Passione Gourmet Novembre 2014 - Passione Gourmet

Epicure au Bristol

Là, tout n’est qu’ordre et beauté, Luxe, calme et volupté.
Pare quasi scritto apposta per il Bristol, il famoso passaggio di Baudelaire.
Un luogo straniante questo, nel suo essere totalmente scollato dalla realtà. A non più di 100 metri della residenza presidenziale in rue de Faubourg Saint Honoré, una delle vie più fastose al mondo, con una concentrazione di boutique di alta moda che forse solo Montenapoleone può provare a tenerle testa.

Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris

Un posto fatto di lusso vero, esclusivo ma non sfacciato, e non per questo meno incisivo di altri caratterizzati da uno stile sfarzoso, anzi, moderato nello stesso modo di chi parla con tono calmo, conscio d’aver l’autorità e il piglio di farsi ascoltare, senza mai dover andare oltre le righe.

E infatti no, non si esce mai dalle righe da Epicure, proprio perché le stesse sono tracciate in maniera indelebile, sicura e decisa e quindi, semplicemente, nessuno sente la necessità di farlo.

Alcuni numeri, giusto per definire meglio gli ordini di grandezza: 500mq la cucina, unica per il ristorante, un bistrot, un café e il servizio in camera per le 188 stanze, di cui 92 suites.
115 persone lavorano ai comandi dello chef, di cui nove solamente nel reparto pasticceria.
A giudicare dai colletti tricolore e dai riconoscimenti sparsi sulle pareti della cucina, ci sono più MOF a lavorar qui dentro contemporaneamente, che dipendenti in molti ristoranti.
La sensazione, durante un giro tra i fornelli, non è quella di esser di fronte a una grande brigata, ma piuttosto ad una vera e propria azienda.

Nonostante lo chef Eric Frechon sia un eccezionale professionista (d’altronde, non molti sono gli chef insigniti della Légion d’Honneur), non ha più alcun senso parlare di “chef e brigata”, ma di una mastodontica macchina, che si mette in moto per una sola ragione: produrre eccellenza.
A partire dal servizio, tremendamente efficiente, puntuale e sempre giustamente formale, se non altro per mantenersi a tono con l’ambiente, ma in grado di mantenersi chirurgicamente distaccato o ben più coinvolgente a seconda delle volontà del tavolo, di interfacciarsi più o meno a seconda del grado di malleabilità del cliente. E per un ristorante dove ogni mail in risposta alla prenotazione termina con “…e ricordiamo l’obbligo dell’abito per l’uomo, anche a pranzo” questa ricerca di un punto d’incontro è un plus non indifferente.
Ma, paradossalmente, quello che più colpisce è la cucina. Date le premesse, sarebbe lecito aspettarsi opulenza, ricchezza, ingredienti lussuosi fini a se stessi e questo, in un luogo così, potrebbe anche essere giustificato. Ed invece, nonostante l’impostazione certo classicheggiante, i piatti sono mirabilmente alleggeriti e attualizzati, senza inutili orpelli; anzi, con un gran lavoro di ricerca fatta in direzione dell’equilibrio e dell’armonia e un’attenzione ai dettagli a tratti imbarazzante.
Ecco che anche un piatto come l’anatra, di deriva nettamente dolce, si mantiene saldamente sui binari grazie ad un sapido, concentrato e davvero accademico fondo di cottura e alla lieve balsamicità apportata dalla legna in cottura, creando un contrasto equilibrato senza l’apporto di ulteriori ingredienti.

Una menzione la meritano senza dubbio i dessert del fenomenale pasticciere Laurent Jeannin che, pur nella forma apparentemente semplice, si riveleranno delle piccole opere d’arte, esteticamente ma soprattutto nel profilo gustativo, oltre a essere realizzati con una cura sorprendentemente maniacale.

Certo il giro sulla giostra è tutto fuorché economico, questo è fuori discussione… ma è altrettanto innegabile che un’esperienza di questo tipo sia totalizzante, riuscendo ad inebriare contemporaneamente tutti i cinque sensi: davvero difficile uscire da questo luogo senza sentirsi dieci centimetri sopra la terra.

