Passione Gourmet Ottobre 2014 - Passione Gourmet

Comptoir des Galeries

Julien Burlat è uno chef e imprenditore di successo.
Ad Anversa, oltre al suo Dôme, unanimemente riconosciuto come uno dei ristoranti migliori della città, ha aperto nel tempo il divertente Dôme sur mer, in cui propone una semplice ma onestissima offerta da lungomare di Nizza (plateau royale, ostriche, champagne ecc.) e la boulangerie Domestic, rifugio dei golosi di carboidrati fiamminghi.
Il Comptoir des Galeries è la sua ultima avventura, avviata a fine luglio nel cuore nobile di Bruxelles, quella Galerie du Roi che è parte del magnifico Passage Saint-Hubert, dimora di boutique eleganti e caffè storici.
Non è semplice proporre ristorazione di qualità in un contesto ad altissima densità turistica; non solo da noi, infatti, la proposta media in luoghi di questo tipo è fatta di locali finto tradizionali che competono su menù a prezzi il più possibile stracciati per attrarre masse interessate più che altro a sfamarsi. Il Comptoir des Galeries ha altre ambizioni e lo mostra sin dal look: per quanto spartana, la ristrutturazione d’impronta nord europea data al locale si apparenta a neobistrot parigini di tendenza (Saturne su tutti) più che a folkloristiche brasserie belghe.
L’offerta culinaria è molto chiara: cucina di bistrot, senza eccessive concessioni al contemporaneo se non nelle porzioni più oculate e, purtroppo, nei prezzi non proprio contenuti.
La qualità, però è evidente: il paté en croute non sfigurerebbe in un bouchon lionese, i calamari alla piastra con piment d’Espelette sono cucinati alla perfezione, la tartare è di ottima qualità (anche se avremmo preferito accompagnamenti maison).
Non entusiasmante la quaglia, che sulla carta prometteva di più con i suoi funghi all’anice stellato.
Piatto migliore della serata gli gnocchi fatti in casa con jus alle erbe e burrata (buona davvero, cosa rarissima a queste latitudini dove pure, ahinoi, se ne fa uso smodato): segnale che forse anche qualche guizzo extra tradizione va mantenuto.
Reparto dolce con moderati spunti creativi (ma nella tarte au citron, per il resto eseguita mirabilmente, preferiamo la più tradizionale meringa all’italiana) e carta dei vini con molte proposte interessanti sul filone bio, dalla quale abbiamo pescato un beverino (ed economico) Amphibolite 2012 di Jo Landron.
Il locale, insomma, è partito col piede giusto e la valutazione attuale potrebbe addirittura spingersi più in là registrando qualche inevitabile incertezza iniziale.

Gli ottimi gnocchi
Comptoir des Galeries, Chef Julien Burlat, Bruxelles
La tartare: ottima materia prima e primo dressing. Non per fare gli snob, ma un ketchup fatto in casa lo avremmo preferito
tartare, Comptoir des Galeries, Chef Julien Burlat, Bruxelles
Paté en croute
patè en croute, Comptoir des Galeries, Chef Julien Burlat, Bruxelles
La quaglia, piccola delusione
quaglia, Comptoir des Galeries, Chef Julien Burlat, Bruxelles
Il coregone al curry, non facile e molto goloso
coregone curry, Comptoir des Galeries, Chef Julien Burlat, Bruxelles
Peperoni e pomodori in accompagnamento ai piatti principali, davvero buoni
Peperoni, pomodori, Comptoir des Galeries, Chef Julien Burlat, Bruxelles
L’ Île Flottante, eseguita a regola d’arte
ile flottante, Comptoir des Galeries, Chef Julien Burlat, Bruxelles
La Tarte au Citron, tutto bene a parte la meringa, che in questo dolce preferiamo nella morbida versione italiana
Tarte Comptoir des Galeries, Chef Julien Burlat, Bruxelles
Jo Landron ci gusta molto
vino, Comptoir des Galeries, Chef Julien Burlat, Bruxelles
Qualche immagine del locale
sala, Comptoir des Galeries, Chef Julien Burlat, Bruxelles
sala, Comptoir des Galeries, Chef Julien Burlat, Bruxelles

