La forma: la compostezza ed il rigore di un kaiseki.
La versatilità: gli intriganti sapori ancestrali e l’incredibile biodiversità del cibo peruviano.
È una ”unione” perfetta tra due culture agli antipodi. Purezza da un lato, generosi condimenti e diversi comprimari dall’altro. Parliamo naturalmente della cucina “nikkei”, una delle più in voga oggi.
Pakta, la più rappresentativa tavola a tema dei fratelli Adrià, è probabilmente il miglior ristorante in Europa a proporre questo tipo di cucina.
Il menu Machu-Picchu, il più esaustivo tra gli unici due percorsi proposti, ha due anime. Si apre con assaggi all’insegna della pulizia e dell’estetica degli ingredienti e poi vira, fino a straripare nei colori vivaci, nei profumi e nei sapori pungenti, aggressivi e aromatici del Sudamerica, domati e controbilanciati con intelligenza e bravura.
Rispetto all’altrettanto divertente Tickets, in cui il connubio tra ingredienti e sapori è altrettanto studiato, al Pakta la combinazione dei prodotti presenta un coefficiente di difficoltà decisamente più elevato, considerata la tassatività di dover utilizzare, per la causa, i prodotti peruviani più rappresentativi, come i peperoncini, le patate, la cipolla, il mais, la manioca, il platano, senza però tralasciare i crismi della filosofia estetica, naturale e cerimoniale del kaiseki.
Un paio d’anni fa ci colpì parecchio il fascino di questa fusione di culture gastronomiche, nonché l’incredibile cifra tecnica con la quale veniva messa in pratica. Non un boccone che presentasse difetti, banalità o déjà vu, ad eccezione di alcune tecniche “made in elBulli”, comunque marchio di fabbrica di quello che, per noi, è uno dei più geniali e prolifici cuochi in circolazione.
Albert Adrià con i suoi nuovi progetti ha dimostrato di essere una mente brillante, anche sfuggendo dall’ombra del sommo fratello, attualmente impegnato su altri tavoli, più teorici. Del resto, come ha affermato l’ex sommelier Kristian Brask Thomsen a proposito di Albert Adrià e del Pakta, inserito da Forbes nella stretta cerchia dei 12 posti più “cool” dove mangiare nel 2015: “quell’uomo può prendere qualsiasi cucina e farla sua”.
A distanza di due anni dalla prima visita, i ricordi e le aspettative sono stati confermati, con un percorso quasi tutto nuovo con il quale abbiamo scoperto numerose tecniche o condimenti giapponesi di epoche antiche.
La struttura del menù non è mutata rispetto al passato, sebbene le composizioni differiscano integralmente in base alle stagioni. Jorge Muñoz e Kyoko Li sono a loro agio nell’interpretare le rispettive cucine, peruviana e giapponese, e approfondire l’aspetto creativo, innestando la materia prima locale in piatti che restino quanto più aderenti alla tradizione. E il risultato è sempre sorprendente.
La declinazione in stile street food sul pollo, con il “sanguchito” con maionese di “aji amarillo” e i gyoza piastrati, in una manciata di morsi ti porta da Lima a Kyoto. Parimenti il “calçots” (cipollotto) in tempura da intingere in una salsa romesco o il Gindara “añejo”, un baccalà nero, il cui intenso sapore resta integro al cospetto di miele di carruba, puré di patata, peperoncino giallo e cipollotto, offrono continui rimandi all’Asia e all’America con un’alternanza senza soluzione di continuità.
Abbiamo trovato interessantissimi anche gli abbinamenti di cocktail, birra, vini, sakè e the, studiati con l’obiettivo di allungare il sapore di molte portate.
E visto che, come spesso accade a questi livelli, trovare un pelo nell’uovo diventa una sfida, nel caso del Pakta può essere messa in discussione la politica, o meglio la “cortesia”, di dover avvertire i camerieri ogni qual volta si ha la necessità di dover allontanarsi dal tavolo per le più disparate esigenze. Più di trenta assaggi vengono infatti serviti con ritmi tutt’altro che biblici, ma per consentire che tutto ciò sia possibile, il maître, prima di avviare le danze, vi avvertirà di questa circostanza per poter interrompere le tempistiche della macchina della cucina.
Può essere un problema? Decidete voi.
La postazione per sushi e crudità. Chiedete un posto al bancone per apprezzare la gestualità dei cuochi.
Il menu si apre con il Pisco Sour,con lime, zucchero e albume montato.