Mise en place e dettagli in sala.
mise en place, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Per la consultazione della carta viene servito una sorta di “casatiello, oltremodo goloso.
Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Stuzzichini iniziali.
stuzzichini, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Du pain (!!!)…
pane, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
…et du beurre.
beurre, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Amuse bouche.
Amuse bouche, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Noci di capesante tagliate al coltello, succo di ostriche, chantilly al limone e curry.
Capesante di qualità indescrivibile, supportate dalle lievi acidità della crema e dal succo di ostrica. Partenza di mirabile equilibrio.
noci di capesante, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Cavolfiore di Bretagna al curry di Madras, parmigiano grattugiato, beignets di cipolla fritti.
Portata più golosa ma di fattura altrettanto pregevole: decisa e marcata la nota speziata del curry, contrastata con la dolcezza delle piccole cipolle fritte e dal parmigiano, non particolarmente stagionato quindi abbastanza dolce e pastoso.
cavolfiore di bretagna, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Sogliola di sabbia farcita con duxelle di finferli, salsa al fumetto di sogliola e Vin Jaune. Nuovamente, l’equilibrio dei contrasti: piatto assolutamente classico, ma con una leggera, concentrata, sapida e acida salsa in accompagnamento.
sogliola di sabbia, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
…da farne incetta, della salsa e dei finferli saltati, serviti a parte. A fine portata la salsa restante viene versata nel piatto, con un invito verbale alla scarpetta.
salsa ai finferli, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Anatra selvatica cotta su legna di ginepro, polenta morbida alla frutta secca, mele cotogne all’ibisco.
anatra selvatica, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Servita con a parte l’insalatina con finferli, mais e la coscia dell’anatra…
insalatina di fingerli e coscia d'anatra, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
…e il fondo dell’anatra, strepitoso. Idem con scarpetta.
fondo d'anatra, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Nel frattempo il tavolo affianco al nostro ci permette di osservare il servizio della poularde en vessie, con il maître impegnato allo (splendido) guéridon.
poulard en vessie, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Il carrello dei formaggi, dal quale estrapoliamo…
carrello die formaggi, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
…una selezione di formaggi molli…
formaggi molli, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
…ed una a pasta più dura.
formaggi pasta dura, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Predessert.
predessert, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
“Chocolat Manjari”: cioccolato ghiacciato e cremoso, infuso al tè, nettare di mora del Monte Velay. Al netto delle architetture un dessert semplice nell’aspetto, ma dal gusto ben più complesso, con acidità e dolcezza del cioccolato e delle more che trovano l’amalgama delle note più calde del tè. Difficile definire dove iniziano e terminano il dolce, l’amaro, l’acido. Gran dessert.
chocolat , Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
“Noisettes du Piemont”: Nocciole del Piemonte pralinate e tostate da noi, sorbetto al lampone e scorza di limone.
Dessert più dolce e tradizionale ma non per questo meno buono, anzi.
nocciole del piemonte, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Gelatine liquide al frutto della passione, acidissime e dolci.
gelatine liquide, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Il carrello della pasticceria finale, strepitoso, ove scegliere tra 8 varietà di macarons, tra marshmallows, caramels varie, praline e biscotti, tutto maison.
carrello di pasticceria, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Svettano i macarons, di fattura sublime. Straordinari quello alla violetta e quello alla nocciola.
macarons, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
macarons, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
I clienti interessati vengono poi invitati a visitare le impressionanti cucine. In foto l’area relativa alle finiture/pass, una frazione dell’area totale.
Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Dopo due chiacchiere e i doverosi complimenti, monsieur Jeannin in persona ci delizia con la preparazione di uno dei suoi signature dessert.
Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
Citron de menton, Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris
“Citron de Menton”: spuma di limoni di Mentone ghiacciata, glassato al limoncello, ricordi di pera e limone confit.
All’interno di uno stampo in argento, fatto costruire appositamente, una spuma composta in gran parte da limoni viene cotta in negativo in azoto, acquisendo esternamente la consistenza di una meringa ma mantenendo il centro morbido. Viene infine glassata al limone: sublime…
citron de menton ,Epicure au Bristol, Chef Eric Frechon, Paris

“La Grande Città degli Angeli, degli Immortali, Città Magnifica delle Nuove Gemme, Trono del Re, Città dei Palazzi Reali, Casa degli Dei Incarnati, Costruita da Visvakarman su Ordine di Idra”. A tutti meglio conosciuta come Bangkok. Uno luogo spaventoso.
Afa e umidità costanti. Si convive con la pioggia.
L’interminabile rumore di motori e il clacson dei taxi rosa, degli scooter e dei tuk tuk fanno da sottofondo alla frenesia quotidiana.
Una colata sterminata di cemento e amianto intervalla schiere di alberghi di lusso e templi buddisti.
Il traffico.