Il Laida Weg, albergo a 4 stelle incastonato a Rima San Giuseppe, lembo estremo della provincia di Vercelli, 69 residenti e 1417 metri di altitudine, ha tutti i crismi per diventare un buen retiro gourmet, a conforto della qualità della ristorazione alberghiera, che in Italia sta facendo decisi passi in avanti.
Rima è una località raggiungibile comodamente e rappresenta il luogo in cui si è concretizzata la lucida e visionaria follia imprenditoriale della famiglia Tognon, sopratttutto di Flavio Tognon, che un giorno, capitato da queste parti con moglie e figli, ci costruì dapprima una casa di vacanza e successivamente, con un’operazione di ingegneria civile ed alberghiera con pochi precedenti, un albergo di tecnologia avanzata, dove nelle camere regna la domotica, ma che nel cuore conserva uno spirito antico. Come le case avvolte nel silenzio ultrasecolare di questo puntino sulla carta geografica, fondato dal popolo Walser nel XIV secolo (Laida Weg, il nome dell’hotel, deriva proprio dalla loro lingua), e come quella sensazione di caldo relax che cattura l’avventore.

Ai fornelli del Laida Weg, in una sala di compassata eleganza, i Tognon hanno chiamato Paolo Bullone, under 30 che a differenza di molti coetanei ha pochissima spocchia e moltissima umiltà. Sarà l’ispirazione che danno le montagne che circondano l’albergo, la sua ‘ascendenza culturale’ marchesiana, l’atmosfera ovattata ma di fatto, il ragazzo ha un’idea di cucina molto precisa, necessariamente in evoluzione, che interpreta al meglio la sua funzione: accompagnare, con discrezione, la fase contemplativa. Perché le grandi finestre, su cui s’affaccia il ristorante, offrono scorci da brivido. E farebbero sembrare deliziosi i più anonimi spaghetti allo scoglio della più anonima tra le pizzerie. Figuriamoci se in tavola arriva un Acquerello, che poi ti sognerai la notte.
L’esperienza gustativa è necessariamente complementare alle coccole della Spa interna all’albergo, alle migliaia di libri ordinati sulle mensole, ovunque, alla scoperta degli angoli più nascosti di questo minuscolo pertugio montano. Ma le sorprese arrivano anche alla fine di ogni pranzo o di ogni cena: già, perché Flavio Tognon, oltre a quella per l’edilizia fatta senza sbavature, nutre da decenni una passione divorante per i whisky scozzesi. Passione tramutata in attività di commercializzazione di single malt rarissimi con una società ad hoc che importata a Rima bottiglie uniche in quello che è il Whisky Bar di qualità più alto d’Europa.
Sveliamo un segreto, ossia che i whisky più buoni non sono quelli elencati nella carta poderosa: per accedere ad un piccolo tesoro nascosto, ossia ai whisky ‘fuori carta’, dovrete necessariamente conquistare gli occhi e il cuore di Flavio Tognon. Facendo attenzione, come diceva Indro Montanelli, perché “è un uomo che viene da lontano”.

