Passione Gourmet Marzo 2015 - Passione Gourmet

Takazawa

Da circa dieci anni Yoshiaki Takazawa si è ritagliato, nella formidabile offerta gastronomica della capitale nipponica, uno spazio la cui rilevanza è inversamente proporzionale alla dimensione del locale. Uno spazio minimo, per 8 fortunati (all’inizio, quando il ristorante si chiamava Aronia di Takazawa, erano addirittura 4), che è pero visibilissimo su guide, riviste specializzate e sulla bocca di tanti appassionati.
La spiegazione è presto data: Takazawa propone una cucina molto personale, di impostazione occidentale ma con ingredienti e precisione della tecnica tutti locali e indirizzati alla perfezione del risultato finale. La massima espressione possibile dell’idea di “fusion”, purtroppo frequente lasciapassare per superficiali commistioni di idee di cucina mal comprese.
Niente di tutto ciò da queste parti: nulla è lasciato al caso, la ricerca della materia prima è maniacale, la capacità del cuoco è sopraffina e, almeno in parte, trasparentemente mostrata perché lo chef cucina in larga parte su un proscenio splendidamente illuminato.
L’offerta è fatta di diversi menu degustazione, più o meno estesi, tutti contenenti la data di creazione dei piatti, abilmente combinati per offrire una combinazione dei classici della maison e delle novità.
Non c’è un solo passo falso e ci sono alcune vette che resteranno a lungo nella memoria, per intensità dei sapori e loro armoniosa combinazione; un luogo, dunque, sicuramente capace di dare gioia a ogni appassionato.
Basterebbe la paradigmatica ratatouille, in carta da sempre e già descritta anche da queste parti nella precedente visita, o lo scenografico maccarello affumicato a dare testimonianza del livello di finezza proposto. Fa piacere, però segnalare l’omaggio al mediterraneo nel folgorante vegetable parfait: un delizioso, delicatissimo, gazpacho sormontato di spuma di mozzarella al parmigiano, salsa al basilico, caviale e foglia di basilico fritta.
Se proprio ci si deve sforzare di trovare un limite a un ristorante di questo livello è nel contesto in cui si colloca la proposta. Tokyo è una città dove non basterebbero dieci vite a sperimentare tutte le meraviglie della cucina giapponese che vi viene proposta; Takazawa è, probabilmente, la meno giapponese delle grandi tavole che abbiamo avuto la fortuna di provare da queste parti e la più vicina, per molti aspetti, a esperienze accessibili più facilmente in Europa.
Il servizio, affidato a madame Takazawa è esemplare per cortesia, calore e, raro da queste parti, per il buon inglese utilizzato nella descrizione dei piatti.
Il commiato alla porta, con chef e signora che ringraziano come da tradizione locale è piacevolmente malinconico, pensando alle due ore di serenità e piacere appena passati e alla distanza da casa di questo luogo di civiltà.

PS: a pochi passi dal ristorante, non perdete le delizie della pasticceria Libertable del bravissimo Kazuyori Morita, degna di paragone con i grandi transalpini: valgono il viaggio in questo bel quartiere, quale che sia la zona di Tokyo in cui vi troviate, anche se non avrete trovato posto da Takazawa…