C’è traffico a Bangkok. È congestionato. Sempre. Dalle prime luci dell’alba.

Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
La strada, in qualsiasi angolo della città, è popolata da cucinieri, da cibo, da padelle e fornelli ambulanti. Da un lato, ci si sveglia alle prime luci dell’alba per preparare quello che le persone mangiano e si continua per tutta la giornata, dall’altro, si mangia a qualsiasi ora, fino a notte fonda. Si cammina a passo svelto, ci si scontra inevitabilmente con le migliaia di pedoni che si spartiscono il marciapiede con cibo, pentoloni, tavolini e commensali della strada.

L’odore dell’olio fritto, bruciato nei wok incandescenti, il sentore del brodo e dei suoi umori, del grasso di maiale o di pollo che evapora nell’aria. L’odore dell’amido sprigionato dal riso. E’ il sapore di Bangkok.
Qui, dove il cibo è onnipresente.
Il thai street food è uno dei più affascinanti e vari al mondo; è possibile mangiare per un mese intero senza mai dover rimangiare uno stesso piatto.
Qui c’è un’ossessione per il cibo, si pensa e si parla di cibo, si ordina, si cucina e si mangia. La varietà dello street food è per i thailandesi la dimostrazione lampante di come tutto ruoti attorno al cibo, una sacralità nella quotidianità.

Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Ci sono fumi e fiamme e le temperature di cottura sono sempre altissime per sterilizzare gli ingredienti, evitare la proliferazioni di agenti batterici,

Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
perchè tutti, anche per la strada, si attengono alle scrupolose regole igieniche richieste dalle autorità locali.

Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
O, quanto meno, ci provano, secondo le regole del buon senso.

Questo articolo è semplicemente un tentativo di raccontare, attraverso alcune foto, i mercati, i prodotti e i piatti più rappresentativi di Bangkok e dintorni, tutto ciò che ruota attorno al mangiare da strada.

Abbiamo pensato di farlo considerando alcuni quartieri ed alcune zone limitrofe alla capitale che ci hanno particolarmente entusiasmato per usi, costumi e preparazioni dei piatti della tradizione locale.

Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
La nostra scoperta parte dalle zone attorno al Grand Palace. Nel cuore della città.
C’è un leitmotiv abbastanza evidente: la convivenza armonica tra opulenza regale dei templi e povertà che traspare dalla strada.

Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Qui i venditori non sbraitano, né urlano per richiamare l’attenzione del passante. Ci imbattiamo in un mercato dove si può trovare di tutto e di più.

Tra la frutta locale, i famosi “young coconut”, ovvero le noci di cocco verdi contenenti la rinfrescante e dolce acqua, ipocalorica e con una maggiore concentrazione di sali minerali rispetto a quella a noi più familiare estratta dalla noce di cocco “marrone”.

cocunut, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
C’è chi annuisce e, a testa bassa, pulisce, porziona e confeziona con cura frutta e verdura. Qui un fruttivendolo alle prese con la meccanicità e gestualità del lavoro di tutti i giorni.

Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
E’ possibile reperire gli ingredienti originali e freschi per cimentarsi con la cucina thai senza troppi sforzi. Una confezione di preparato per la mitica Tom Yam, comodissima, con tanto di ricetta, quantitativi ed ingredienti locali.

Tom Yam, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Poi ci sono le specialità di carne: in sequenza, pancia di maiale fritta, con tanto di cotenna croccante e condimento piccante, pollo arrostito, macinato a mano con gran cura e pronto per qualsiasi uso e, per finire, pollo fritto.

pollo, pancia di maiale, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
cedimenti piccanti, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
pollo fritto, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Gli spiedini di maiale grigliato (i “muu bing”) creano dipendenza. Sono laccati con una riduzione di soia e zucchero di palma, aglio e pepe bianco.
spiedini di maiale, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Uno scorcio della gastronomia delle bancarelle… versante ittico.
pesce, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Ma c’è anche lo street food dolce, quello rappresentato dai “kanom babin”, mini thai cup cakes di cocco, jasmine rice, pasta di lime ed erba cipollina, che i thailandesi hanno l’abitudine di mangiare nel corso dell’intera giornata, dalla mattina alla sera,

Kaone babin, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
sono altrettanto famosi i “kanon beuang”, anche conosciuti come thai wafers, la più famosa merenda pomeridiana, simile ad una crepe ma più croccante, farcita normalmente con cachi essiccati (o anguria), cocco e sesamo tostato.

kanon beuang, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
e non possono mancare le famose banane, fritte in una pastella agrodolce con sesamo tostato e arachidi,
banene fritte in pastella, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
sesamo tostato e arachidi, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
ma anche grigliate.
banane grigliate, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Monaci buddisti impavidi nell’attraversare le trafficate strade attorno al Grand Palace.
monaci buddisti, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Ci spostiamo in uno dei quartieri più antichi e caotici di Bangkok: Chinatown.
Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Una delle maggiori influenze sullo street food thailandese, anche in termini di innovazione, l’ha avuta la cultura della Cina, con l’imponente migrazione del popolo cinese che ha contribuito a trasformare il Regno di Siam nella moderna Thailandia.