Assiette di salumi d’autore con pan brioches per cominciare: il prosciutto crudo d’Osvaldo svetta sublime.
assiette, Laida Weg, Chef P. Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Rivoluzione caprese.
Rivoluzione, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Riso Carnaroli Acquerello, crema di spinacio, toma di Piode e tartare di Fassone: risotto atto primo, cottura e mantecatura perfette, la crema cinge voluttuosamente formaggio e fassone.
Riso Carnaroli, spinaci, toma, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Riso Carnaroli Acquerello al gorgonzola Dop e whisky Smokehead: risotto atto secondo, l’affumicatura e la piccantezza del Gorgonzola naturale.
riso con gorgonzola e whisky, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Filetto di cervo in crosta di pane nero aromatico con spuma di patate, ravanelli e ribes: selvaggina e componente dolce, un classico intramontabile.
filetto di cervo in crosta di pane, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Selezione di formaggi dal carrello: potrebbero crescere di numero, ma sono eccellenti. Nota di merito per le tome di latte vaccino che stagionano da queste parte sono rilevanti.
tome, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Soufflè ghiacciato al frutto della passione.
soufflè ghiacciato, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
Mousse Bahibe cremoso al mandarino e glassa al pralinato, dolce marchesiano e non invasivo. Da rimarcare, benché manchi l’immagine, la qualità non usuale della piccola pasticceria servita col caffè.
mousse bahibe, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli
I caldi spazi del whisky bar, dove concedersi bevute di malti leggendari…
whisky, Laida Weg, Chef Paolo Bullone, Rima San Giuseppe, Vercelli

La scena mondana londinese cambia tanto rapidamente quanto il clima della stessa città. Ecco quindi che da qualche tempo a questa parte il quartiere, non proprio centralissimo, di Clapham sta vivendo un periodo piuttosto felice sotto questo punto di vista.
Dopo anni passati a girovagare tra le migliori cucine del globo, lo chef Robin Gill, assieme alla moglie Sarah, nel marzo del 2013 ha rilevato una vecchia latteria e vi ha creato il suo quartier generale.
L’impatto è decisamente forte.
Musica jazz, ad un livello acustico più da disco pub che da ristorante, accompagna i clienti lungo l’angusto corridoio che funge da sala del The Dairy. Tutto in trenta metri quadri: cocktail bar, cucina a vista e lo spazio necessario per far desinare una quarantina di clienti.
Ma le stravaganze non finiscono qui. Il The Dairy infatti è un ibrido tra un tapas bar e un ristorante in stile bistrot modaiolo. Il ritmo incalzante del locale è a dir poco contagioso e ci si sente quasi in imbarazzo quando si è indecisi se seguire un menù degustazione di sette portate da 45 sterline o se invece ordinare qualche mini porzione alla carta, ognuna al prezzo di 10 pound circa. Una carta dei vini non particolarmente intrigante chiarisce gli ultimi dubbi rimasti: il The Dairy non è un locale fatto per pensare, ci si siede, si mangia e si esce.
L’arrivo delle entrée e degli antipasti è un’onda violenta che sommerge il ricordo di gioie e dolori della vita reale. Se l’obiettivo di Robin Gill è quello di far entrare, chiunque varchi la soglia del suo locale, in una realtà parallela, beh ci sta riuscendo in pieno. E con che classe!
L’orto sul tetto del locale offre la possibilità allo chef di lavorare con verdure ed erbe aromatiche freschissime, oltre che di autoprodursi il miele. Ecco quindi che “cetrioli, zucchine, basilico e miele” è un omaggio all’orto stesso e ai suoi prodotti, lasciati crudi, in purezza, e legati dalla dolcezza del miele. Piatto da K.O.
Ma manca letteralmente il tempo per pensare a quanto appena mangiato, per ragionare su quello che si sta vivendo. Le portate vengono servite alla velocità della luce, ci si sente quasi come in apnea, con la musica che pare aumentare di volume col passare dei minuti.
Lo chef dimostra di aver imparato tecniche e segreti del mestiere dai suoi celebri maestri e riesce a coniugare lo stile nordico avanguardistico del Noma, con la classe eccezionale di Marco Pierre White, e perchè no, con il cuore e la passione di Ernesto Iaccarino.
La coda di rospo, con mais e cipollotti, è probabilmente l’apice del pranzo, con una rana pescatrice di livello extraterrestre, cotta in burro e limone, accompagnata da cipollotti tuffati in acqua e aceto, e mais alla piastra, con qualche chicco tostato per dare croccantezza al piatto. Complimenti.
Per quanto riguarda il servizio di sala, con i camerieri vestiti in t-shirt bianca e grembiule di stoffa, a ricordare i vecchi lattai, non possiamo spendere troppe parole proprio per la velocità del pasto.
In un’ora ci si accomoda, si ordina, si mangia, piccola pasticceria compresa, e si paga. Usciti dal locale, completamente frastornati dall’accaduto, sembra quasi di poter ricominciare a respirare, ma una volta tornati sul pianeta terra, il ricordo del The Dairy, come di tutte le esperienze forti, rimarrà impresso nella memoria a lungo.

