Passione Gourmet Settembre 2014 - Passione Gourmet

Lido 84

Di certo Gabriele D’Annunzio non scelse un posto qualunque per costruire il Vittoriale degli italiani. Ci doveva trascorrere solo poche settimane, giusto il tempo per concludere il “Notturno”, ma finì per passarci tutto il resto della vita. In tempi più recenti invece, un altro uomo sta rendendo continuativa la sua presenza in quel di Gardone, lo chef Riccardo Camanini. Un tempo capo cuoco a Villa Fiordaliso, Camanini si è spostato solo di qualche centinaia di metri, portando con sé tutto il suo sapere in fatto di cibi e fornelli al ristorante Lido 84.
Basterebbe l’acqua che si appoggia morbida al parapetto, il delizioso giardino fiorito, lo starnazzare delle anatre che rompe la quiete lacustre, le infinite tonalità dei riflessi che il sole regala specchiandosi sul Garda. Basterebbe questo per poter essere felici.
Ma Camanini, conscio di cotanta bellezza, ci ha voluto mettere lo zampino, ha voluto “costringere” gli avventori del Lido 84 a trascorrere un paio d’ore di assoluta estasi, lasciandoli sospesi, immersi nel bello in tutte le sue forme.
Con la stessa delicatezza con la quale le onde del lago si fanno notare, i ragazzi di sala compiono un servizio più che attento e mirabilmente discreto. Ma lo chef di certo non vuol essere da meno e così, con grande maestria, orchestra i suoi, offrendo una tempistica di servizio impeccabile.
Di scuola marchesiana, Camanini scende in campo con il meglio del suo repertorio. Il cuoco infatti, con grande classe, comincia la degustazione con piatti definibili moderni, alleggeriti da fondi, grassi e salse, per poi piano piano, sfumare su preparazioni decisamente più classiche, nelle quali gli stessi fondi, i grassi e le salse, prima eliminati, la fanno da padroni.
Lo sviluppo del menù, alla luce dei fatti, è una sinfonia armoniosa, un crescendo di consistenze, di concentrazione di sapori e di persistenza gustativa.
Il risotto con stracchino e sarde di lago alla brace è stupendo per quanto riguarda la cottura ed interessante per la complessità che si viene a creare boccone dopo boccone.
I fusilli tiepidi con crema di pistacchio e bottarga lasciano tanto perplessi all’idea quanto compiaciuti dopo averli assaggiati. Ma è la guancia di manzo brasata alla diavola con purè di patate rattes il piatto che fa sobbalzare dalla sedia, quello che non si dimentica, quello che una volta finito si vorrebbe poter mangiare ancora. Guancia allo stesso tempo squisitamente morbida ma senza aver perso la sua consistenza, fondo di cottura da dover insegnare nelle scuole ed un puré, senza voler esagerare, da far invidia ai cugini francesi.
In tutto questo rincorrersi di emozioni, ne fanno le spese i due antipasti, della categoria “piatti moderni”, non di certo perché mal riusciti, ma solo perché sarebbe difficile per qualsiasi pietanza competere con una guancia di quel livello.
Ma le sorprese non si fermano lì. No, perchè mentre, ancora inebetiti dal fondo di cottura, ci si trova appoggiati sul gomito ad osservare il vuoto, arriva il coup de théatre, la torta di rose con zabaione. Tiepida, soffice dentro e croccante fuori. Lo chef consiglia di mangiarla con le mani intingendola nello zabaione caldo. Dessert definitivo.

Osservando il lago di Garda, direttamente dal giardino nella bella stagione, o all’interno della veranda interamente vetrata durante l’inverno, una visita al Lido 84 è l’occasione per provare una grande cucina sapientemente proposta da un grande cuoco. Complimenti.