Ostrica di impressionante qualità, con spuma al limone.
ostrica, Takazawa, Chef Yoshiaki Takazawa, Tokyo
Primo amuse-bouche: minestra, ottenuta dalla sferificazione delle tre componenti, da mangiare in un sol boccone.
amuse bouche, Takazawa, Chef Yoshiaki Takazawa, Tokyo
Lecca lecca di provolone gratinato: il “provolone” è in realtà proveniente da una fattoria dell’isola di Hokkaido, di proprietà di un produttore appassionato della nostra specialità
lecca lecca di provolone gratinato, Takazawa, Chef Yoshiaki Takazawa, Tokyo
La deliziosa ratatouille, boccone da re.
ratatouille, Takazawa, Chef Yoshiaki Takazawa, Tokyo
Un po’ di pane e grasso di maiale per placare la fame in attesa del prosieguo.
pane e grasso di maiale, Takazawa, Chef Yoshiaki Takazawa, Tokyo
Il piatto della serata: vegetable parfait.
vegetable parfait, Takazawa, Chef Yoshiaki Takazawa, Tokyo
Potato and butter: la ricostruzione di una patata in una pasta di pane ripiena di patata al burro e tartufo; gourmandise chic.
potato and butter, Takazawa, Chef Yoshiaki Takazawa, Tokyo
Bouillabaisse: rilettura in salsa locale del classico marsigliese, intensissima nel sapore anche se meno bella del resto.
bouillabaisse, Takazawa, Chef Yoshiaki Takazawa, Tokyo
Nanakusa: la rilettura di un classico locale. 7 erbe, che ci parlano dell’arrivo della primavera, in fogge e presentazioni diverse, abbinate a un delizioso maiale (anche il maiale in Giappone ha una classificazione legata alla qualità, e questo era del primo livello della classificazione stessa).
nanakusa, Takazawa, Chef Yoshiaki Takazawa, Tokyo
Special Camembert: in realtà una eccellente cheese cake, accompagnata da una fragola dall’intensità di gusto trovabile solo da queste parti. Molto buono ma tutto sommato un esercizio di stile.
camembert, Takazawa, Chef Yoshiaki Takazawa, Tokyo

Spesso nelle località di villeggiatura più gettonate trovare ristoro in un locale accogliente, con personale gentile e cibo degno di tale nome non è cosa semplice. Cortina d’Ampezzo sotto questo punto di vista non fa eccezione. Eppure a qualche chilometro dalla perla delle Dolomiti, direzione passo Tre Croci, c’è un agriturismo chiamato El Brite de Larieto che fa della tradizione e dell’amore per il lavoro la propria carta di identità.
Una piccola strada sterrata si inerpica tra i larici. Un piazzale accoglie una manciata di auto. Poi una stalla, dalla quale si sentono fuoriuscire i muggiti delle mucche avvolti dal fumo del freddo. Più in basso un caseificio, ed infine una vecchia casa bianca, con il tetto spiovente e gli infissi delle finestre in legno. Tutto molto semplice, l’idea di montagna che si ha da bambini riaffiora alla mente. Gli interni allungano l’apnea mnemonica di un mondo candido, superficiale e soffice. Ci si lascia coccolare dallo scricchiolio del parquet, dal caldo avvolgente della stufa, dalle tende ricamate della vecchia stube, dai cuscini che negli angoli delle panche ingentiliscono il locale. Sottopiatti in feltro,  bottiglie di vino poste su di una bella credenza e servizio cordiale chiudono il cerchio. Non si vorrebbe null’altro. Sembra un copione andato in scena centinaia di migliaia di volte, interpretato da attori navigati e sicuri. Ed invece al timone di El Brite ci sono due ragazzi giovani, Riccardo Gaspari in cucina e Ludovica Rubbini in sala.

Ma El Brite ha una doppia anima. Accogliente e delicato la sera, si trasforma durante il giorno diventando un rifugio rustico e caratteristico, che propone classici taglieri di salumi e formaggi, tris di canederli e piatti meno impegnativi rispetto alla sera. Gruppi di sciatori con scarponi e tute da sci affollano vivacemente il locale rendendolo meta perfetta per una pausa sciistica all’insegna del gusto.

Dopo un passato tra gare e piste da sci il cuoco propone una cucina strettamente legata al territorio, con qua e là qualche tocco innovativo, sempre nel rispetto di materia e tradizioni. Mucche, galline, capre e maiali allevati in loco dal padre e i formaggi dell’adiacente caseificio gestito dalla nuora, regalano continui spunti per la creazione di azzeccati abbinamenti allo chef  Bellunese. Chef che nonostante i soli 29 anni di età ed una gavetta da autodidatta sembra riuscire ad alzare l’asticella di difficoltà tecnica delle sue preparazioni, il più delle volte ottenendo splendidi risultati. L’entrée è un elegante benvenuto in cui sapori di montagna come pane nero, speck ed erba cipollina si armonizzano in un tutt’uno ed accolgono il cumino, apparentemente intruso ma invece piacevole nota speziata. Si prosegue sulle ali dell’entusiasmo con un omaggio ai formaggi. “Panino al formaggio” è un intelligente gioco di consistenze, sapori e temperature di latticini che grazie al mosto cotto trovano equilibrio e carattere. Poi i canederli di rape rosse su crema al rafano colpiscono dal punto di vista della consistenza. Grazie alle spezie conturbanti che li definiscono evocano il ricordo di una nevicata esterna guardata comodamente dal salotto riscaldato dal caminetto acceso, il rafano di gran qualità finisce per rendere ancor più elegante la preparazione.