Mise en place
mise en place, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Il primo stuzzichino. Velo di sedano rapa ripieno di formaggio caprino ed erba cipollina.
velo di sedano rapa ripieno di formaggio, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Olive di Nocellara del Belice. Uno dei ricordi che lo chef si è portato dal Belpaese.
olive di nocellara, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Acciuga fritta con foglie di acetosella. Frittura perfetta, molto buono.
acciuga fritta con foglie di acetosella, The Dairy, Chef Robin Gill, London
L’acqua arriva al tavolo con servito a parte un bicchiere pieno di ghiaccio. Un dettaglio piacevole.
acqua, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Il miele prodotto dallo chef in persona sul tetto del locale.
miele, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Cetrioli, zucchine, basilico e miele (vedi foto sopra). Piatto freschissimo, dolce e croccante allo stesso tempo. Davvero molto buono.
cetrioli, zucchine, basilico, miele, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Piselli, menta e sedano. Altro bel piatto composto da vegetali essenzialmente crudi proposti in versione nature e sottoforma di “sifonata”. Elementi uguali in due consistenze diverse.
piselli, menta e sedano, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Burro mantecato con midollo osseo affumicato, mousse di fegato di pollo, salame. Piatto gustoso anche se un po’ decontestualizzato dal resto del percorso.
Burro mantecato con midollo osseo, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Il pane, ottimo. Temperatura di servizio però da rivedere, si rischia l’ustione!
pane, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Pollo croccante, sedano fermentato e “kale” bruciato. Piatto dalla forte ispirazione nordica, decisamente riuscito. Il kale è una verdura simile al cavolo le cui foglie hanno forti proprietà salutari. In questo momento è molto di moda nel Regno Unito in tutti i movimenti vegetariani e vegani.
pollo croccante, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Coda di rospo, mais e cipollotto. Il piatto migliore dell’intero menù. Una coda di rospo da antologia.
coda di rospo, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Lavarello alla brace, pomodori, pane fritto ed erbe aromatiche. Altro omaggio all’orto che però in questo caso sovrasta troppo il lavarello, peraltro molto buono. Piatto concettualmente interessante ma da rivedere.
lavarello alla brace, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Agnello, fagioli, salsa alle olive e melanzane. Piatto dalla materia prima ottima e dal grande equilibrio, giocato tra la dolcezza dei piselli e le note amare delle olive e delle melanzane.
agnello e fagioli, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Mirtilli e gelato alla patata. Buon predessert, reso molto acido dalla presenza del latte di capra nel gelato.
mirtilli e gelato alla patata, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Caramello salato, cacao e gelato al malto d’orzo. Grande dessert, goloso ma non scontato. Molto bene.
caramello salato e cacao, The Dairy, Chef Robin Gill, London
La piccola pasticceria anch’essa di ottima fattura composta di un frollino, una gelatina al limone e di un fagottino agli agrumi.
piccola pasticceria, The Dairy, Chef Robin Gill, London
La cucina
cucina, The Dairy, Chef Robin Gill, London
Buona parte del locale
locale, The Dairy, Chef Robin Gill, London
L’orto sul tetto
orti sul tetto, The Dairy, Chef Robin Gill, London