Il benvenuto dello chef: alga, guacamole e cialda croccante di gambero con salsa di ‘nduja.
alga, guacamole, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Il pane fatto in casa con olive e noci. Ottimo.
pane, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
M’pepata di cozze con pane integrale abbrustolito alla brace. Buona rivisitazione di un
grande classico. Le foglioline di origano regalano quell’appiglio alla ricetta originale che scatena la memoria. Unico appunto, decisamente sgradevole, le cozze non pulite dalla loro “barba”.
cozze, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Il buon pane integrale abbrustolito alla brace.
pane abbrustolito, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Ostriche e funghi affogati nel Sauvignon. Il piatto meno riuscito della giornata. Le consistenze viscose di ostriche e funghi ci sono apparse non legate dalla salsa al Sauvignon.
ostriche e funghi, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Fusilli tiepidi, pistacchio e bottarga di muggine. Primo grande assaggio delle reali doti dello chef. Pasta cotta impeccabilmente, pistacchio che fa sentire la sua presenza senza risultare invadente, bottarga di muggine che con quel tocco iodato fa decollare il piatto.
fusilli pistacchio e bottarga, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Riso, stracchino e sarde di lago allo spiedo. Altro gran pezzo!
riso stracchino, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Dotto bianco, crema di ceci, olio e peperoncino. Cottura del pesce impeccabile, crema di ceci leggerissima, ottima nota lievemente piccante. Proseguiamo alla grande.
Dotto bianco, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Guancia di manzo brasata alla diavola con purea di patate rattes. Semplicemente splendida.
guancia di manzo, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Mirtilli, ricotta e salsa al moscovado. Buon dolce, equilibrato e tecnico.
mirtilli, ricotta, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
La torta di rose tiepida accompagnata allo zabaione al vov fatto in casa e limoni del Garda. Difficile fare di meglio. L’ unica nota negativa è che il dolce che lo precedeva, dopo aver assaggiato lo zabaione di Camanini, viene letteralmente cancellato dalla memoria.
torta di rose, Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia
Lo zabaione.
Lido 84, Chef Riccardo Camanini, Gardone Riviera, Brescia

Di Kobe Desramaults e del suo straordinario rifugio nel bel mezzo del nulla parlammo entusiasticamente già quattro anni fa. Un luogo dell’anima, dicemmo, lieti di averlo trovato, in una sera piovosa d’autunno: la classica “impresa” che solo l’appassionato più duro e puro poteva pensare che avesse senso. Una di quelle sempre più rare epifanie che rendono viaggi, spese, litigi familiari, degli effetti collaterali facili da dimenticare.
Il tempo è passato rapido, questo locale è ormai nel radar di tutti i gourmet d’Europa e il suo artefice è unanimemente riconosciuto come il più rappresentativo esponente di una new wave fiamminga piena di giovani entusiasti, capaci e anche anticonvenzionali quanto basta per non suonare scontati. Tutto ciò è interamente meritato: si respira entusiasmo da queste parti, in cucina, in sala, nelle eleganti e scabre stanze da letto con vista mucche, nella sala della colazione che pare uscita da un quadro secentesco (e che delizie, sia dolci che salate, vi attendono al risveglio).
L’offerta gastronomica lascia poche scelte: due menu, differenti solo per la presenza in quello più ampio di tre piatti in più, e l’abbinamento degli stessi con una serie (ampia) di calici o con un altrettanto ampio set di succhi di frutti o verdure locali, talvolta fermentati; in alternativa, una bella carta dei vini.
E l’esperienza è totalizzante: quasi quattro ore di viaggio, tra la campagna locale e il vicino mare, in un saliscendi di quasi 25 piatti, dosati al millesimo di grammo per non esagerare e far sì che la cena sia “gestibile” da uno stomaco comunque allenato.
Senza descrivere nel dettaglio la sequenza (mostrata comunque di seguito) e detto che non c’è un solo passo falso, ci sembra doverosa però la riflessione, senza avere, noi di PG, una risposta certa: è davvero questa la contemporaneità in cucina?
Lo zenit dell’esperienza gastronomica è nel succedersi di bocconi divini, e unici, nello stare a tavola quattro ore in attesa dello stupore o, più semplicemente, della forchettata (o cucchiaiata) che accende la scintilla del ricordo, più spesso, o dell’inatteso?
E cos’è un grande piatto? Soprattutto: un grande piatto può, oggi, essere proposto solo in forma di singolo boccone, la cui “densità” gustativa è tale da non consentirne, da non renderne sensato il secondo assaggio?