Come da tradizione giapponese: Honzen Ryori, composto da:
Tofu di avocado con ricci di mare;
Vongola con salsa al tamarindo e alga nori;
Insalata di olluco (un tubero peruviano) con piselli, brodo di fagioli e kimchi;
Manioca croccante con salsa “huancaina” (fatta con una varietà di peperoncino piccante, latte, olio e formaggio fresco);
Kumquat con gelatina di “leche de tigre” e daikon con “ajì amarillo”;
Il primo sakè servito è il pluripremiato Dewazakura Dewano Sato.
Viene grattugiato del wasabi cristallizzato sulla stracciatella di yuba con tartufo nero.
Si tratta di una pellicola ricavata dal tofu. Piatto neutro che sarebbe stato perfetto con un tartufo più profumato.
Sashimi vegetariano di abalone (fungo ostrica).
Urakasumi Zen.
Un sakè servito freddo.
Temaki di tonno, sichimi (tradizionale mix di spezie tipica delle cucina giapponese) e riso tostato. Il cono croccante è ottenuto bagnando l’alga nori in salsa di soia e zucchero e poi messo nell’essiccatore.
Il duo:
Chips di patata con crema di tartufo nero;
Riccio di mare con salsa ponzu.
Usuzukuri di branzino tagliato sottilissimo con yuzukosho (una pasta fermentata fatta con peperoncino, scorze di yuzu e sale).
I fantastici Nigiri:
Seppia con salsa “acevichada”. Favoloso boccone.
Tonno marinato nello Zuke, una antica tecnica risalente alla metà del XIX secolo con la quale veniva preservata la parte grassa del tonno (ventresca) al momento in cui il colore rosso iniziava ad ossidarsi. Il pesce viene immerso per pochi secondi nel “nikiri shoyu”, una miscela fatta da salsa di soia e sakè, portato ad ebollizione, e poi tuffato in acqua fredda. Quindi riportato a temperatura ambiente e lasciato riposare per mezz’ora, per poi essere tagliato. Secondo il mitico Jiro Ono lo Zuke dona l’umami ed arricchisce il sapore del pesce.
Eccezionale zenzero marinato.
Chicha Sin, un soft drink peruviano fatto con il mais viola.
Il fantastico cheviche invernale: paradigma della cucina nikkei. L’equilibrio fatto a piatto. Un gioco di contrasti terreni tra l’ingrediente giapponese (fungo shitake), quello peruviano (mais croccante e crema di patata) ed il freschissimo branzino locale. Davvero eccellente.
La Causa:
Calamaretto, salsa all’ostrica e lime con “mentaiko”, ovvero uova di branzino marinate con elementi piccanti.
Pollo fritto e “huacatay”, una maionese alle erbe (tipiche del Perù).
Una eccellente IPA olandese, Amarillo del birrificio De Molen. Si sposerà a meraviglia con…
…la variazione sul pollo tra Perù e Giappone.
Il “sanguchito” di pollo grigliato. Un tipico sandwich dello street food peruviano, servito con maionese di ajì amarillo si alterna..
..ai fantastici gyoza con pollo stufato, in uno dei passaggi più entusiasmanti del menu. Un piede a Lima ed uno Kyoto.
Si passa alla tempura. In questo caso si tratta del “calçots”, un cipollotto autoctono, da intingere nella salsa romesco.
Chulpe soba. Ancora una volta una concretissima fusion: gli spaghetti sono di mais
e la salsa è fatta con soia, limone e olio al coriandolo.
Piatto da autopreparare al tavolo.
Per finire: ceviche amazzonico. Un piatto caldo, con il pesce cotto velocemente dentro la foglia di banana. La croccantezza finale viene dagli arachidi tostati. Grandissima variante invernale del famoso piatto peruviano.
Un buon Gewurztraminer austiaco Nikolaihof accompagna il…
…Gindara “añejo”. Altro piatto di grande equilibrio.
Il piatto principale di carne: costata di vacca galiziana con polvere di “grigliata”. Nella sua semplicità, favolosa materia prima e grandissima cottura.
Un altro piatto popolare giapponese. Il “Furofuki”, ovvero un daikon bollito con alga kelp e miso, con crema al foie gras. Un sorbetto più dolce che acido.
Per i dessert, si riparte da dove si è cominciato: Honzen Ryori.
Nel dettaglio, Meringa allo yuzu;
Sandwich di mango;
Mochi con more selvatiche e panna;
Flan alla salsa di soia;
Tronco di cannella con crema al mais.
A chiudere i golosissimi “ningyo-yaki” alla crema di banana;
Piccola pasticceria: wild quinoa al cioccolato;
Ultimo abbinamento: Umeshu Choya, liquore di Ume (una prugna giapponese);
Pakta bonbon al the verde e yuzu. Eccellenti.