Chinatown è uno dei quartieri più antichi di Bangkok. Forse quello più affascinante, poco visitato dai turisti, ricco di templi taoisti, erboristerie, bigiotterie e angusti vicoli affollati da venditori ambulanti. L’arteria principale che divide in due il quartiere è Yaowarat tra i cui vicoli è molto facile perdere l’orientamento.

Le specialità? Ovviamente anatre e maiali,

gallina, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia

anatre, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
maiale, anatre, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
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ma anche pesce grigliato ed essiccato.
pesce essiccato, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
E rane vive.
rane vive, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia

Tra i mille “seafood spot” del quartiere ci imbattiamo in un sorprendente assaggio di calamari (teneri e dal gusto intenso) con “morning glory”, una verdura a metà strada tra spinaci e bieta che nasce in prossimità dei fiumi, fagioli di soia e una piacevole salsa dolce-piccante con un predominante retrogusto di cipolla.

seafood, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Un altro quartiere in cui è possibile trovare una grande varietà di cibo da strada è la zona compresa tra il Chao Phraya River e Silom Road, quella del distretto finanziario di Bang Rak.

Chao praya, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Postazione lavoro alla fermata della metropolitana.
fermata alla metropolitana, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Ancora banane…
banane, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
qui conosciute come “gluay bing”. Vengono cotte lentamente per 30 minuti sulla griglia, avvolte dalle foglie e servite calde. Sono dolcissime.

gluay bing, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Ravioli dolci appena fatti, pronti per essere fritti.
ravioli dolci, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia

Sono ripieni di cocco, sesamo e soia caramellata.
ravioli dolci fritti, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Zuppe speciali take away.
zuppe speciali take away, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Ecco il celeberrimo ed amatissimo (in patria) “hor mok”, una sorta di torta di pesce che viene preparata mantecando un pesce locale (simile al pesce gatto) con curry e crema di cocco fino a diventare una mousse.

Questa poi viene cotta al vapore in una foglia di banana. Il sapore è deciso e si avvicina molto al nostro baccalà mantecato.

zuppa, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Frittelle di pesce.
frittelle di pesce, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Una preparazione vegetariana, con funghi e verdure.
funghi e verdure, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Ancora uno sguardo alla gastronomia della zona: totani.
Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Un’insalata proteica.
insalata di uova, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
L’immancabile sticky rice.
sticky rice, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Le frittelle di pesce (“tod mun pla”), conosciute come “thai fish cake” che hanno un sapore davvero forte e vengono accompagnati da una salsa agrodolce al chili e cetrioli.

Tod mun pla, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Non si finisce mai di incuriosirsi per la strada. Qui veniamo attratti da una macchina essiccatrice all’interno della quale viene essiccata la pelle del pesce che viene trasformata in una sorta di chips.

Essiccatore, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Le uova sono la base della cucina thai.
uova, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
Il “thai larb”, un condimento famosissimo che può essere fatto con diverse tipologie di carni (maiale, pollo o vitello) macinate a mano e cotte con chili, brodo di pesce, cipollotto, lime e coriandolo. E menta fresca, tutt’altro che decorativa.

thai larb, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia
thai, Thai Street Food, Bangkok, Thailandia