Noi, questa volta, da In De Wulf, certi di aver visto giusto sulla grandezza dell’artefice (perché, ripetiamolo, non un singolo assaggio era sbagliato né per idea né per esecuzione) abbiamo pensato soprattutto a questo; e a quanto ci incuriosirebbe provare questa mano alle prese con un menu di 3-4 portate, tradizionale, se ha un senso dire così. Cosa sceglierebbe, nel suo vastissimo bagaglio di suggestioni, se fosse imbrigliato da quello schema, quali delle tante corde solo accennate prediligerebbe? E, soprattutto, ci stupirebbe e soddisferebbe anche di più?
Fuori dalla riflessione, non si possono non citare tutti gli chef che, nel tempo della cena, si succedono al servizio (in una formula inaugurata al Noma qualche tempo fa) con evidente orgoglio e grande cordialità: bella squadra, davvero.
In ultimo, avendolo provato per la prima volta, solleviamo qualche dubbio sull’abbinamento della cena con succhi di vario tipo, talvolta fermentati: buonissimi in sé quasi tutti, non sono affatto un’alternativa “light” alla più tradizionale sequenza enoica. Lo zucchero è tanto e, anche se talvolta l’abbinamento è davvero azzeccato, già a metà cena un senso di appesantimento e stucchevolezza ha la meglio. Torneremo pescando, poco ma bene, nella carta dei vini, piena di chicche.

Pelle di porco con ribes bianco, in coeografica presentazione “gore”
pelle di porco, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Lumache di mare e granchietti
lumache di mare, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Formidabile sgombro affumicato all’artemisia
formidabile sgombro, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
“Kerremelkstampers”, patate con panna acida
patate con panna acida, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Rosso d’uovo con radicchio e fiori
rosso d'uovo, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Gambero crudo in foglia d’acetosa, esplosivo
gambero crudo, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Il pane, cotto nel forno a legna all’esterno del ristorante. Di livello davvero notevolissimo, una crosta che inebria
pane, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Verdesca, sedano rapa e rabarbaro
verdesca, sedano rapa, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
La soave zucchina con granchio del mare del nord
zucchina con granchio, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Il piatto della serata, per noi, la razza cotta nel brodo delle sue lische. Spettacolare nella sua purezza e intensità gustativa
razza cotta, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
La “mouclade”, zuppa di cozze, prima in una sua ricostruzione vegetale con tartelette, poi in versione classica
zuppa do cozze, tartelette, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
zuppa di cozze, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Il meraviglioso astice di Audresselles, nella top 5 dei più buoni mai gustati
astice, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Lumache e porri
Lumache porri, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Funghi delle artdenne
Funghi, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Cavolfiore e salsa alle cozze
Cavolfiore e salsa cozze, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Agnello alla brace, fave pisellini, formaggio di capra
agnello alla brace, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Piccione di Steenvoorde, frollato in avena per 5 settimane. Da impazzire il crostino con le sue interiora
piccione, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
piccione, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
La notevole pizza al Maroilles
pizza al maroilles, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Yogurt, miele, mirabelle
yogurt, miele, mirabelle, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Camomilla selvatica e cetriolino
camomilla selvatica, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Ricordo dell’infanzia dello chef, l’Oud Kriekbeer, con bacche selvatiche e gelato al latte fresco
gelato, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Barbabietola con prugnola
barbabietola, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Gli ultimi fuochi…
fuochi, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
Il Forno
forno, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland
E’ bello, di tanto in tanto, pensare alle vacche…
vacche, In De Wulf, Chef Kobe Desramaults, Heuvelland