Certo avere talento è un peso da sopportare. Si crea automaticamente aspettativa. Una disattenzione perdonabile ad un cuoco comune viene fatta pesare più del previsto a quello di talento, questo è chiaro. Ed è così che in altri frangenti la cucina di Gaspari ci è sembrata poco dettagliata, più rustica, meno curata. Non per questo cattiva, ma certamente non paragonabile ad altri piatti assaggiati nel corso della serata.
Capitolo a parte invece la pasticceria, davvero al di sotto delle aspettative, e spiace dirlo.
El Brite de Larieto è un agriturismo dove già oggi si sta bene, che però a tratti ci ha fatto intravvedere la possibilità di poter essere di un livello davvero superiore. Un passo alla volta, siamo certi, Gaspari risolverà gli alti e bassi della sua cucina, rendendola mirabile, non consentendoci più di farne a meno.

La bella mise en place.
mise en place, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Il pane.
pane, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Crema di pane, erba cipollina, semi di cumino e speck.
crema di pane e erba, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
“Panino al formaggio”. Un buon piatto, che invoglia al ritorno.
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Canederli di rape rosse con crema di rafano.
canederli, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Casunziei di rape rosse e semi di papavero. Ricetta tradizionale ben eseguita.
casunzei di rape, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Capretto con crema di polenta e spinaci croccanti. Piatto rivedibile. Il carrè seppur buono è difficile da mangiare perchè lasciato praticamente intero e non disossato. Le costicine invece non sono state esaltate dalla cottura troppo prolungata. Bella la glassatura fatta con aromi di bosco esterna. Peccato.
capretto con crema, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Lingua croccante di vitello con rafano, mostarda di pere e cipolla e crema di peperoni. Interessante la consistenza della lingua tenera dentro e croccante fuori. Buone anche le salse.
lingua croccante di vitello, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Crostatina di mele. Dolce completamente sbagliato. Frolla troppo croccante per essere mangiata al cucchiaio e crema alla vaniglia un po’ grumosa. Buono il gelato ma dolce insufficiente.
crostatina di mele, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Torta linzer con panna montata. Altro dolce decisamente poco riuscito. Sapori tutto sommato corretti ma la consistenza della torta non ci ha permesso di andare oltre il secondo boccone. Panna da applausi.
torta linzer con panna montata, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
La cantina.
cantina, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
I bei cuscini.
 El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
La stufa.
stufa, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
Il bar con i distillati della casa.
distillati, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo
La stalla.
stalla, El Brite de Larieto, Chef Riccardo Gaspari, Cortina d'Ampezzo

