Passione Gourmet Marzo 2010 - Passione Gourmet

Faro di Capo d’Orso, Pierfranco Ferrara . Maiori (SA) di Norbert

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Recensione ristorante.

Probabilmente è la più bella location d’Italia.
La mia constatazione è stata repentinamente avallata dall’amico Fabio Fiorillo che, da buon commensale, ha contribuito alla stesura della scheda.
Entrare nella bomboniera del Faro di Capo d’Orso in una bella giornata di sole, ma anche no, rinfranca il cuore e lo spirito predisponendo l’avventore ad un indiscutibile stato di benessere.

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Questa valutazione, di archivio, è stata aggiornata da una più recente pubblicazione che trovate qui

Recensione ristorante.

Questa mi mancava, e ha buone probabilità di finire nello stupidario della ristorazione che un giorno o l’altro comincerò a sintetizzare in un piccolo libretto.
“ Complimenti Chef ! Complimenti sinceri per la sua Nouvelle Cuisine Abbondante ! “

Questi magari pensavano anche di fargli un complimento.
Questi invece hanno un’altra volta ribadito quanto la classe medio alta italiana sia medio-altamente ignorante sui temi gastronomici.
In buona fede ovviamente, l’ignoranza sappiamo essere più pericolosa della cattiveria in quanto figlia della convinzione sincera.

E mi spiace per il buon Giuse Ricchebuono così come per molti cuochi italiani di rilievo che tentano da decenni di uscire a nuoto dalla melma culturale che li circonda , ma credo che l’unica via di uscita sia la rassegnazione.
Carissimi amici Cheffoni! Non prendeteli a ceffoni, non serve, sorriso di circostanza e tirare avanti, in attesa del prossimo imbecille.

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Pier Giorgio Parini : Il Bach della cucina. Le intricate architetture e le ricche tessiture polifoniche che danno vita ai capolavori del genio tedesco ricordano molto i percorsi gustativi del folletto di Torriana. Tanto intelletto, tanta matematica precisione, tanto studio approfondito approdano a risultati apparentemente semplici ma che nascondono un rigore matematico, una precisione ed uno studio maniacale unico.
I piatti di Parini sono di una complessità costruttiva molto elevata. Prendiamo ad esempio la Ricotta vegetale : Quella che si scorge sotto le erbe è una ricotta verde ed intensa. Ottenuta senza caglio e senza latte. Viene fatto bollire un segreto miscuglio di erbe, poi frullate, rimesse a bollire e raccolte per affioramento. Successivamente immesse in un stampo e poste a raffreddare. La consistenza finale è quella di una ricotta. In questo caso accompagnata da schiuma di brodo di aringa e salsa all’uovo. Un processo complesso, ingegnoso, articolato che porta in se una profonda e smisurata conoscenza del prodotto, quasi viscerale.

Di ogni prodotto Parini riesce a carpirne l’anima e ad estrarla, per portarla nel piatto. Così come è un concentrato di saperi e sapori l’ Umido di seppia, una finissima dadolata di crudo di seppia sovrastata da erbe selvatiche (erba cipollina, aneto e foglie di cipolla) ed adagiata su un brodo, ancestrale, ottenuto dalla colatura di pomodori penduli rossi e pomodori gialli di una varietà quasi perduta, da sempre utilizzati in Romagna. Un tempo, ci spiegava Parini, si usava far seccare questa varietà di pomodori per poi consumarli durante tutto l’inverno con i piatti della tradizione.

Immensa anche la Mazzancolla, Succo di melograno, The al gelsomino. Curioso ed intrigante il Brodo di canocchie in cui l’elemento principale del piatto è il brodo stesso, ottenuto dall’emulsione a crudo dei crostacei. I tortellini di cozze servono solo a fare tessitura e a condurre il gusto grazie alla nota sapido-iodata della cozza nel ripieno.

