Determinazione negli occhi, passione nei piatti, sorriso sulle labbra.
Basterebbe questa riga per descrivere Iside De Cesare a chi non la conosce.
A non conoscerla però, almeno tra i gourmet del Belpaese, sono rimasti in pochi.
Intanto perché è brava e poi anche perché la Parolina, il ristorante che nel 2005 decise di aprire con il marito Romano Gordini, anima gemella nella vita e tra i fornelli, nonostante sia così nascosto non rischia affatto di “passare inosservato” grazie alla sua fama.
Per sedersi alla loro tavola bisogna arrivare fino a Trevinano, piccolo borgo medievale del Viterbese al confine con Umbria e Toscana. Strade strette, asfalto malmesso e persino qualche tratto di strada bianca. Non deve essere stato facile i primi tempi, per niente.
Ma l’attenzione delle guide ha fatto conoscere questo remoto angolo del centro Italia a tanti appassionati gastronomi, divenuti in breve tempo clienti abituali. E quando nel 2012, con un nome ormai affermato, è arrivata la decisione di cambiare location, la ragione avrebbe forse consigliato d’investire in un centro turisticamente più appetibile o, magari, nella Capitale che alla talentuosa chef ha dato i natali. Invece no.
Il cuore ha scelto ancora Trevinano e così Iside e Romano si sono spostati solo di poche decine di metri per inaugurare il nuovo locale, più spazioso, luminoso e panoramico del precedente e con l’aggiunta di alcune camere con servizio di bed&breakfast. Una bella scommessa, soprattutto in tempi di crisi.
Una scommessa vinta -ci sentiamo di dire- se in un piovoso giorno feriale il ristorante per cena è quasi al completo.
La sala è accogliente, ad un tempo informale ed elegante nella sua semplicità, il servizio attento ma forse un po’ distaccato, qualche sorriso in più non stonerebbe.
La proposta, articolata in ben sei menù degustazione oltre alla carta, tende intelligentemente alla valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti. Tradizionalmente orientata alla cucina di terra, riserva interessanti sorprese anche con alcune divagazioni a base di pesce, soprattutto d’acqua dolce (il lago di Bolsena, d’altronde, è a due passi). Così, accanto a manzo, vitello, coniglio, capriolo e piccione oltre all’immancabile, onnipresente foie gras, trovano spazio trota, gamberi di fiume, salmerini, gamberi rossi, baccalà.
Tra gli ingredienti che animano i piatti si possono trovare lo zafferano di Acquapendente, gli asparagi di Canino, le nocciole dei Cimini ed ancora i tartufi e i funghi della zona.
Lo stile, in perfetto equilibrio tra tradizione e modernità, risente forse ancora troppo delle pregresse esperienze dei due chef (Iside, tra le altre, ha frequentato le cucine di Beck e Tassa, Romano quella di Marchesi e del Rigoletto, entrambi quella de La Frasca del duo Bolognesi-Cavallucci dove i nostri si sono conosciuti) ma, rispetto alle precedenti visite, presenta qualche interessante aspetto evolutivo che lo proietta verso una più marcata caratterizzazione espressiva. Il percorso degustativo, non privo di qualche incertezza, si mantiene comunque su di un buon livello, senza toccare vette d’eccellenza ma anche senza rovinose cadute, e non è poco.
La carta dei vini è intelligente, interessante ed onesta. Non è enciclopedica quanto a dimensioni ma offre un ampio ventaglio di zone rappresentate e lo fa, in buona parte, con vini realmente significativi per quelle zone (cosa più rara di quanto non si pensi) con un occhio all’etichetta e l’altro alla “sostanza”. Alcune verticali degne di nota, le brevi ma incisive informazioni riportate accanto ai vini ed i ricarichi ragionevoli completano il quadro di una carta piacevole da sfogliare e da bere.
La Parolina non riuscirà forse a sbalordire i palati più smaliziati ma propone comunque una cucina solida e accattivante che, se non arriva a meritare il viaggio, merita certamente una deviazione. Anche per stringere la mano a chi, di questi tempi, ha il coraggio di continuare ad investire tempo, sudore e denaro nei propri sogni. E li realizza. Come direbbero gli anglosassoni, respect.
Cialda di mais croccante con lardo di cinta e aceto balsamico: del tris d’apertura certamente il meno centrato…
…a differenza del gelato al cetriolo con cipolla agrodolce e mandorle: acidità, freschezza, tendenza dolce, nota sapida, tre diverse consistenze… l’amuse bouche ideale.
Cialda di mais con mousse all’olio d’oliva e salsa di pomodori arrosto: ancora la cialda che non entusiasma ma in questo caso è resa meno anonima dalla presenza della mousse e della salsa.
Trota marinata al lime e caviale di lago: piatto fresco, piacevole e abbastanza equilibrato. La tendenza dolce della trota è ben bilanciata dalla nota acida dello yogurt e da quella salmastra del “caviale”. Forse un filo eccessiva la presenza di erbe aromatiche, al limite del coprente.
Gamberi rossi crudi, gamberi di fiume croccanti, panzanella gelata e burrata: un divertissement sul tema del gambero giocato su consistenze e temperature.
Tartare di manzo marinato alla birra scura, maionese di nocciole: ben percettibile la qualità della carne, intensa e concentrata la maionese di nocciole, al limite del ridondante ma interessante nell’accostamento alla tartare.
Scaloppa di fegato grasso d’oca al frutto della passione e pepe rosa: un buon passaggio, gustoso ed equilibrato.
Uovo spumoso dal tuorlo croccante alla carbonara: un classico del ristorante, ben eseguito tecnicamente, complesso, gioca su sapori intensi e diverse consistenze ma necessita di un vino dalla freschezza importante per riportare al giusto equilibrio il palato.
Risotto alla birra, zafferano, zenzero e limone candito: buona la cottura, gusto intenso e persistente, forse eccessiva la pur gradevole nota agrumata.
Ravioli di caponata, capperi e menta: sicuramente gradevoli ma dall’elenco degli ingredienti ci si aspetterebbe una maggior persistenza che invece non c’è.
Cannelloni di pesci d’acqua dolce su caciucco di lago: perfetta la cottura della pasta, un po’ anonimo il ripieno cui viene in soccorso la salsa saporita sul fondo del piatto.
Spaghetti alla chitarra, ragù di galletto ruspante, salsa di peperoni alla brace: una felice digressione dai piatti più ricercati per un tuffo nella tradizione con un piatto, ben eseguito, che sa tanto di pranzo domenicale.
Animelle in casseruola intingolo di carpione: una buona interpretazione di questo tanto gustoso quanto poco diffuso alimento. Croccante all’esterno, morbido e succulento all’interno, equilibrato.
Roast beef di capriolo con mostarda di peperoni e ananas: cottura perfetta, altro buon passaggio.
Il purè di contorno al roast beef.
Formaggiamo: Taleggio, Caciofiore del lago di Bracciano e Robiola invecchiata.
Il predessert: Sorbetto di melone con insalata.
Pesche alla lavanda con gelato di yogurt: l’ideale per ritemprare il palato dopo la lunga degustazione.
Menta e cioccolato: altro passaggio in crescendo per arrivare al pezzo forte…
Una pastiera a…New York: Pastiera di orzo e frutto della passione in frolla di semi di papavero con cui Iside, che nasce, professionalmente parlando, come pasticcera, ha vinto l’Imaf Chef’s Cup 2014 a New York.
In chiusura la piccola pasticceria…
Ad accompagnare la cena: Bellavista Gran Cuvée Satèn 2008
Cervaro della Sala 2011
Montepirolo 2004