Francesco Apreda rappresenta una delle poche e solide certezze gastronomiche del panorama attuale della capitale.
E’ uno chef mai banale, data la sua incredibile curiosità e voglia di ricerca che lo ha portato ad approfondire diverse culture culinarie, soprattutto dell’Estremo e Medio Oriente, con cui ha avuto molti contatti nel suo incessante peregrinare. Le ha approfondite queste culture fino a padroneggiarle completamente, fondendo felicemente queste esperienze con la sua anima fortemente mediterranea in un blend unico di sapori, profumi e consistenze.
Il termine fusion, che può destare facilmente perplessità per un suo ricorrente utilizzo atto a dissimulare idee approssimate e confuse, assume qui un senso compiuto.
La sicurezza dello chef traspare anche dalla messa a punto di tecniche e accorgimenti che danno vitalità e sostanza alla sua cucina originale e davvero stimolante.
Un esempio è un piatto come lo spaghettoro al pomodoro e basilico, quasi spiazzante in una tavola del genere, sintomatico della capacità di dare sfumature diverse a ciò che appare, a prima vista, decisamente scontato. Ma la scelta dello chef è quella di esaltare il concetto di rivisitazione aggiungendo valore all’originale, non sottraendone.
Ecco allora un pomodoro San Marzano, che, frullato con aglio e aceto e successivamente filtrato, fornisce l’acqua in cui viene cotta la pasta che ne assorbe tutta l’acidità. A completare il quadro varie consistenze di diversi tipi di pomodoro che conferiscono notevole vivacità al piatto nonché una concentrazione persistente e significativa.
Sulla stessa linea concettuale si pongono i diversi modi di veicolare l’umami nei tagliolini alla seppia: nelle interiora del cefalopode mantecato col suo fegato, negli spinaci frullati con alga kombu e nell’alga nori di cui è fatta la pasta. Una serie di glutammati naturali che conferiscono sapore e leggerezza al tempo stesso.
Ogni spezia è impiegata con encomiabile accortezza, vero strumento per completare ed esaltare una pietanza, come nello splendido risotto dove una carezza soavemente piccante accompagna l’astice in modo ammirevole.
Più in generale, ogni portata è espressione di una sintesi riuscita tra grande padronanza dei fondamentali e la complementare, cosmopolita passione dello chef per le scuole gastronomiche che hanno forgiato la sua esperienza professionale: in primis il Giappone, con il suo rigore e il suo equilibrio, e l’India con ingredienti e spezie delle sue millanta cucine regionali.
Il tutto in una sala dai cui tavoli vicini alle vetrate si gode una vista spettacolare sulla città eterna e in cui il servizio, adeguato al livello del ristorante e dell’albergo che lo ospita, è piacevolmente privo di quelle ingessature formali che potrebbero facilmente alterarne la scioltezza.