Piccoli colpi di estro anche la Ventresca di Maialino con cavolo rosso, salsa all’anice o i tortellini di faraona con salsa al parmigiano e caffè, decisamente più concreti ma comunque eleganti. E’ evidente a tutti l’estrema perfezione e maturità di questa cucina, che tende a concentrare sempre più in spazi ristretti gli elementi, perché tanto non serve nulla di più che qualche centimetro di alimento se quest’ultimo è centrato e persistente come in questi casi. Una piccola ulteriore nota, anche in questo caso connotante del talento e del genio del buon Parini.

Probabilmente, in una prossima visita anche ravvicinata, non degusterete nessuno di questi piatti. Questo perché la sua vena creativa, al momento, pare inesauribile ed in continuo fermento. Parini, per concludere, rilegge la sua terra e le sue tradizioni con occhi verso il futuro, usa la tecnica ma non la tecnologia. In lui risiede la vera e profonda Avanguardia Culinaria, fatta di sapori intensi e riconoscibili affiancati da sensazioni nuove ed inedite che intervengono sempre a proposito, nel punto giusto. E’ una cucina senza alginati, addensanti, maltodestrine … è una cucina di Cuore, di Anima …

Post Scriptum : a Parini sembra tocchi la stessa sorte di Bach, non gode di particolare considerazione da parte dei contemporanei. Occorre rimediare, andate a Torriana al più presto, non esitate. Per me, personalmente, questa cena ha rasentato la perfezione. Il voto, al ribasso, è solo dovuto al fatto che questo ragazzo ha margini di crescita ancora immensi, a giudizio di tutti gli amici di PassioneGourmet che l’hanno visitato. Margini di miglioramento che possono concretizzarsi come rimanere incompiuti. Oltretutto, seppure i nostri passaggi in differenti momenti e di amici diversi sono stati circa una decina quest’anno, un pochino di cautela non guasta.
Un’ultima importante nota. La locanda del Povero Diavolo, non dimentichiamolo, non è solo la cucina di Parini. Fausto e Stefania sono due squisiti padroni di casa. Hanno saputo costruire, nel tempo, un luogo di accoglienza unico. Vi sembrerà di entrare in una casa, la vostra, tanto calda sarà l’accoglienza degli ambienti e delle persone. E non esitate a farvi cullare dalle amorevoli attenzioni della dolce Stefania e dalla pungente ironia di Fausto a cui vi consiglio di affidarvi, ad occhi chiusi, per le scelte enologiche, non ve ne pentirete affatto.
Evviva i Poveri diavoli, Evviva !

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Ventresca di Maialino con cavolo rosso, salsa all’anice

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Mazzancolla, Succo di melograno, The al gelsomino

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Patata, limone, brodo di aringa

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Ricotta vegetale

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Umido di seppia

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Mela osmotizzata alle spezie, gelato alla senape, crema di ricotta

il pregio : Cucina di grandissima personalità

il difetto : E’ chiuso a pranzo.

Ristorante Locanda del Povero Diavolo
via Roma 30
Torriana (RN)
tel ( + 39 ) 0541 675060
Numero coperti : 35
Chiuso : Da dopo l’Epifania a metà Marzo e Lunedì.
Prezzi: alla carta 50 euro
Menù degustazione : 55 – 80 euro

http://www.ristorantepoverodiavolo.com/

Visitato nel mese di Gennaio 2010

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Alberto Cauzzi


Agosto 2009 : Rob78

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Parole chiave: Leggerezza, Salute, Freschezza
Metti 2 sere di metà agosto.
Decidi di volerti trattare bene: prenoti una stanza alla Locanda, 2 cene all’Osteria del Povero Diavolo e parti per Torriana.

Conosci già la cucina di Piergiorgio Parini: ti aveva già colpito moltissimo lo scorso anno, tanto da avvallare con convinzione quel 17 proposto nella “fu” Guida Gourmet da Alberto Cauzzi.
Ne avevi ancora sentito parlare molto ( e bene ) da altri amici che si erano spinti fin qui, meno in verità da critica e stampa specializzata ( N.B. questa cucina non si può ancora fregiare della stella ).

