Grande idea quella avuta da Beniamino Nespor ed Eugenio Roncoroni, quando qualche anno fa hanno impostato il format ed aperto Al Mercato: un locale piccolo e dinamico, che occhieggia prettamente al giovane urbano, ove tutto ruota intorno ad una minuscola ma ben strutturata cucina centrale a vista anche dalla strada, con affaccio su ambedue le sale presenti, a loro volta grandi pressappoco come la cucina, per un totale di una decina di coperti cadauna.
La sala di sinistra è il celeberrimo e titolato Burger bar, dove tra innumerevoli street food dal mondo nasce quello che, in pratica quasi unanimemente, viene ritenuto il migliore hamburger di Milano: tradotto significa, quando vi va bene, un giro della lancetta lunga per trovare un angolino ove sedersi. Caldamente consigliati orari inconsueti.
The dark side of the room l’altro lato, più buio e discreto soprattutto grazie al tendaggio che cela la sala dalla strada, che garantisce un filo di privacy in più ai clienti ed un po’ più di tranquillità rispetto al compulsivo viavai del burger bar.
Nonostante si mantenga distesa, l’accoglienza da questa parte è decisamente di altro livello così come il servizio, anch’esso giovane e informale ma indubbiamente professionale ed inappuntabile.
Questa è la sala de Al Mercato vero e proprio, il luogo dove gli chef esprimono la loro personalissima lettura dell’alta cucina; uno stile personale ed internazionale, una cucina dai tratti non definiti ma un mix di influenze e di ingredienti, una sorta di diario di viaggio degli chef che provano a raccontare il loro passato gastronomico, a cavallo dell’Atlantico, attraverso i loro piatti.
Il risultato di questo pot-pourri culinario è qualcosa di decisamente atipico, una cucina fusion euro-americana con pennellate orientali e latine, certamente global ma al contempo in pratica unica, un luogo dove la tecnica fa da collante e rende possibile l’incontro tra il curry e l’agnello, il whisky ed il cipollotto, i gamberi di Santa Margherita, il guacamole e gli jalapeno, e ancora tra la ricciola, il mango e l’alkekengi…
Se rispetto allo scorso anno è constatabile una radicale evoluzione nella ricerca estetica e nella cura dell’impiattamento delle portate, da questo lato oggettivamente ineccepibili, purtroppo l‘affermazione valida per la vista non lo è nella stessa misura per il gusto. L’esperienza globale è certo curiosa e piacevole, più che in passato, e con alcune punte indubbiamente valide ed interessanti. Ma la traccia comune caratterizzata da golosità e morbidezze, ritrovabile in una base grassa di fondo sempre presente, sia essa una salsa, una maionese o una gelatina, è il rovescio della medaglia che metterà a nudo una monotonia di fondo nelle sensazioni palatali, con piatti variabili certo nell’assemblaggio degli ingredienti ma monocorde all’atto pratico, tutti costantemente ascrivibili alle medesime note.
Inoltre alcuni tra i piatti pagano lo scotto di un eccessivo entusiasmo nella concezione, ritrovandosi ad essere composti da un numero realmente eccessivo di ingredienti, creando ridondanze che anziché apportare beneficio sortiscono l’effetto opposto, arrivando a confondere e stranire il palato.
Questi problemi di fondo, uniti a qualche passaggio meno convincente rispetto al resto, non permettono a questa cucina di spiccare il volo, nonostante un miglioramento rispetto al passato sia ben visibile e la media rimanga sommariamente positiva: una cucina in lenta e costante evoluzione, che mantenendo immutato il proprio stile riesce ad affinarlo e poco alla volta migliorarlo.
Come già lo scorso anno constatammo, continuiamo a prendere atto che ciò che invece cresce esponenzialmente sono i prezzi: un menù degustazione di 12 portate a 180€, oltre ad essere ai nostri occhi francamente ingiustificato, si pone spaventosamente sul gradino più alto del podio in città, e mantenendo un’ottima posizione anche a livello nazionale porta il rapporto qualità/prezzo, per demeriti del denominatore, un bel pezzo sotto la sufficienza: insomma purtroppo non proprio a buon… Mercato.