Il Forte Village di Santa Margherita di Pula, uno dei complessi alberghieri più importanti e prestigiosi dell’isola, ha da tempo deciso di dare il giusto rilievo al settore gastronomico.
Numerosi sono gli chef, più o meno famosi, che si avvicendano in collaborazioni con i ristoranti dislocati nei sette hotel del villaggio.
Uno di questi, Il Villa del parco, ospita il ristorante più noto, il Belvedere, affidato allo chef Antonello Arrus e oggetto della nostra curiosità da gastronomi erranti.
Non essendo disponibile un menù degustazione, si è scelto random da una carta ricca di piatti che sembrano essere, saggiamente, comprensibili opzioni per la diversa e variegata clientela italiana e internazionale che frequenta il village.
L’intento, condivisibile, è chiaramente quello di offrire uno spaccato italico, ma non solo, con una cucina intelligibile, ricca di pietanze familiari e che permetta scelte rassicuranti.
I notevoli dubbi nascono non tanto dallo stile adottato, anche nella presentazione dei piatti, piuttosto naif e più simile a quello di una buona trattoria che a quello di un ristorante blasonato, quanto dalla loro esecuzione, che stona non poco con le aspettative legate a una tavola del genere.
Il gazpacho di melone, ad esempio, e la tartara di avocado, che accompagnano l’astice, difettano dell’acidità di cui il piatto necessiterebbe, col risultato di renderlo monotono e dolciastro in modo stucchevole.
La salsa di noci che accompagna lo scrigno con saltimbocca al dentice è di una grassezza eccessivamente generosa e anestetica, tale da ridurre a comprimari sia il dentice che i gamberi.
Infelice anche il risotto, passato di cottura e confuso nelle proporzioni fra pecorino, zucca e scampetti.
Anche sui secondi significative sono le imprecisioni, specialmente sui filetti d’orata, oltremodo appesantiti da spinaci molto grevemente saltati in padella, che non vengono riscattati nemmeno dalla vellutata di ricci a dir poco latitante, tra l’altro, nella concentrazione del mollusco.
Aggiunto che praticamente a ogni piatto salato è stata presentata l’opportunità di aggiungere pepe, quasi che questa spezia, vera primadonna, possa essere un passepartout adatto a completare ogni piatto, sottolineato il servizio cordiale e volenteroso, non possiamo non manifestare viva perplessità riguardo un’esperienza vissuta all’insegna di una così uniforme approssimazione che non ci permette di esprimere una valutazione numerica coerente.
Per tale motivo, rispettosi del lavoro altrui, sospendiamo il giudizio, fiduciosi che in successive visite la delusione che ha caratterizzato il nostro pasto possa essere riscattata da più consone performances.

Amuse bouche: guacamole con gamberetti.
amuse bouche, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Pani.
pane, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Burro.
burro, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Brodetto di mitili ai pomodori soleggiati e zafferano al pane aromatico, in pratica un buon sautèe di cozze e vongole.
brodetto di mitili, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Astice cotto a bassa temperatura nel suo bouillon su gazpacho di melone moscatello e tartara di avocado.
Astice cotto a bassa temperatura, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Duetto: ostrica gratinata al mornay di gorgonzola e capasanta allo zabaione salato.
Impalpabile lo zabaione.
ostrica gratinata, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Scrigno di grano duro con dentice in salsa di noci e gamberi imperiali.
scrigno di grano duro, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Onesti spaghetti con ragù di spigola e bottarga.
spaghetti al ragù di pesce, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Risotto con la zucca, pendolino, pecorino filante, scampi al timo.
risotto con la zucca, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Filetti di orata con spinaci, melanzane e vellutata di ricci.
filetti di orata, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Scaloppa di San Pietro su pavè di porri, vichyssoise al vermentino. Anche qui la salsa è di una grassezza poco equilibrata.
Scaloppa di san pietro, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Soffice di pan sapato con salsa alla vaniglia e gelato al fior di latte.
pan sapato, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Millefoglie con crema Chantilly e sfoglia di cioccolato fondente e salsa di arancia sanguinella.
millefoglie con crema chantilly, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Soldi di cioccolato.
soldi di cioccolato, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Petit four.
piccola pasticceria, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Un gran bel vermentino.
Vermentino, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Sala.
sala, Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Ingresso.
Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula
Forte Village.
Belvedere, Chef Antonello Arrus, Santa Margherita di Pula