Piccoli Ducasse crescono, anche in Italia.
La Niko Romito Formazione, la scuola che il lungimirante tristellato chef abruzzese ha fondato in quel di Castel di Sangro, allo scopo di formare e preparare nel miglior modo possibile ragazzi per il mondo dell’alta ristorazione, è la matrice di un progetto, il primo nel nostro paese, che mira a replicare e diffondere, per ora nei confini nazionali e poi chissà dove, un format che oltralpe e non solo, da tempo, sembra in tutto e per tutto assai convincente.
La peculiarità qui, oltre alla spiccata territorialità della cucina, è senz’altro la presenza di uno staff di sala e di una brigata di cucina, vero e proprio prolungamento della scuola, ricca di passionale entusiasmo e giovanile energia che non mancherà di portare i piatti in tavola e venirli a spiegare di persona, ansiosa di ricevere in diretta preziosi feedback.
La prima tappa, lo Spazio 00, come lo definisce lo chef stesso, è stato il locale di Rivisondoli già ospite del Reale; ora, con spirito imprenditoriale non da poco, ecco arrivare nel novembre 2014, dopo un temporary opening per la stagione estiva a Salina, lo Spazio in quel di Eataly Roma, al terzo piano nella sala ex sede del ristorante “Italia”.
Il menù verte su una quindicina di pietanze salate equamente ripartite tra antipasti primi e secondi e su sei dolci; non è contemplato un menù degustazione ed è presente una carta dei vini a dir poco simbolica riguardo a opzioni elencate anche se, con un diritto di tappo di sette euro, è possibile accedere al primo piano dell’edificio e scegliere liberamente potendo contare su ben altro assortimento.
Le scelte sono imperniate su ricette tradizionali eseguite in modo professionale che in alcuni casi rasentano una gustosa basicità, come il coniglio fritto poggiato su salsa agrodolce o la buona e confortante minestra di ceci e cazzarielli, mentre in altri si evidenziano fatture di livello superiore, come i tortelli di porri e pecorino o, soprattutto, l’eccellente pollo con la pelle ricreata con l’amido della patata su caramello di peperone, un piatto di alta cucina tout court.
Altalenanti i dessert, tra cui spicca una riuscita versione del Mont blanc e la zuppa di ricotta con lamponi con la presenza, tra gli altri, di un interessante pane e cioccolata, anche se dall’equilibrio non ancora perfettamente messo a punto, i cui contrappunti acidi di menta e limone sono degni di nota.
E’ un locale dove si sta bene, la bella sala è ampia e luminosa, anche se un po’ appesantita dall’infelice presenza di un eccessivo numero di piante decorative, ed è l’ideale per trascorrere una bella serata godendo di una cucina rassicurante offerta a prezzi ragionevoli.

Mise en place.
mise en place, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Amuse bouche.
amuse bouche, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Coniglio cotto a bassa temperatura e fritto in salsa agrodolce e misticanza.
coniglio cotto a bassa temperatura, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Zuppa di cicale, patate e carciofi cotti al vapore, concentrato di pomodoro.
zuppa di cicale, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Manzo marinato alle erbe, cubi di pane al pomodoro, misticanza e salsa tonnata.
manzo marinato alle erbe, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Minestra di ceci e cazzarielli e cicoria.
minestra di ceci, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Tortello con stufato di porri e pecorino.
Tortello con stufato, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Convincente seppia arrostita con puntarelle saltate, sugo al nero di seppia( con pomodoro confit e limone).
convincente seppia arrostita, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Filetto di maiale, salsa di mandorle con limone, trito di pomodori, capperi, olive taggiasche e pomodori.
filetto di maiale, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Finocchio in accompagnamento cotto al vapore.
finocchio al vapore, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Pollo, pelle ricreata con l’amido della patata, spinaci saltati e caramello di peperone.
pollo, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Rivisitazione del Mont blanc: meringa ripiena di crema di castagne aromatizzate alla vaniglia accompagnata da panna semimontata non zuccherata.
montblanc, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Particolare.
mont blanc, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Crostatina al limone( zucchero integrale grezzo, più amaro), crema pasticciera al limone, amarena e meringa.
Crostatina al limone, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Particolare.
crostatina al limone, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Zuppa di ricotta su lamponi, crema al cioccolato, mandorle e menta.
zuppa di ricotta, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Pane e cioccolata: fondente al 70%, fichi secchi, crostini di pane in infusione di menta e lemongrass, “olio al limone”.
pane e cioccolata fondente, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Castagnole con crema pasticcera con zuppa di agrumi e menta.
castagnole con crema, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Cialda di lingua di gatto con spuma al cioccolato fondente e gelato al finocchio su tuile al cioccolato.
cialda di lingua di gatto, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma

Un convincente Nero d’Avola.
occhinipinti, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma

Una sicurezza “triple a”.
Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma
Petit four.
petit four, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma

Concetti chiari e inequivocabili.
Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma

Ingresso.
ingresso, Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma

Interno Eataly dal 3° piano.
Spazio Eataly, Chef Niko Romito, Roma

Marcello Trentini è ancora percepito, dal comune sentire gourmet, come un giovane chef.
Non traggano però in inganno i dreadlocks orgogliosamente portati o l’arrivo, in tempi relativamente recenti, dei giusti riconoscimenti alla sua cucina, perché Il tassametro corre e dirà quarantaquattro nel 2015, per Mister Magorabin. Che qui a Torino, a pochi passi dalla Mole, officia da ormai dodici anni insieme a Simona Beltrami, compagna di vita, sommelier e creatrice di una carta dei vini di buona ampiezza e facile accessibilità.
L’unica sala, ristrutturata da meno di un lustro eppure prossima, ci viene detto dallo staff, a vedere un ulteriore radicale restyling, è raccolta ed assai illuminata. Ne soffrirà forse la coppia in cerca d’intimità ma di certo non chi, come noi, ha l’abitudine di fotografare i piatti.
Lo chef ha lavorato parecchio, nel corso degli anni, per far convivere gomito a gomito la propria vena più spregiudicata e personale, fatta di contaminazioni continue fra mare e terra e di corse sulla cresta di confine fra i diversi gusti, con la rotondità dell’amata cucina torinese, doverosamente omaggiata con varie proposte tradizionali in carta e un menu dedicato.
Il risultato, al di là dell’ampia possibilità di scelta, finisce così per essere, anche nei momenti più arditi, quasi sempre in direzione di una piacevolezza inattesa, in cui gli spigoli risultano regolarmente smussati rispetto alle aspettative create dall’elenco degli ingredienti. Da segnalare l’abbondante utilizzo di elementi ludici (v. le Pringles nell’aperitivo di benvenuto) che rendono la cucina del Magorabin anche divertente, oltre che indubbiamente gradevole.
Data carta bianca alla cucina, lo chef ha ripagato la nostra fiducia proponendoci un percorso di ampio respiro, comprendente numerosi fuoricarta ancora in fase di collaudo, che ha evidenziato una volta di più la spiccata fantasia di Trentini, che specialmente nell’utilizzo dei crostacei crudi ha dimostrato nel corso degli anni una pressoché inesauribile vena creativa. In generale abbiamo trovato la concezione dei secondi un po’ troppo simile a quella degli antipasti; il percorso a noi proposto si è rivelato così più in progressione di temperature che di intensità e ha finito per mostrare un po’ la corda negli ultimi passaggi. Va ribadito, però, come questa fosse una traccia sperimentale (e assai più lunga del più ampio dei menu previsti in carta) e come queste considerazioni vadano perciò circostanziate alla nostra esperienza.

L’ampio benvenuto dalla cucina in accompagnamento all’eccellente Americano maison (in apertura): Amsterdam, con panbrioche, aringa e cipolla marinate all’aceto di riso, bufala affumicata, polvere di Pringles.
benvenuto, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Waffle, cime di rapa, crema di grana, crudo disidratato e scalogno candito.
waffle, cime di rapa, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Chicharron&ceviche: cotenna di maiale soffiata,ceviche di capasanta, avocado, coriandolo e lime.
chicarrones&ceviche Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Macaron con paté di fegatini di coniglio e tartufo nero.
macaron con pato di fegatini, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Tartare&caviar con wasabi e uova di trota.
tartare&caviar, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Ostrica,sedano e fondo di volaille.
Ostrica, sedano, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Il menu si apre con Scampi, testina e datterini all’aceto Sirk, davvero notevole nell’utilizzo dell’olio e dell’aceto all’interno di una preparazione in sé già significativa.
scampi, testina e datteri, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Insalata di lingue d’anatra, fragole e fegato grasso arrosto, dov’è ben misurata l’acidità della fragola che nulla toglie alla golosità complessiva del piatto.
insalata di lingua d'anatra, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Pizza d’ombrina con bufala di Battipaglia.
pizza d'ombrina, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Gamberi, radici amare e consommé di scalogno bruciato: le note ferrose delle radici danno un’originale angolazione ai pregevoli gamberi.
gamberi, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Baccalà, olive e latte di mandorla, piatto dallo spettro gustativo assai ampio ma un po’ banale nel risultato.
baccalà olive e latte di mandorla, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Capanegra: capasante, gel di midollo di prosciutto iberico, tartufo nero e polvere di castagne all’olio di nocciola. Tanti ingredienti dominati dalla grassezza quasi tannica del gel.
Capinera, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Triglia in carpione (triglia alla semola, polenta bianca, mosto cotto di fichi e gelato di cipolle di Tropea all’aceto di mele).
triglia in carpione, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Riso alla marinara (guazzetto di scorfano,origano fresco,cedro e cialda soffiata di riso nero), di concentrazione davvero notevole.
riso alla marinara, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Ottimamente pizzicati ma un po’ scarichi di gusto i plin di faraona, serviti con schiuma di grana e polvere di salvia.
plin di faraona, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Pollo alla marengo (cosce di cappone, nero di seppia, insalata di asparagi crudi e erbe amare, ricci di mare): qui i tanti elementi restano tanti elementi senza giungere ad un vero risultato d’insieme, né di contrasto né d’amalgama.
pollo alla marengo, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Animelle, calamari e piselli: davvero buono.
animelle, calamari, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Wagyu cotto all’unilaterale, carciofi e acciughe: qui il gioco non rende giustizia alla pregiata carne, che si carica ulteriormente di una poco gradevole nota metallica.
wagyu, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Predessert: Cremoso mascarpone e arancia, crumble alla cannella e granita di fragole.
 Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torinopredessert,
Passion lives here (sfere di cioccolato al caramello, crumble di cacao e noci, gel al frutto della passione e rum con sorbetto alla banana)
Passion, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Refresh&acid; ananas al maraschino, crumble al lime, spuma di yogurt e granita di sedano caramellato. Evidente la ricorsività nell’utilizzo dello sbriciolato per donare croccantezza e masticabilità ai dessert, pur in contesti assai diversi e, precisiamo, tutti di buon livello.
refresh&acid, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
piccola pasticceria, Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino
Magorabin, Chef Marcello Trentini, Torino

