferma di un servizio che si pone senz’altro ai vertici nazionali.
Ma la cucina di Antonino Cannavacciuolo non è certo subordinata al servizio di sala: è invece, al solito, in perfetto equilibrio stilistico fra classicità e suggestioni provenienti dalle tradizioni regionali (con ovvia predominanza di Piemonte e Campania), tecnicamente ineccepibile e solidissima dal punto di vista della costruzione del piatto. Sempre golosa ed architettonicamente affezionata a stilemi, come le salse a specchio, oggi meno utilizzate dalle avanguardie gastronomiche, essa incarna alla perfezione un nuovo modo di essere classico.
Un modo che non ha perso il gusto dell’ingrediente pregiato (scampi, caviale, tagli di carne e pesci di qualità si rincorrono lungo tutta la carta) ma lo illustra con grande nettezza di sapori, estrema finezza e senza trascurare i progressi e gli elementi innovativi che hanno toccato la cucina in questi ultimi venti anni.
Le cotture, il controllo delle acidità tanto nei piatti freddi quanto in quelli caldi e di matrice più classica, le materie prime su cui non si dovrebbe, a questi livelli, neppure discutere ma che si piazzano due spanne più in là di ciò che siamo soliti definire ‘eccellente’, tutto questo fa di un pranzo a Villa Crespi un’esperienza di livello assoluto: forse, in questo momento, la migliore tavola dello Stivale per la categoria ‘oro’.
I piatti, certo, non sono in vorticosa rotazione come in altri indirizzi. Ma forse non è anche ciò classicità?
Il Buon Viaggio di Cannavacciuolo, per iniziare.
Burro e grissini.
L’ormai consolidata entrata: ostrica e ravanello in versione ‘nobilitata’.
Scampi alla pizzaiola. Acidità spinta anche dalla temperatura bassa (ma non sgradevole), golosità e materia prima di mostruosa qualità.
Tartare di tonno, lime, acqua di mozzarella e cocco: equilibratissimo nel tenere a bada la dolcezza (anche qui la temperatura bassa gioca un ruolo importante).
Viaggio profondo nel mare, versione 2015: un campionario di preparazioni estremamente pregevoli su cui spicca la seppia con piselli proposta in cannolo: qui i freddi…
…con i caldi a seguire: moscardini minuscoli e crocchetta liquida di baccalà.
Tagliatelle di fagioli, crema all’aglio e bottarga di tonno: piatto insidiosissimo, dagli ingredienti spigolosi. Il risultato non è di finezza assoluta né potrebbe esserlo ma, giocando sulla concentrazione dei sapori invece che litigare con gli elementi in gioco, colpisce direttamente al centro del palato. Davvero notevoli.
Triglia, melanzana, guazzetto di provola. Qui lo chef gioca in casa. E non sbaglia.
Guancia di manzo, maionese di nocciola, terrina di patate e friggitelli: difficile fare un secondo di stampo classico migliore di questo.
Pina Colada in versione mangiatutto.
Quattro dolci, tutti di ottimo livello. Si comincia nostalgicamente con Ricordando le banane split.
“Il falso uovo”.
Mango e carote, mela verde e sedano.
Kiwi, pera, limone e cioccolato bianco.
La solita, fantastica, piccola pasticceria, consumata all’aperto nello splendido giardino è stata, diciamo… attaccata con troppo entusiasmo. Ce ne scusiamo con i lettori.