Era il lontano 1969 quando Angelo Molinari, reduce da una pluriennale esperienza di barman sulle navi da crociera, aprì la sua creatura: il Lord Nelson Pub. Locale che, anche nell’aspetto, racchiudeva due delle grandi passioni di Angelo: le navi e l’Inghilterra.
Il locale infatti ricorda in tutto e per tutto l’interno di un galeone d’epoca, con grande profusione di mogano e ottone, tendaggi bianchi issati a ricordare le vele, oggetti marinareschi un po’ ovunque, ma l’atmosfera e certi particolari portano la mente all’interno di un classico pub inglese nella sua accezione più elegante e confortevole.
Il Nelson, come viene da tutti chiamato in zona, nasce come american bar e punto di ristoro, ma negli anni si è trasformato sempre più in locale ricercato, raggiungendo nel 1978 una delle prime stelle Michelin della Liguria e aggiungendo, nel 1981, la bella veranda sul mare che ha migliorato non poco il suo fascino senza tempo.
Oggi Angelo non c’è più e la conduzione del locale è affidata alla moglie Ruth, alla figlia Helena e al figlio Alex, sommelier di fama e competenza internazionale.
Il locale continua anche oggi ad offrire un servizio a tutto tondo: american bar, dove poter sorseggiare un ottimo cocktail, un grande distillato o un bicchiere di Champagne e, sfruttando la sinergia con la cucina, fermarsi per uno spuntino veloce a pranzo; ristorante vero e proprio, la cui cucina, da qualche anno, è stata affidata nelle mani di un duo di giovani chef con esperienza alla corte dei fratelli Alajmo: Ivan Maniago e Greta Merciari, che hanno in poco tempo dato un’impronta nuova e brillante a questo pezzo di storia della gastronomia ligure.
La cucina del Nelson conserva una doppia anima: quella tradizionale, legata al ricettario classico e quella, secondo noi ben più interessante, moderatamente creativa, dove la coppia di chef interpreta con buona mano e personalità quello che offre il mercato e la stagione.
Quindi grande spazio al pesce, naturalmente, ma anche le verdure e la carne sono ben rappresentate nel menù.
Le preparazioni sono leggere, ben caratterizzate nei sapori, le cotture precise e rispettose della materia prima, sapiente sia l’uso delle spezie che delle erbe aromatiche, mentre abbiamo riscontrato qualche imperfezione nell’uso del sale.
Il servizio è svolto con leggiadria e senza affanni da Lorenzo Brescia e Franco Zero, abituati da sempre ad assecondare i capricci di una clientela piuttosto esigente.
La carta dei vini è un tomo imponente con un numero impressionante di referenze proposte a prezzi anche piuttosto interessanti se non fosse che, purtroppo, sono più le etichette segnate con asterisco e quindi non disponibili che quelle effettivamente presenti in cantina.
Un locale sicuramente da provare e da tenere d’occhio che, continuando per questa strada, potrebbe regalare più di una soddisfazione al sonnacchioso mondo gastronomico del Tigullio.

Il benvenuto della cucina: crocchetta di patate e panissa alle erbe.
crocchetta di patate e panica alle erbe, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
Il pane.
pane, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
Frittelle di baccalà e salsa al cavolfiore acidulata, ottima per dare un tocco di freschezza.
frittelle di baccalà, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
Zuppetta di mare, latte di cocco e pistacchi: il piatto migliore della serata, ottima materia prima, interessante l’utilizzo del latte di cocco, perfetto il bilanciamento di spezie ed erbe aromatiche.
zappetta di mare, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
La carne cruda sulla “ciappa” di ardesia: una classica tartare di fassona, ben realizzata e con l’ottima intuizione della salsa all’uovo leggermente affumicata messa a parte in modo da poterla utilizzare a piacimento.
Carne cruda, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
“Mandilli” di farina di castagne al pesto: le lasagne sono fin troppo sottili e di conseguenza in cottura perdono facilmente la giusta consistenza, il pesto ci è sembrato solo discreto.
mandali, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
Spaghettone aglio, olio, peperoncino e corallo: ottima la pasta e perfetta la cottura, interessante l’uso del corallo e della cappasanta stessa per dare un tocco di originalità, peccato il sale in eccesso.
spagehttone aglio olio e peperoncino, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
Totani ripieni.
totani ripieni, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
L’infuso di rombo servito a parte nella teiera.
infuso di rombo, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
Rombo in infuso di pesce, porri brasati, cime di rapa, erbe e tartufo nero: grande la qualità del rombo, perfetta la cottura, interessante l’uso degli scarti del rombo stesso per ottenere un saporito infuso.
rombo in in fuso di pesce, porri brasati e tartufi, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
Vitello tonnato, capperi, nocciole e bottarga: ottima versione di questo classico senza tempo, eterea la salsa, convincente l’uso della bottarga che apporta sapidità e lunghezza al piatto.
vitello tonnato, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
Una riuscita versione delle tipiche schiumette liguri.
schiumate liguri, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
Zuppetta fredda d’autunno: gelatina di caco, mela, melograno e granita alle mandorle.
zappetta fredda, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
Piccola pasticceria.
piccola pasticceria, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova
Un gin tonic per finire.
gin tonic, The Lord Nelson, Chef Ivan Maniago, Greta Merciari, Chiavari, Genova

Parigi, VIII arrondissement. Due passi dagli Champs Elysées, altrettanti dall’Arc de Triomphe.
In uno dei quartieri dalla più alta concentrazione di ostentazione al mondo, adiacente ad una struttura alberghiera nemmeno a dirlo a cinque stelle, opera un ristorante che, ormai da svariati anni, di stelle ne porta al petto due di meno. Ed è uno tra i primi indirizzi che salta in mente all’appassionato, non appena si parla di alta cucina francese, un luogo dove si sono formati innumerevoli chef divenuti poi altrettanto bravi e famosi.