Ti siedi, decidi di lasciare completa carta bianca, attendi.
Ecco, da quel preciso momento è partita la corsa di un treno senza stazioni. Oltre l’immaginabile.
18 piatti che vi snocciolerò in 2 puntate. Non uno sbagliato. Tutti dall’ottimo allo straordinario.
Diciamo la verità: se avessi provato questa cucina a Girona, Roanne o Rubano, il voto sarebbe stato 19.

Quindi il mio 18, che già potrebbe sembrare azzardato, è, in realtà, moderato.
E’ la mia onesta interpretazione di queste cene e, quindi, vista la mole di piatti provati, della carta proposta in questa fine estate al Povero Diavolo.
Parini non è un fuoco di paglia. Posso testimoniare la sua permanenza a livelli altissimi da più di un anno.

E’ un giovane talento di casa nostra, da portare in palmo di mano.
Ci troviamo di fronte a una tra le 10 migliori cucine d’Italia. E il cerchio si potrebbe stringere.
Il filo conduttore è l’acidulato, la leggerezza e la freschezza.
“Lo Champagne della gastronomia italiana”.

Non secondaria, l’assoluta naturalità: questa è una cucina salutare, completamente priva di grassi aggiunti e molto vegetale. Verdura, frutta, ma anche erbe spontanee, spezie.

Si potrebbe mangiare qui tutti i giorni senza risentirne dal punto di vista fisico.
La prova di come si possa puntare al “sano” senza rinunciare al “gusto”.

Infine, da lode la costante e appassionata ricerca dei migliori prodotti, di quelle persone che lavorano per salvaguardare la naturalità delle produzioni.
Vi consiglio di scambiare due parole con Parini e farvi spiegare qualche piatto: rimarrete stupiti dall’umiltà di questo giovane cuciniere e dal lavoro che si cela dietro a preparazioni solo apparentemente semplici.

Tralascerò volutamente le note sul servizio (di ottimo livello) diretto da Stefania, Fausto e Walter: l’umanità non si mangia ma nemmeno si commenta. I complimenti ho preferito farli a loro di persona.

Partiamo con la rassegna….

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Pomodoro e pomodori: una variazione sul re dell’estate. Nella foto, pomodoro cotto a bassa temperatura, poi ripreso in 2 brodi ristretti rispettivamente di carne e di erbe (per fargli riacquistare i liquidi persi), limone, lime, arancio, fondo di kefir e yogurt greco ( in mix per trovare la giusta consistenza ). A lato una pappa e un gelato di pomodoro. La concentrazione assoluta del sapore di un ortaggio. Dolce ma non stucchevole, ben bilanciato in acidità dagli agrumi e dalla base kefir-yogurt.

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Tartare di muggine, pesca, cappero candito, distillato di pomodoro: preparazione di una finezza commovente. Il distillato di pomodoro è fatto con un filtro da caffè americano, per smorzare l’acidità che sovrasterebbe il resto degli ingredienti. Un piatto sussurrato, col vegetale richiamato anche dalla presenza dei fiori. Super e imperdibile.

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Merluzzo, lime, erbe aromatiche, ostrica ghiacciata. Ostrica freddissima, tanto da essere scambiata per un sorbetto. Quasi un mojito da mangiare! L’ostrica si integra bene con lime e menta, il merluzzo serve più che altro a sostenere il tutto.

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Calamaro, crema di borlotti, salsa di nero: il mollusco viene riempito di verdure e della sua testa. Per la salsa al nero viene preparata una brunoise di verdure, in pentola con poco olio, poi ricoperta con nero di seppia e lasciato riposare, infine filtrato. Il risultato è che il vegetale si sente in ogni componente del piatto, distintamente. Piatto bello, oltre che buonissimo.

