Passione Gourmet Séptime, Bertrand Grébaut, Paris (F), Carlo Cappelletti

Séptime

Ristorante
Rue de Charonne 80, Paris (F)
Chef Bertrand Grébaut
Recensito da Presidente

Valutazione

16/20 Cucina prevalentemente di avanguardia

Pregi

  • La carta dei vini, per nulla chauvinista e con molte etichette anche italiane.
  • La qualità dell'offerta.

Difetti

  • Uno dei locali più rumorosi dove abbiamo mai messo piede.
  • Le risicate quantità.
Visitato il 07-2012

E’ il caso di iniziare con la più importante delle premesse: da Septime si mangia bene. Molto bene.
E’ bene precisarlo subito, per non rischiare di farsi un’idea sbagliata sulla cucina di Bertrand Grébaut, talentuoso ex chef dell’Agapé. Detto ciò, la considerazione che mi viene da fare immediatamente è un’altra: siamo sicuri che sull’orbe terracqueo ci siano soltanto 86 locali nei quali si mangi meglio che all’80 di rue de Charonne?
Domanda retorica, perché l’impressione netta è che, senza uscire dal settantacinquesimo dipartimento, una buona quindicina di locali migliori, non per forza comprendenti tutti i sei che la nota World’s Best con un guizzo di coerenza nominale piazza davanti a Septime, si trovino senza sforzo. Fortunati gli abitanti della Ville Lumière, che non hanno che l’imbarazzo della scelta. Ma l’incredibile offerta parigina non è certo una colpa di Grébaut.
Ciò che mi sorprende, ma solo fino ad un certo punto, è la perseveranza con cui una certa fascia della critica gastronomica spinge locali come questo facendo leva sul fatto che un grande rapporto qualità prezzo assecondi l’esigenza di avere nuove forme di ristorazione, alleggerite da sovrastrutture e orpelli.
Mi sorprende perché non posso evitare di notare come qui, a fronte di un imponente spiegamento di forze (come si coniuga con l’idea di bistronomie la presenza di 13 persone fra sala e cucina per un menù unico e brevissimo e circa 50 coperti?), ciò su cui pare maggiormente si sia risparmiato in termini di costi sia proprio l’offerta gastronomica.
Non parlo di qualità, come già detto molto buona, a tratti eccellente, e neppure di tipologia di prodotti offerti, perché è ovvio che non possa aspettarmi homard e foie gras a queste cifre, ma di quantità, o meglio ancora di generosità nell’offerta.
Perché i 5 microassaggi, delle dimensioni che di solito troviamo lungo un menù da 10-12 portate, mi costringono, pur non essendo un fan della grande abbuffata, a ricorrere ad un’immonda quantità di (ottimo) pane, e in sè causano una consistente diminuzione dell’offerta primaria, non degli orpelli.
In sostanza è come se prendendo un volo Ryan Air per Londra accettassi di essere trasportato dal vettore fino a Bruxelles, tanto è low cost.

Oltretutto non stiamo parlando di una cucina rivoluzionaria in misura tale da dover esser centellinata per non affaticare i neuroni. Quella di Grèbaut è una cucina furba, un po’ nel solco di quella di Aizpitarte (che per inciso mentre ceniamo si sta bevendo un calice al bancone del locale), fatta di sapori e consistenze che vanno a stuzzicare i palati dei gourmet ma appagano con altrettanta soddisfazione quelli dei numerosi Bobo che affollano i tavoli del locale.
Una cucina interessante, ben eseguita, spesso decisamente intrigante. Diciamolo, però, che per la misurazione del solco che c’è tra questi piatti e quelli degli chef che spostano o hanno spostato in là anche di un millimetro l’orizzonte gastronomico si può tranquillamente ricorrere agli anni luce.
Il piatto migliore? Senz’altro l’ultimo, cioccolato con olive e sorbetto cassis-basilico. Netto. Preciso. Fenomenale. Uno dei tre migliori predessert della mia vita.
Ma anche la prima entrata è una costruzione lodevole. Gamberi crudi, lamponi, mandorle, salicornia, acqua di pomodoro. Piatto che non sfigurerebbe su una grande table moderna.
In mezzo creazioni di buon livello e di esecuzione precisa ma meno esaltanti, un po’ manierate come l’uovo poché con carote in salsa, schiuma e confit, o di ispirazione meno alta (ma in effetti consona all’idea di bistrot) come il cabillaud con cavolo e zucchine o la pancetta di maiale con cipollotti stufati, golosa e curata in dettagli come la perfetta caramellatura dei vegetali.
In sostanza un ottimo posto. A patto di assegnargli il ruolo che gli compete.

Gamberi, acqua di pomodoro, lampone, mandorle e salicornia.

Uovo poché, spuma di carota, crema di carota e carota confit.

Cabillaud, zucchine, salsa di cozze e cavolo.

Pancetta di maiale e cipollotti.

Mattonella di cioccolato alle olive, sorbetto al cassis e basilico.

4 Commenti.

  • Tommaso21 Agosto 2012

    Allucinante il distacco con cui Parigi, in questo momento, guarda ogni altra città al mondo dal punto di vista gastronomico... Su PG tre 16 in meno di un mese, di cui il piú caro a 55€ (27 a pranzo)... E l'impressione é che di posti di livello e prezzo simili ce ne siano a decine.

  • René28 Ottobre 2012

    Ma a vedere le foto non mi é sembrata tanto scarsa l'offerta gastronomica, o perlomeno non vedo il bisogno di ricorrere al pane. Invece non é cosí?

  • Carlo (TBFKAA)28 Ottobre 2012

    Guarda con più attenzione :D In molti locali in Francia le porzioni sono molto abbondanti, anche troppo, a volte. Ma qui siamo decisamente sul versante opposto. Questo genere di porzioni si trova in menù di 8-9 portate. E' vero che non ogni pasto al ristorante deve trasformarsi nella Grande Abbuffata e che gli eccessi fanno male ma qui si esagera. Ciao!

  • Tommaso29 Ottobre 2012

    Abbastanza d'accordo con Carlo, porzioni decisamente piccole (io ho provato il pranzo a 26 euro un paio di mesi fa), piatti discreti ma non indimenticabili (infatti non ricordo più cosa fossero). Molto bello l'ambiente secondo me. Secondo me il mio modestissimo parere, rimane comunque molto meglio di Chateaubriand, senza dubbio la delusione del 2012.

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