In un contesto simile, crogiolati nel bello, circondati dalle numerose e costanti attenzioni del personale e rilassati in un quieto ambiente, non lussuoso ma assolutamente elegante, è possibile che il primo aggettivo che balzi in testa, che l’associazione mentale -praticamente automatica- fatta a posteriori sia… “divertente”?
Ebbene sì, se il luogo in questione porta il nome di Pierre Gagnaire, potete stare certi che sarà così.

Nonostante il già menzionato servizio che, malgrado a questi livelli si possa praticamente dare per scontato, è di tale precisione e discrezione da riuscire comunque a colpire, gli aspetti più stupefacenti di questo luogo (e nello specifico della sua cucina) sono la molteplicità e l’intensità degli stimoli ai quali si è sottoposti. Un vortice che inizia con gli stuzzichini appena seduti al tavolo, e termina soltanto una volta giunti alle strepitose praline, in accompagnamento al caffè.
Impeccabili sfoggi di tecnica, sapienti modulazioni di acido ed amaro, marcati contrasti di temperature, virtuosi piatti-francobollo in luogo di portate faraoniche: raccontata così, chiunque si aspetterebbe di trovare in cucina un ragazzino, un talento emergente, uno chef con un sacco di idee e la fiamma della voglia di stupire ben viva in corpo.
Evidentemente, Gagnaire giovane lo è dentro: nonostante un’età anagrafica dove i più iniziano a godersi la pensione, lui riesce ancora a creare, a divertirsi ma soprattutto a divertire.

La sua è una cucina dallo stile contemporaneo, che fa un uso sottotraccia e mai evidente di tecniche moderne, e nonostante la costante ricerca in collaborazione con l’amico (nonché noto chimico, attivo in campo gastronomico) Hervé This, trova i principali e più evidenti punti di forza nella qualità delle materie e nella concentrazione dei sapori, davvero esemplari.
Inoltre una peculiarità storica (al punto che ha permesso di coniare il termine “gagnairiano”) è il frazionamento della singola portata in vari piatti, che compariranno al tavolo tutti assieme od in vari servizi, a seconda della natura della stessa e delle scelte in cucina.
Questo, malgrado il menù degustazione piccolo (amuse bouche, plat, desserts), comporterà il ritrovarsi travolti da una quantità imbarazzante di piatti e piattini, contenuti nella dimensione ma non certo nel gusto, dei veri e propri piatti compiuti che funzionerebbero anche nelle vesti di portata vera e propria.
Poi un gran piatto d’impostazione più classica, giusto per ricordarti che sì, il talento, la tecnica, l’inventiva, gli ammennicoli… ma i quarant’anni di esperienza ai massimi livelli ci sono, e non vi è alcun motivo di dimenticarli.
Si continua quindi con i superbi dessert, quattro, impostati su quattro stili differenti ma tutti di livello eccelso, a dimostrazione (qualora ancora ce ne fosse bisogno) di una padronanza della cucina davvero a 360°.

Un’esperienza totalmente appagante e di reale divertimento dunque, che trova il suo unico aspetto negativo proprio all’interno di quello positivo: affrontando così tanti stimoli nel corso di un pasto, dato che molti dei piatti arrivano “in gruppo”, si rischia di non dare il giusto peso alle singole creazioni, di restare un po’ tramortiti dalla varietà delle stesse e di non riuscire a metter tutto correttamente a fuoco. E se già ciò accade con il menù piccolo, non osiamo immaginare con quelli più ampi… oltre a correre il serio rischio che anche gli stomaci “a fisarmonica” siano messi a dura prova dalle quantità, a conti fatti davvero ragguardevoli.
Con buona pace di tutti quelli che “…macché ristoranti gourmet, che fuori da lì poi devi farti una pizza!