In una brevissima ma intensa incursione in Andalusia abbiamo messo a confronto, testandoli in prima persona, il locale più antico della città con quello più rinomato, entrambi tra i più in voga di Siviglia. Confronto stravinto, per quanto ci riguarda, dal secondo.
Come scritto in un precedente post, l’interazione sociale in Spagna si manifesta con il rituale dell’incontro giornaliero nei tapas bar. Abbiamo constatato e ribadito che per cogliere l’essenza delle tradizioni culinarie di questi luoghi non occorre andare alla ricerca di tavole impostate, ma basta seguire il flusso di persone che si riversa all’ora di pranzo nei locali suddetti. Sono davvero pochi i posti sovraffollati. Questi normalmente risultano essere anche i posti giusti.
Il barrio San Lorenzo è un una zona di grande vitalità, nonostante sia fuori dal circuito turistico cittadino, ed è in questo quartiere che riscuote un meritato successo, da una ventina di anni, lo spazio Eslava. Boutique hotel, ristorante gourmet ma anche – e ovviamente – “taperia” in cui è possibile gustare ottimi prodotti, come il dolcissimo Jabugo “Cinco Jotas” o il fresco pescato e dove ricette tradizionali come i notevoli stufati della casa vanno a braccetto con preparazioni curiosamente creative.
All’Eslava si mangia bene e si spende molto poco. In una scelta amplissima si alternano prodotti poveri e meno poveri, con la possibilità di richiedere razioni anche più consistenti delle normali tapas. Il proprietario, Sixto Tovar, ha costruito la reputazione di questo locale sulla costanza della cucina e l’efficienza di un servizio sveglio ed allegro, ma mai invadente. Ad un piccolo repertorio creativo concepito, comunque, nel solco delle tradizioni andaluse, si aggiungono chicche che ci hanno ricordato come, anche in Spagna, esistono degli sfumati punti di contatto con le nostre tradizioni gastronomiche. Il “sangre de pollo”, infatti, ricorda molto sia il fegato alla veneziana sia il sapore del patè di fegatini toscani. Finalmente abbiamo trovato fritture degne di nota, prive di olio in eccesso e gusti decisamente più spinti che vanno oltre la semplice carne alla griglia.
Il difetto è abbastanza prevedibile: non si accettano prenotazioni. Nelle ore di punta, pertanto, c’è da armarsi di pazienza per accaparrarsi un tavolino ma, questa volta, il gioco ben vale la candela.

Eccolo il fantastico Jabugo, tipico prosciutto “de bellota” che prende il nome dal omonimo comune andaluso.
jabugo, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Olive e lupini nell’attesa che si liberi un posto.
olive e lupini, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
La cerveza locale.
cerveza, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Il dolcissimo prosciutto.
prosciutto, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Salmorejo (è la versione di Cordoba del più famoso gazpacho) pomodoro, cetriolo, peperone, aglio, uovo e prosciutto.
Salmorejo, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Immancabili cannolicchi alla plancha.
Cannolicchi alla plancha, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Spazio alla creatività: capesante alla plancha con purea di alghe e pasta kataifi fritta.
Capesante alla plancha, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Croquetas caseras con besciamella.
Croquetas, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Sardine di Malaga fritte.
sardine di malaga fritte, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Lumache stufate.
lumache stufate, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Una ricetta della tradizione locale: el sangre de pollo (una sorta di fegatino con cipolla).
el sangre de pollo, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Ancora un piatto “creativo”: uovo cotto a bassa temperatura con torta di funghi e riduzione di vino rosso (Primo premio al “Sevilla en Boca de Todos” 2010). Piatto riuscito, decisamente gourmet.
uovo cotto e tortino di funghi, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Altro piatto premiato: sigaro di calamaro e brie.
sigari di calamaro, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Dolci modesti, non al livello dei piatti salati. Questa è una sorta di torta al formaggio con crema di mango e fragola.
torta al formaggio, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
il sorbetto al limone.
sorbetto al limone, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Interni.
interni, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
interni, Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna
Tapas Bar Eslava, Siviglia, Spagna