Il fascino di quella vetrata, con una vista mozzafiato sulla città eterna, con le luci che illuminano la cupola di San Pietro. Cominciamo da qui: è una delle ragioni per cui è emozionante cenare alla Pergola. E poi una sala, al suo interno, arredata finemente, con grande eleganza e fascino. Ed un servizio che ha pochi eguali al mondo, non solo prendendo come punto di riferimento l’Italia.

Tutto ciò non è collocabile in uno spazio temporale definito. E’ come un grande dipinto di Botticelli, è senza tempo. Ed è giusto e rispettoso obbligare i signori ad indossare la giacca in questo luogo di culto. Rispetto, di fronte a questo affascinante tempio dell’alta cucina, ricco di eleganza borghese.
Heinz Beck in ultimo, ma non per importanza (tutt’altro), ci mette tanto del suo. Con una cucina che fa della ricerca quasi ossessiva della leggerezza e della salubrità il suo must. Ma non a discapito della presentazione e della bellezza, a tratti però del gusto, che subisce l’intento nobile dell’arduo ed interessante lavoro che si svolge in queste cucine.

Concentrazioni di sapori, quindi, lavorate ma sempre in modo elegante, tenue, a tratti sussurrato e mai gridato. Come se la cucina, ed è giusto che sia così, debba essere uno degli aspetti dell’esperienza di una cena alla Pergola. C’è molto altro, di sostanza e di consistenza, per far provare una emozione davvero importante.
E non dimentichiamo poi che, trovandoci nella città eterna ed in uno degli alberghi più importanti e amati dalla clientela internazionale, molti di questi ultimi si recano qui per conoscere ed assaporare l’Italia e i suoi profumi, le sue primordiali essenze. Si consideri poi che la soddisfazione di palati tra i più disparati, e magari non così ossessivamente esigenti come i più accaniti appassionati, obbliga alla costruzione di piatti e di una cucina più in generale molto “orizzontale”, che incontri i gusti e le sensibilità di un pubblico vasto ed eterogeneo.
Sommando tutte queste considerazioni possiamo comprendere come la produzione culinaria di questo tempio della gastronomia italiana sia attentamente, meticolosamente e scrupolosamente pensata, ripensata ed elaborata fino allo sfinimento. Non dimenticando che, il cuoco ormai Italiano d’adozione, ha origini teutoniche e, quindi, applicazione, pragmatismo e finanche sano realismo sono alla base della sua cultura, non solo culinaria.