Bella la carta dei vini curata dal maitre/sommelier Giacomo Gironi, non immensa ma nemmeno banale, dove è possibile trovare numerosi vini interessanti a prezzi tutto sommato corretti.
Pane e grissini, non prodotti in cucina ma acquistati: poco male, si riveleranno comunque molto buoni.
Il benvenuto dalla cucina, crema di avocado, uova di pesce volante, erba cipollina, crème fraîche.
La carta è composta da 12 portate, ognuna con un nome di un segno dello zodiaco. Eccole tutte e dodici, in ordine di apparizione al tavolo:
Leone: Torchon di Foie Gras.
Gemelli – Mini Taco di Masa Harina: Gamberi in tartare, Guacamole, Sour Cream, marmellata di Jalapeno, Coriandolo, Gelée di Pomodoro. Un piatto puramente di assemblaggio, con una quantità quasi a doppia cifra di ingredienti.
Scorpione: Mayo Asiatica e Granchio Reale, Acqua di Pomodoro, Crumble di pane, Alghe. Uno tra i piatti più interessanti, dove la marcata tostatura dei semi contenuti nel pane riesce a contrappuntare a dovere la decisa ma piacevole grassezza della maionese.
Vergine: Barba del Frate, Concassea di Kiwi, Melone e Pomodoro Osmotizzati, Capasanta. Piatto tendente un pò troppo al dolce, con le componenti che non trovano amalgama e restano slegate tra loro.
Ariete: Curry di Legumi Piccante, Carpaccio di Agnello, Pane al Whisky e cipollotto in agrodolce.
Cancro: Gelée di H2O di Tartufo di Mare, Vongole, Erba Cipollina, Alghe. Uno dei piatti dall’idea valida e stimolante sulla carta, in realtà la spinta iodata che ti aspettertesti rimane mite: forse paga la sua struttura di… “piatto”, probabilmente un singolo boccone risulterebbe ben più incisivo.
Pesci: Dadolata di Ricciola con Limonette piccante, Spuma di Mango Salad, Julienne di Mango acerbo, Coriandolo e Alkekengi. La preparazione in azoto della spuma e la finitura del piatto vengono fatti al tavolo. Anche in questo caso tanti, troppi ingredienti, e la ricciola lievemente mortificata dalla bassa temperatura della spuma.
Capricorno: Patè di Piccione, Jus di Piccione, Chips di pelle di Piccione, Germogli. Bel piatto, solo un filo stucchevole il patè alla terza forchettata ma il risultato resta da “pollice su”.
Bilancia: Piselli e Fave Fresche, in gelée e Meringate, Bacon e Parmigiano. Piatto fresco ed interessante, ove risultano ben delineati tutti gli ingredienti.
Acquario: L’Agnello con Caponata alla Menta e Yogourt al Cetriolo
Sagittario: Frattaglie “Al Mercato”: Il Midollo, le Animelle Saltate, le Cervella Fritte, le loro salse.
Toro: Gnocco alla Colen con Scorfano e Animelle. Ancora una volta troppi ingredienti, oltre all’ambigua (ma dichiarata, presentata al tavolo come “gomma da masticare”) consistenza dello gnocco.
Predessert: Meringa, crema di avocado, briciole di mais liofilizzato.
Di ottimo livello tutti quanti i dessert, il pasticcere dimostra di sapere il fatto suo.
Elementi in volo (ALI_menti): Fragole, Limone, Tè verde, Vodka.
L’orto di Willy Wonka: Cioccolato bianco, Piselli, Menta, Sedano, Cocco, Mandorle.
Intrighi a palazzo: Suprema di Cioccolato, Olio Extravergine, Lampone, Peperoni.
La piccola pasticceria.
Notevoli …greetings from Japan.