Scorcio di sala e mise en place
mise en place, Pierre Gagnaire, Paris
Picoli stuzzichini iniziali, notevoli grissini, burro.
stuzzichini iniziali, Pierre Gagnaire, Paris
Biscotto al Parmigiano con crema di Parmigiano, tonno colorato alla barbabietola…
biscotto al parmigiano, Pierre Gagnaire, Paris
…cialda rapa, limone e crema di olive (nel bicchierino sottostante).
cialda rapa, Pierre Gagnaire, Paris
Il vino, scelto dalla brava sommelier.
vino, Pierre Gagnaire, Paris
Cialdine di pane, servite con…
cialdini di pane, Pierre Gagnaire, Paris
…un illegale burro agli agrumi, dall’intensità pericolosa.
burro agli agrumi, Pierre Gagnaire, Paris
I fantastici pani.
pane, Pierre Gagnaire, Paris
Granita di peperoni verdi, vellutata verde e cannolicchi. Il piatto dei contrasti: caldo/freddo, sapido/erbaceo, gommoso/cremoso: partenza a razzo.
granita di peperoni verdi, Pierre Gagnaire, Paris
Rillette di leprotto al combawa ricoperta di succo di carote; boccone d’albicocca soffice al lardo di colonnata.
rilette di leprotto, Pierre Gagnaire, Paris
Uova di salmone biologico e cuore di palma fresco, crema al limone e gorgonzola, duxelle di champignon di Parigi.
Un quadro di questa cucina: un turbine di sapidità, acidità, grassezza e terrosità in solido equilibrio, in un boccone da due centimetri quadrati.
cuore di palma e uova di salmone, Pierre Gagnaire, Paris
Latte di haddock legato con patate, avocado. Altro boccone di grande intensità, compresso in una tazzina da caffé.
latte di Haddock, Pierre Gagnaire, Paris
Fagioli di Paimpol, gamberetti grigi e cecina; salvia croccante.
fagioli di paimpol, Pierre Gagnaire, Paris
Impiattata in sala la portata principale:
Pierre Gagnaire, Paris
Merluzzo giallo cotto sulla sua pelle, mousseline d’olio d’oliva al tandoori, melanzana di Firenze.
Cottura esemplare per il merluzzo, salsa che da sola fa il piatto, in perfetto e strabiliante equilibrio tra morbidezza, gusto e rotondità, completato dal lieve apporto dolce ed astringente della melanzana. Impiatto semplice e non particolarmente ricercato, in realtà una gran portata.
merluzzo giallo cotto sulla pelle, Pierre Gagnaire, Paris
…con a parte, una gustosissima cialda croccante, bagnata con i succhi del merluzzo, e spinaci appena saltati…
cialda, Pierre Gagnaire, Paris
…il tutto servito con un’insalata di farro appena calda e verdure brasate, abbondantemente passate nel burro.
insalata di farro, Pierre Gagnaire, Paris
I deliziosi predessert, piccoli capolavori di tecnica e gusto.
predessert, Pierre Gagnaire, Paris
predessert, Pierre Gagnaire, Paris
Parfait al papavero ricoperto di cioccolato dulcey, velouté di latte di cocco, banane e mango.
Primo dessert, dolce e morbido, su note tropicali.
parfait al papavero, Pierre Gagnaire, Paris
Pasta di mandorla al tè verde Matcha, gelatina al moscato, melograno.
Secondo dolce,l’opposto: amara la mandorla, tannico il matcha, acida la gelatina, acido il melograno. Dessert decisamente spinto.
pasta di mandorla, Pierre Gagnaire, Paris
Crema di limone, tarteletta con cioccolato Cuba, disco di pompelmo, ganache di cioccolato Venezuela.
Terzo (splendido) dessert: modulazioni di dolcezze ed acidità attraverso due varietà di cioccolato, a temperature differenti, che avvolgono le acidità del limone e del pompelmo. Applausi.
crema di limone, Pierre Gagnaire, Paris
Gateau alla mela, mousse di mela verde, uvetta profumata al Rum.
Ultimo dessert, caldo, avvolgente e più ordinario, ma non per questo di minor valore.
gateau alla mela, Pierre Gagnaire, Paris
Le fantastiche praline.
praline, Pierre Gagnaire, Paris
praline, Pierre Gagnaire, Paris
Dettagli della sala.
sala, Pierre Gagnaire, Paris
sala, Pierre Gagnaire, Paris
sala, Pierre Gagnaire, Paris
Per chi lo gradisse, è possibile richiedere il tavolo dello chef, con vista sulla cucina.
Pierre Gagnaire, Paris