È però evidente, a tratti, la seconda anima di Heinz Beck nei suoi piatti e nelle sue preparazioni: l’Italia, con i suoi sentori ed i suoi sapori l’ha davvero conquistato. Lo si percepisce quasi ad ogni passaggio. È altrettanto vero, però, che le esigenze di un luogo come la Pergola, e dei suoi ospiti, sono altrettanto importanti, forse di più.
Ecco, forse siamo veramente al cospetto di un cuoco che pensa e vuole decisamente con tenacia e convinzione perseguire il progetto che l’ha portato ai vertici delle classifiche nazionali ed internazionali. Creare e modellare un luogo che sia amato da molti.
Una cena alla Pergola è sempre una grandissima esperienza. Forse per gli appassionati più incalliti, coloro che girano molte tavole alla ricerca di forti emozioni, di colpi d’ala, di originali ed intriganti proposte, non è l’esperienza più entusiasmante. Forse a tratti si può rimanere freddi di fronte a cotanta perfezione tecnica, infarcita di sapori lievi e mai prepotenti, di contrasti mai più che lievemente espressi, di sapori non eccessivamente concentrati.

Sembra quasi che il combattimento tra la necessità di osservare tanti punti di vista e quella di rendere attuale questa tavola non porti al risultato sperato. La ricerca importante sul tema della leggerezza e della salubrità, ormai cavallo di battaglia di Heinz Beck da molto tempo, cede il passo alla concentrazione del gusto, ma non ottiene, a nostro avviso, un risultato così eclatante sul versante che si è prefisso.
Anche il gioco e il rimando, spesso pleonastico, sul contrasto caldo-freddo può lasciare perplessi in alcuni passaggi, e l’eccessiva morbidezza del gusto in ogni portata accentua questa sorta di sensazione di incompiuto finale.

Una cena alla Pergola è una esperienza che nella vita di ogni appassionato deve essere compiuta, anche per aver impresso davanti ai propri occhi ciò che deve essere un grande ristorante, in cui la cucina è un aspetto importante ma non l’unico. E non a caso il tutto esaurito è sempre garantito in questo fantastico terrazzo che si tuffa sulla città eterna.
Roma possiede un fascino straordinario, ed un grande ristorante degno del suo blasone.

Per iniziare: polvere di olive e terra ghiacciata di baccalà.
benvenuto, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma
Tartare di ricciola con tofu alle mandorle e olive disidratate. Ricciola che soccombe e non si esalta all’interno della preparazione, con abbinamenti che non riescono a valorizzarla.
tartare di ricciola, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma
Carpaccio di tonno con crema al wasabi, gelatina di cumino e barbabietola. Anche in questo caso un po’ di confusione tra i vari elementi che compongono la preparazione, che non allungano ma si coprono a vicenda.
carpaccio di tonno, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma
Sfoglie di capesante e tartufo. Buon piatto.
sfoglie di capesante, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma
Giardino d’acqua. Preparazione intrigante, con la tapioca aromatizzata alle erbe che dona un buon contrasto al resto degli elementi del piatto. Forse il progetto più interessante.
giardino d'acqua, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma
Tortellini verdi ai frutti di mare. Bene il sapore e la concentrazione.
tortellini verdi, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma
Fagottelli la Pergola, i famosi e giustamente rinomati fagottelli con un cuore di caldo tuorlo. La carbonara del 2100, molto riuscita.
fagottelli la pergola, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma
Merluzzo con broccolo e neve di baccalà. Intrigante la cottura pochè del merluzzo, di consistenza perfetta. Rifinito con polvere di nduja e completato dalla ottima salsa di broccoli. Forse la neve un compendio pleonastico.
merluzzo con broccolo, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma
Filetto di capriolo su radici invernali e salsa al pepe. Preparazione classica e ben riuscita.
filetto di capriolo, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma
Il degno accompagnamento alla serata.
richebourg, vino, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma
L’ottima piccola pasticceria, con sorprese e piacevolezze davvero notevoli.
piccola pasticceria, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma
Il grand dessert, un tripudio di preparazioni, solo in parte riportate nella foto, con ottima tecnica.
grand dessert, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma
La famosa sfera di lamponi e cioccolato.
sfera di lamponi e cioccolato, La Pergola, Chef Heinz Beck, Roma