Passione Gourmet La Locandiera, Bernalda (MT). Di Carlo Cappelletti.

La Locandiera

Trattoria
Corso Umberto I 194,Bernalda (MT)
Chef Famiglia Russo-Gallotta
Recensito da Presidente

Valutazione

Pregi

  • Cantina territoriale con grande profondità di annate.
  • Il conto favorevolissimo.

Difetti

  • I 2 euro di coperto.
Visitato il 03-2024


Sempre più raramente mi imbatto in trattorie degne di tal nome, dove si cerchi di proporre una cucina semplice, di tradizione e possibilmente anche di territorio, a prezzi contenuti senza tuttavia perdere di vista né la qualità dei prodotti, né la cura delle preparazioni. Al Nord c’è un frenetico sorgere di simil-trattorie, che tuttavia col concetto di “prezzi contenuti” sembrano non avere una gran familiarità, dove la tradizione viene spesso compendiata in un vacuo folclorismo. La cultura che diventa spettacolo, una delle grandi rovine del nostro Paese. Al Sud invece troppe volte impera la trascuratezza, tanto che andando assolutamente a caso sono assai migliori le probabilità di mangiar bene in una casa privata che in una trattoria. Fortunatamente però esistono ancora realtà come questo locale a gestione familiare, situato nel centro della graziosa Bernalda (graziosa è assolutamente sulla fiducia, siamo arrivati tardissimo per cena, pregando che ci aspettassero con almeno un tozzo di pane ed olio), che non si lasciano scalfire dal mondo che di stagione in stagione peggiora intorno a loro e vanno avanti, rinnovandosi quel tanto che basta per non rimanere indietro senza tuttavia snaturare la propria missione. Il maitre-sommelier (se queste definizioni avessero senso per una trattoria) Francesco Russo, per esempio, avrebbe potuto accontentarsi di svolgere il proprio compitino ma, pur conscio dei limiti della realtà in cui è calato, è andato a perfezionarsi nientepocodimeno che nelle sale della Francescana (dove officia un materano di un certo prestigio..) e di Piazza Duomo, e nonostante la professionalità acquisita spiega con antica passione i piatti di zia Clara (la trattora nota all’anagrafe come Clara Gallotta) e i vini, quasi tutti regionali, della propria cantina. Non c’è carta. Sul menù sono indicati esclusivamente i prezzi, mentre i piatti sono raccontati a voce. Nonostante la vicinanza al mare, a parte un piatto con le cozze, non troveremo in carta, pardon in faringe, altri elementi ittici. Sono le verdure a dominare in lungo ed in largo la scena lungo gli antipasti ed i primi, per poi lasciare spazio alle carni alla voce secondi, con particolare predilezione per il cavallo, che sfortunatamente è l’unica carne legale in Italia di cui non riesco neanche a pensare di nutrirmi. Abbiamo trovato in questa cucina sapori sempre netti, materie prime di gran qualità, morigeratezza senza savonarolismi nel dosaggio dei grassi e sapidità bilanciate, ed è quest’ultima una qualità non così scontata nel Mezzogiorno. Il piatto del cuore? Vince di un’incollatura la Crapiata (in copertina), misto di legumi e verdure con pane raffermo. Come dire tutto senza dire nulla. Ma la testa ancora mi gira se ci penso. Dolci appena sotto il livello generale della cena, ad eccezione dell’ottima crostata. Gli altri piatti, ora.
Carrellata di antipasti (degustazione di piatti messi al centro del tavolo). Frittata di zucchine e pecorino.

Niente affatto salati, malgrado gli elementi in gioco, gli ottimi fiori di zucca fritti ripieni con salame e provola affumicata.

Patate, pomodori secchi e polvere di peperone crusco di Senise.

Si poteva osare di più con l’effetto bagna cauda in questi peperoni gialli in agrodolce con uva sultanina e crema di alicette.

“Ciambot” (qui è servito lo spelling) di peperoni, melanzane ed uova strapazzate al pomodoro.

Sembrano asciutte, ma non è un difetto (come dice Postiglione in “Compagni di scuola”) le tripoline con mollica di pane e polvere di peperone crusco, Sud hard core..

..da benedire adeguatamente con un olio santo da canonizzazione in vita.

Appena rivisitati rispetto all’originale (che da queste parti contempla il caciocavallo, nel Salento, per esempio, il cacioricotta) gli ottimi bucatini con pomodoro fresco, fagiolini e burrata.

Splendida la leggerissima consistenza del ripieno di questi ravioloni di ricotta e spinaci con sugo di pomodoro. Una nuvola che da un senso gustativo anche a ciò che avevo sempre considerato un abominio, ovvero l’utlizzo del pomordoro per i ravioli ricotta e spinaci.

Mi fido dei miei commensali (e dell’altissimo livello medio) nell’approvare il piatto equino con braciole (che da queste parti sono involtini) e spezzatino.

Garantisco personalmente invece per una braciola di vitello (con radicchio e cipolla) di lindoriana scioglievolezza e per la polpetta di uova, pane e canestrato al sugo, praticamente l’effetto di un babà salato.

I dolci ci sono sembrati, come dicevo in apertura, il settore meno entusiasmante . Ciò vale soprattutto per il semifreddo al torroncino con crema pasticcera e vino cotto, molto molto dolce.

Un po’ meglio il pan di spagna al cioccolato con chantilly,

mentre ci è piaciuta molto la crostata con mele e confettura di prugne, anche se meno zucchero a velo permetterebbe di apprezzarla meglio e ne renderebbe meno vintage l’aspetto.

Per accompagnarci, con tutte queste verdure, abbiamo chiesto un Aglianico non troppo elaborato e ne abbiamo ottenuto questo buon prodotto dall’ottimo rapporto qualità prezzo.


1 Commento.

  • Raffo18 Novembre 2011

    Standing ovation per la descrizione delle trimpoline cum citazione annessa (Carlo mi fai morire...). Mi par di notevole fattura la salsa di pomodoro sui ravioli,non so se è la foto ma dà proprio l'idea di genuina squisitezza.

Lascia un commento

La tua email non sarà pubblicata. I campi obbligatori sono contrassegnati *