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Palamita arrostita, melanzane, mozzarella e pomodoro: il mediterraneo in tavola. Il pesce viene cotto ricoperto di erbe (in evidenza la menta), lasciato molto rosa al suo interno. La melanzana viene proposta sia come crema sia come cubetto spadellato con poco olio. Il basilico non può mancare. Intenso, estivo, avvolgente.

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Tortelli ripieni di caglio vaccino, battuto di pomodoro fresco e basilico: estremo nella sua semplicità. Acidità molto spinta. Se ne potrebbero mangiare 3 piatti senza stancarsi.

A seguire le tagliatelline al ragù di peperoni e caffè: un piatto contadino che si maschera da aristocratico. La pasta: appagante, grande sfoglia.

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I peperoni vengono pelati ( previa carbonizzazione della pelle ), tagliati a pezzetti e posti in padella con fondo di verdure come se si facesse un ragù. La polvere di caffè è la marcia in più, è la terra che incontra la terra, l’amaro che si sposa col dolce e l’acido.

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Cappelletti del Povero Diavolo ripieni di carne, limone, salsa di formaggio di fossa: della serie “so fare a meraviglia anche un piatto di grande classicità”. Il limone aiuta molto a smorzare l’arroganza del formaggio; cappelletti praticamente perfetti: il ripieno è il protagonista, non il contenitore.

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Bistecca di rapa, gorgonzola e basilico ghiacciato: il gioco sta sulla consistenza della rapa che in bocca risulta essere molto simile a quella della carne. Il basilico rinfresca senza perdere tutto il suo aroma. Per me è un piatto geniale. 3 ingredienti e senti tutta la potenza della terra e del sole.

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Cuore di costata al nero, dragoncello e patate : l’idea è quella di proporre della carne alla vista carbonizzata, in realtà quasi cruda e morbidissima. La costata è ricoperta da un mix di timo, basilico e carbone vegetale, sotto viene posto del ristretto della carne stessa. Accanto: patata lessa, patata bollita nell’olio, purea di patate viola. Altro colpo secco al centro del bersaglio, per consistenza, gusto, concezione.

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L’involtino aperto: tartare di carne cruda, prosciutto croccante, erbe, salsa al gorgonzola. Semplice e delizioso. Materia prima da sballo.

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Coniglio laccato al rosmarino e cipolla al forno: esterno croccante, coniglio che si scioglie in bocca, da far impallidire tutti i conigli stopposi mangiati fino ad oggi. Anche in questo caso il vegetale è presentato in tre preparazioni: due tartare, una con zafferano, l’altra con liquirizia, e cuore di cipolla spadellato. Non crediate che questa cipolla sia una comprimaria. Non lo è.

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Il piccione arrosto, fichi erbe e senape: filetto, petto e coscia, patè del suo fegato (orgasmico) ed erbe amare. Grande cottura, per insaporire della grande carne non serve troppo sale, soprattutto se sai usare le erbe aromatiche.

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Avena e sambuco: il passaggio tra il salato e il dolce. Una sorta di limbo. Presentato quasi fosse del foie gras, in realtà 2 soli ingredienti: avena e sambuco. Esperimento interessante, in bocca simile a una polenta. Penalizzante forse l’eccessivo spessore, l’avrei proposto più sottile in modo da rinforzare maggiormente la componente croccante.

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Yogurt, marmellata di peperone e rabarbaro, granita di basilico rosso: ce ne fossero di pre-dessert di questo livello. Pulizia completa del palato, persistenza del basilico. Straordinario il mix di ingredienti che si forma mentre si va sciogliendo la granita.

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Come una cassata: ricotta di mucca, sorbetto di pistacchio, marmellata di susine. Nessun grasso aggiunto. Se con questi ingredienti riesci a creare un dolce leggero, che non satura il palato alla seconda cucchiaiata, allora sei davvero un grandissimo.