Uova di quaglia in tempura su crema di peperoncino agrodolce, soia e polvere di lime, cannoli di riso con baccalà, polvere di pomodori e capperi e patè di olive nere e crema di maionese, frittelle di fiori di zucca e bianchetti polvere di curry.
appetizers, Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Bruschetta di pane di Lariano, guacamole, pomodori, aglio nero, carpaccio di ricciola, olio extravergine liofilizzato, portulaca.
bruschetta di pane, guacamole,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Selezione di pani. In evidenza il croissant al finocchio, i grissini alle noci con sesamo e la burrata con paprika dolce.
pane,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Gelatina di alga Kombu, mousse di melone, crumble di taralli, peperoni allo cherry. Felice rivisitazione del prosciutto e melone.
gelato alga kombu,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Terrina di foie con pistacchi e ciliegie al maraschino, betel nut (noce gommosa indiana dalle mille virtù) e galgant (spezia acida simile allo zenzero).
terrine di foie gras,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Fluida di pomodoro con mozzarella, verdure in ceviche, patata viola peruviana, caviale. Piatto più leggero di quanto lascerebbe presagire la presenza della mozzarella. Caviale superfluo.
fluida di pomdooro,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Tris di tartare: gobbetti su pane all’olio, scampi con carote, gamberi rossi con taccole e fresella alla soia, rinfrescante cetriolo aromatizzato al lime e pepe a mò di zenzero giapponese tra una tartare e l’altra.
tris di tartare,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Tagliolini all’umami di seppia alla piastra, semi di finocchio selvatico e purea di spinaci
tagliolini all'umami,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Spaghetto Verrigni, purea di pomodoro confit di tre pomodori diversi, polvere della buccia, pomini essiccati, parmigiano fluido.
spaghetto verrigini,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Risotto all’astice cotto in infuso di verbena e blend di spezie Mombay dolcemente piccante.
risotto all'astice,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Ravioli al vapore con coniglio e olive, asparagi e ricotta al rosmarino
raviolo di coniglio,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Triglia, tartufi di mare, carbone di melanzana, spugne al prezzemolo e purea di ceci.
triglia,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Vitello in casseruola al fieno, anguria piastrata, finferli e bianchetti.
vitello casseruola al fieno,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Secreto (costato) di maiale, mango, miele di eucalipto, parmigianina di patate, pepe verde.
costato di maiale,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
“Ciliegie” con sherry e mollica di pistacchio.
ciliege con sherry,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Yogurth con cioccolato bianco, frutti di bosco, crumble e caramello.
yoghurt con cioccolato,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Luna (sfera di zucchero soffiato) con spuma di cheesecake al lemongrass, frutti di bosco, cupole di champagne e spumante.
sfera di zucchero soffiato,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Interno…
interno,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Cannoli di mango e albicocca, ghiacciato di cocco, terra chai (ispirata al tè chai fatto con tè darjelling, latte e varie spezie con cardamomo, cannella, zenzero).
cannoli di mango e albicocca,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Petit fours
petit fours,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Cristal
cristal,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Dom
Dom perignon,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Roederer rosé
roederer,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Interno
 Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Esterno lontananza
esterno,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler
Roma…
Roma,  Imàgo, Chef Francesco Apreda, Roma, Hotel Hassler

PRUGNA, FOIE GRAS, PATATA DOLCE E CANAPA DI MAIALINO

Assomiglia a un bisenso, questo piatto di Angelo Sabatelli, capace di svolgere con perfetta coerenza le linee del gusto e della testura, contemporaneamente e ai massimi livelli. Lo spunto è classico, per via di sincronicità o reminiscenza riconducibile (forse) ad Eckart Witzigmann e al suo foie gras con prugne e pancetta. Comunque al matrimonio di fegato grasso e frutta, che in questo caso funge da trait-d’union col maialino, spesso abbinato alle prugne. La patata dolce fritta, dal canto suo, con la nota di anacardi rafforza il rimando alle consuetudini dell’alta cucina per via della frutta secca. Il canonico match acido/grasso, sembrerebbe, cui contribuisce anche il fegato, marinato nel Moscato di Trani, congelato e grattugiato a crudo con la Microplane. La partita si gioca però anche sul fronte delle testure. Perché se è vero che l’elevata acidità dovuta a frutta, foie gras marinato e condimento all’aceto del lattughino produce abbondante salivazione, la canapa di maialino interviene ad asciugare il palato con perfetta complementarietà. Viene ottenuta arrostendo, essiccando e poi passando la carne piano piano con un pettine di ferro, fino a sfilacciarne le fibre, che si presentano come piccoli batuffoli simili a cotone. Una trouvaille che può ricordare tecniche e filosofie di Andoni Luis Aduriz, il quale ha fatto delle sperimentazioni sulle testure la posta di una ricerca infinita. Capace di sparigliare, come in questo caso, gli intramontabili schemi classicisti.

PRUGNA, FOIE GRAS, PATATA DOLCE E CANAPA DI MAIALINO, Chef Angelo Sabatelli