Il Fascino romantico della Sicilia di Camilleri qui a Vigata, pardon Licata, è intatto e ben chiaro nella memoria di tutti gli amanti del grande ed intramontabile personaggio del Commissario Montalbano. Uomo tenace, schivo, molto serio e posato. Quasi scostante, apparentemente semplice ma dotato di sensibilità e genuina profondità d’animo. Un personaggio quasi d’altri tempi, con una integrità morale degna di questo nome, con valori profondi a ricordare quanto questa terra fosse, e rimane, avamposto di una cultura e di una civiltà, e perché no, di un codice comportamentale ormai quasi dimenticato.
Pino Cuttaia ha molti punti di contatto con il Montalbano di Camilleri. Forse l’unica grande diversità risiede nel suo modo e nel suo stile di esprimere la sua grande sensibilità. Più gioviale, più elegante e meno ruvida, molto più gentile di quanto racconta il famoso commissario, ma anch’essa sensibile e profonda, finanche fragile. Pino è uomo d’altri tempi, gentile, cortese, mai sopra le righe. Sempre controllato, anche negli eccessi gioviali e goliardici che, per chi lo conosce bene, sono il suo tratto distintivo nei momenti di compagnia. Un uomo che tiene sempre a mente la sua storia, i suoi valori profondi, sani e concreti. E che prova a portare la sua sensibilità e raffinatezza nella cucina. Sussurrata e discreta.
Abbiamo più volte rimarcato a Cuttaia un piccolo neo, se così si può chiamare. Che è quello della scarsa effervescenza della sua carta, spesso immobile, forse troppo statica.
In realtà, ad osservare con occhio attento, i piatti che apparentemente sono uguali continuano un inarrestabile ed inesorabile lento movimento verso la ricerca della perfezione. Continuano a cambiare, a modificarsi, con un cangiante e sottile, lento passo verso la perfezione stilistica e contenutistica. Poi, ogni tanto, con moderata ma inarrestabile frequenza, un colpo nuovo, ben assestato al centro del gusto.
Il Gusto, primordiale, concreto, della memoria. Sempre molto ben presente nella mente e nella cucina di questo grande cuoco. Che non nasconde la sua sensibile tensione verso il passato, quello della memoria d’infanzia, quello dei ricordi di una lasagna bruciacchiata, o quello del pensiero attorno ad una pizza, o ad un agnellone che qui non può essere che così, immenso e pervasivo, e tanto.
La cifra stilistica però è ben chiara, tutto è sussurrato, sapori, odori, profumi, persistenze. Sussurrato ma consistente e lungo come una grande vino di Borgogna, o come quel fantastico vino dell’Etna, di questa terra, che tanto assomiglia ad un Nuits St. Georges, elegante seppur giovane, sottile seppur dritto e lungo come l’infinito.
Questa cucina non vi farà sobbalzare sulla sedia, vi penetrerà nelle viscere fino a stordirvi, per la sua storia, per la memoria rievocativa e per la persistenza, che rimarrà attaccata alla vostra pelle per giorni interi, senza mai staccarsi di dosso. E che toccherà la vostra anima fino a confondervi. Forse a tratti inconclusa? Può darsi, ma emozionante ed emozionale, nel profondo, come l’intenso mare azzurro che si specchia di fronte a voi a Vigata, pardon, Licata.
L’ottimo cestino dei pani
Il fantastico fagottino di patate, spuma di baccalà, lenticchie di Ustica arrostite, tartufo, topinambur e salsa di bieta
L’imperiosa battuta di gambero con maionese di bottarga ed essenza di mandarino
Il polpo sulla roccia
la terrina di prosciutto, pistacchi e uovo di quaglia
Un fantastico vino
La minestra di gamberi
La lasagna croccante con crema di carciofi, carciofi e ragusano
L’agnellone nel suo fondo
Il cannolo di crema di castagne e salsa di cachi
L’elegante pezzo duro di cassata
E la nuova creatura della famiglia Cuttaia, uovo di seppia, il negozio gourmet a Licata