Qui saliamo nell’Olimpo. Una riflessione in effetti va fatta sulla completezza di Piergiorgio Parini. Riesce a creare capolavori con i soggetti più disparati: antipasti, primi, carne, pesce, dessert. I due che seguono sono, a mia esperienza, tra i migliori dolci mai gustati.

Sempreverde: ( in apertura d’articolo ) cioccolato bianco, chartreuse, basilico, levistico, gelato al dragoncello: la sintesi di ogni tentativo, riuscito o meno, di portare natura e “verde” nel piatto. Quasi aggressivo nel gusto, sensazione simile a quella che si ha bevendo un cento-erbe. Dessert spettacolare.

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Il capolavoro assoluto: Carezza. Mai nome più azzeccato vista la grazia e la delicatezza di questa preparazione: gelato al pelargonio ( geranio, dal forte sapore di acqua di rose ), cialda friabile ( farina di mais ), finta mousse di pesca ( finta perché non ci sono grassi aggiunti ), pesca spadellata, estratto di pesca ( in infusione bucce e noccioli ). Le pesche provengono da una produzione di tipo pioneristico, lavoro di una vera eremita tra le altitudini forlivesi. Il gusto è unico. Esistono ancora, quindi, pesche che sanno di pesche.

Si muove qualcosa a Torriana. Qualcosa di molto importante. Forse non sarà oggi, forse non domani, ma molto presto Parini sarà sulla bocca di tutti i grandi appassionati di cucina.

P.S. In accompagnamento alle 2 cene, si sono bevuti 2 vini molto interessanti di Andrea Bragagni ( viticoltore a Brisighella ), un Trebbiano 100% e un Trebbiano-Albana.

il pregio : La cucina di uno dei maggiori talenti presenti in Italia.

il difetto : La chiusura all’ora di pranzo…

Ristorante Osteria Povero Diavolo
Piergiorgio Parini
Via Roma 30 – Torriana ( RN )
Tel : ( +39 ) 0541 675060
Chiuso il mercoledì e a mezzogiorno ( escluso domenica e festivi )
Menu degustazione: 50 – 65 – 75 euro ( vini a calice in abbinamento 30 euro )
Alla carta: 65 euro
Mail: info@ristorantepoverodiavolo.com

http://www.ristorantepoverodiavolo.com/

Visitato nell’ Agosto 2009

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Rob78

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Recensione ristorante.

Il mio caro amico Sararlo usa apostrofare questi ristoranti locali Panda. Magari arriverà su questi lidi, che spesso frequenta, e ci articolerà una sararlica sul tema. Locali Panda perché strenui difensori di un passato che sarebbe meglio fosse il nostro presente, ormai fatto di pochissime realtà in via di estinzione. Fatto di ricerca, di orgoglio e di onestà. Materie prime di altissima qualità, ben preparate, ricette della tradizione sapientemente attualizzate e riproposte, il gusto della scoperta della tradizione, tutto ad un prezzo onesto, rigorosamente in linea con la filosofia Slow Food. Questa è la Madia di Brione, un luogo gestito da una coppia di giovanissimi appassionati, che portano avanti questa missione, ormai è il caso di chiamarla così, con tanto amore e tanta dedizione.

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Recensione ristorante.

E’ vero che questo ristorante è aperto dal 1922 nella bellissima villa collocata alla periferia di Varese ed a 10 chilometri dal confine svizzero . E altrettanto vero che per trovarlo , se non siete abbastanza informati sul percorso stradale, qualche imbarazzo e qualche disagio sarà inevitabile. L’evoluzione della viabilità e dell’allargamento della zona industriale è come se avessero convinto la bella villa , come avrebbe fatto un’anziana signora di gran classe , a celarsi con discrezione nel proprio piccolo parco centenario, distogliendo l’attenzione da se stessa per lasciarla alle due grandi industrie che la comprimono.

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