L’apparenza inganna, è proprio vero. Succede anche a Forte dei Marmi, in una serata di giugno, camminando sul lungomare. Strade perfettamente asfaltate, piste ciclabili ben segnalate e spiagge con file di ombrelloni ordinatamente “incappucciati” attendono solo l’arrivo dei turisti. Le edicole mostrano locandine di giornali russi e sparsi qua e là i ristoranti scalpitano nell’attesa di risvegliarsi dopo il torpore invernale.
É proprio da queste parti che si trova il Bistrot. Un menù scritto prima in inglese e poi “tradotto” in italiano, camerieri in livrea e un considerevole numero di coperti lasciano subito presagire l’ennesimo locale creato ad hoc per turisti sprovveduti.
E invece no. Merito dei Vaiani, famiglia di ristoratori, che dal 1990 è alla guida di questo bell’esempio di ristorazione versiliese. Piero, il capofamiglia, ogni giorno coglie dalla sua azienda agricola frutta e verdura da portare al ristorante, mentre David, suo figlio, si occupa della gestione. La sala è rifinita nei dettagli, elegante, ricercata e a tratti sontuosa come pare essere gradito alla clientela. Enormi vasi di fiori ne delimitano il perimetro e la veranda esterna, a due passi dal mare, è decisamente adorabile. Il servizio, sorridente e premuroso, rende il tutto ancora più piacevole.
Sfogliare l’importante carta dei vini accarezzati dalla brezza marina, in compagnia di un bel tramonto, sarebbe di per sé già sufficiente per giustificare la visita. David però non si accontenta e quindi con grande intelligenza, in compagnia dell’amico fraterno Daniele Angelini, da molti anni chef del Bistrot, offre una cucina ricercata e curata. Piatti semplici, cucinati con una buona materia prima, dal gusto rotondo.
Un antipasto di crudità apre le danze convincendo nel momento in cui crostacei e “carpacci” si presentano “nature”, lasciando invece un po’ perplessi quando l’estro dello chef lo spinge a lanciarsi in abbinamenti un po’ più arditi. Semplicità che paga anche nello spaghetto, gamberi, fave e pomodori canditi. Piatto goloso e fresco allo stesso tempo, che riesce a contestualizzarsi perfettamente con l’ambiente.
Le note dolenti invece arrivano da alcune pietanze che ci sono apparse piuttosto slegate nell’assemblaggio. É questo il caso del medaglione di pescatrice impanato con insalata di carciofi e olio alle arance, in cui la convivenza forzata di pesce e verdure finisce per sminuire la loro dignità. Peccato. Ugual discorso anche per quanto riguarda lo spiedino di calamaretti con zucchine, pomodorini e crema di burrata.
La sala si riempie, molti russi e una manciata di lombardi sembrano apprezzare il locale, il suo concept e la sua cucina. Tutt’intorno sorrisi, complimenti e soffuse risate regalano fascino ad un ristorante con un’energia propria già decisamente positiva. Dal forno a legna continua ad essere sfornato il pane, le bottiglie vengono stappate. Mentre arriva il nostro dessert, un’ottima rivisitazione del più celebre dolce italiano, il tiramisù, abbiamo l’impressione che la serata possa non concludersi mai, proseguire da lì all’infinito.
A pasto concluso ci si trova a camminare sulla spiaggia deserta, pensando che paradossalmente, in un luogo tanto assurdo come può essere Forte dei Marmi fuori stagione, un locale come il Bistrot riesca ad avere un senso, con la genuinità dei proprietari, lo stile del ristorante e perchè no grazie anche ai suoi clienti.

La bella sala
sala, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
Un aperitivo. Una crocchetta di ricotta e nel bicchierino un infuso di pomodoro, cozze e crostini di pane.
aperitivo, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
La schiacciatina
schiacciatina, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
Pane e grissini fatti in casa, sfornati dal bel forno a legna.
pane e grissini, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
Piatto di crudità di mare. Ottima materia prima, talvolta intaccata dall’eccessiva presenza di germogli o da abbinamenti poco riusciti come salmone e caffè…
piatto di crudo, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
Medaglione di pescatrice impanato alle erbe, con insalata di carciofi e olio alle arance.
medaglione di pescatrice, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
Spiedino di calamaretti, zucchine, pomodori, olive taggiasche e crema di burrata. Calamaretti ottimi ma piatto nel complesso decisamente poco armonico.
spiedini, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
Ravioli ripieni di astice e bottarga, con calamaretti e astice di caviale. Piatto gourmand, caratteristico soprattutto per l’idea di “trasformare” il caviale in bottarga. Discutibile.
Ravioli ripieni di bottarga, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
Spaghetti, gamberi, fave e pomodoro candito. Piatto della serata.
spaghetti, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
Scorfano alla napoletana “alla nostra maniera”. Trancio di pesce superbo. Peccato per le patate di una consistenza davvero strana: dure all’esterno e morbide all’interno.
scorfano alla napoletana, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
Pre dessert. Panna cotta al cioccolato bianco con salsa alle fragole. Non all’altezza.
pre dessert, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
Tiramisù. Ottimo, quasi non fosse fatto dalla stesse mani che hanno realizzato il pre dessert.
Tiramusù, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
La piccola pasticceria. Scolastica ma di ottima fattura. Bravi.
piccola pasticceria, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
La bella cantina
cantina, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi
Il mare di Forte dei Marmi, a due passi dalla sala del ristorante
mare, Bistrot, Chef Daniele Angelini, Forte dei Marmi

Avevamo lasciato Damiano Donati in collina, saldamente alla guida del Serendepico a Gragnano di Lucca, luogo ameno che un poco strideva con l’anima rock di questo ragazzo dalla basetta alla Elvis, i tanti tatuaggi e lo sguardo sveglio.
Il talento lo aveva già dimostrato lì e gli addetti ai lavori lo avevano notato; poi il silenzio e, per quasi un anno e mezzo, se ne erano perse le tracce.
Un lungo periodo lontano dai fornelli nel quale Damiano ha cambiato radicalmente vita.
Per sei mesi, infatti, ha lavorato in un’azienda agricola in provincia di Livorno per comprendere come si coltivano gli ortaggi, come si allevano gli animali, come si produce il formaggio e si lavora il maiale, ma soprattutto per imparare un nuovo modo di approcciarsi al prodotto in modo meno superficiale e riscoprire così il vero sapore e valore del cibo.
Ora il ritorno in grande stile, in pieno centro storico a Lucca a due passi dall’anfiteatro, in un locale semplice e modaiolo allo stesso tempo, stile neobistrot per intenderci, con un bel cortile esterno pieno di fiori, luci soffuse, tavoli e sedie ben studiati per non rovinare il fascino di questo luogo senza tempo e, cosa ben più importante per un cuoco, una cucina a vista ampia, ben attrezzata e molto luminosa.
Il menù non è particolarmente ampio, ma è ben articolato, più terra che mare, tante verdure, descrizioni semplici e chiare.
Il posto ideale dove esprimere una cucina che riserva grandissima attenzione al prodotto: per scelta, soltanto nazionale, spesso locale e soltanto da aziende di fiducia.
Nel piatto una buona dose di creatività, ma senza esagerare, mano sicura, pochi elementi, ma ben caratterizzati e sempre riconoscibili.
Viene riservata grande attenzione agli ortaggi, spesso presentati interi e lavorati il giusto per esaltarne il sapore e la freschezza senza sofismi particolari.
Gran mano anche sulle carni, menzione particolare per il pane, una sola tipologia di grande pezzatura, ma di qualità difficilmente riscontrabile al ristorante e di altissima scuola, nella nostra visita, il risotto.
Buona la carta dei vini, con una bella selezione di etichette locali, tanta Toscana, ma anche il resto d’Italia ben rappresentato; peccato per i ricarichi eccessivi sulle bottiglie di maggior pregio che scoraggiano la beva compulsiva.
Servizio rapido ed informale come si conviene ad un locale di questa tipologia e prezzi di grande onestà, un locale sicuramente da tenere d’occhio dal probabile, radioso futuro.

Un grazie sincero a Lido Vannucchi, a cui dobbiamo il merito delle foto di questa recensione.

Dettagli sala, Punto officina del gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Melanzana, crema di scalogno al burro e frittella di lenticchie.
Melanzana e crema di scalogno, Punto officina del gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Frittatina, pane, pomodoro, olio, aceto e acciughe marinate.
Frittatina, pane e pomodoro, Punto officina del gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Spaghettone, melanzana, pomodoro e ricotta salata.
Spaghetti, melanzana, pomodoro e ricotta salata, Punto officina del gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Riso rosa e concentrato di gallina.
Riso rosa e concentrato di gallina,  Punto officina del gusto, Chef Damiano Donati, Lucca
Pesca gratinata e gelato alla pesca nel tortino.
Pesca gratinata e gelato alla pesca,  Punto officina del gusto, Chef Damiano Donati, Lucca